Coronavirus Reggio Calabria, Crea invoca: «Più attenzione per i soggetti “fragili”»
Il presidente dell'Adda: «In caso di ricovero di soggetti disabili dovrebbe essere consentita la presenza della figura familiare di riferimento».
«Nella qualità di genitore di persona rappresentante di Associazioni per la tutela dei disabili esprimo un plauso e un sostegno incondizionato alla proposta della Dottoressa Canova che ha centrato in pieno, senza ipocrisia, le problematiche e le ansie che attanagliano le famiglie difronte a questa dilagante pandemia». Lo scrive in una nota Vito Crea, presidente Adda, Comitato Uniti Per l’Autismo Calabria, Angsa Calabria, Componente Assemblea dei soci Fondazione Marino -Delegato Citta Metropolitana di Reggio Calabria.
«Plauso che proviene anche dal Comitato Uniti per l’Autismo Calabria e da Angsa Calabria. Ci fa piacere che la stessa Garante si sia confrontata anche con esponenti Nazionali e questo dimostra che solo la rete può portare risultati. Faremo di tutto affinchè a tutti i livelli venga portato avanti questo protocollo che prevede: in assenza di sintomi la somministrazione di un test rapido antigenico, più veloce e meno invasivo e in un secondo step, qualora il soggetto risultasse positivo, quella di un test molecolare, sempre somministrato con delle specifiche tutele, quali:
Priorità assoluta nella somministrazione e processamento degli screening diagnostici nelle persone diversamente abili così da ridurre i tempi di eventuali quarantene preventive o fiduciarie, che influenzerebbero negativamente la routine giornaliera e terapeutica della persona diversamente abile, con sicure ripercussioni sulla gestione familiare e sanitaria.
Per i soggetti disabili collaboranti si dovrebbe prevedere la somministrazione del tampone in regime domiciliare con la presenza del carigiver di riferimento e in un ambiente conosciuto e rassicurante, sempre in presenza di un medico di medicina generale o pediatra di riferimento. Per le disabilità psichiche e/o neuro-atipiche eseguire un test in un ambiente sconosciuto, quindi poco rassicurante, provocherebbe sicuramente reazioni incontrollabili tanto da rendere impossibile l’esame.
Per i soggetti disabili non collaboranti, e per i quali risulta necessaria la sedazione, sarebbe opportuno prevedere negli ospedali un supporto specifico anestesiologico, in ambiente assolutamente protetto, raggiungibile con percorsi adeguati e preferenziali, sempre in presenza del cargiver di riferimento.
Molte delle persone con disabilità posseggono altre patologie in comorbilità, rientrando all’interno delle casistiche di “fragilità”. Quindi anche in questi casi è necessario, per garantire l’accesso in sicurezza alle cure mediche, prevedere ambienti assolutamente protetti, raggiungibili con percorsi adeguati e preferenziali, sempre in presenza del cargiver di riferimento.
Nell’ipotesi di un eventuale e non escludibile ricovero, per i soggetti disabili collaboranti e non, dovrebbe essere consentita la presenza costante della figura familiare di riferimento».