Unità di crisi della Prefettura: lavoro no-stop anche durante le feste. Così si costruisce la sconfitta del Covid

Hanno lavorato anche nei giorni considerati “super festivi”. Natale, Capodanno e così sarà anche per l’Epifania. Quei giorni segnati di rosso sul calendario, per loro, in verità, sono solo date come tante altre, in questo momento. Parliamo dell’unità di crisi istituita nella Prefettura di Reggio Calabria che, sotto l’attenta guida del prefetto Massimo Mariani, sta portando avanti un lavoro probabilmente unico o quasi in tutta Italia: essere tavolo di supporto per l’Asp territoriale.

Non è un mistero che l’unità di crisi abbia svolto nella prima ondata Covid – quella più difficile da gestire sotto l’aspetto emotivo e dell’organizzazione – un ruolo determinante per la corretta elaborazione dei dati e per il primo tracciamento dei contatti positivi. Non bisogna dimenticare come buona parte del merito di un numero così basso di contagi fosse da ascrivere proprio al lavoro di donne e uomini appartenenti a varie realtà istituzionali, che si sono dati un impegno preciso: combattere la pandemia con la forza dei numeri e delle conoscenze.

Funzionari prefettizi, Asp e vigili del fuoco hanno deciso di mettersi insieme in una unità interforze per sfruttare ciascuno le proprie peculiarità. Ne è venuta fuori una realtà variegata, le cui competenze specifiche si sono rivelate decisive.

Perché tardano i risultati?

Ma cosa sta succedendo oggi? Abbiamo letto, in questi giorni, delle lamentele di alcuni cittadini che hanno rivolto una richiesta di chiarimenti all’ufficio del Governo di Reggio Calabria, in merito ai ritardi con cui vengono comunicati i provvedimenti riguardanti la quarantena. Intanto la notizia più importante che si è data in testa: la Prefettura non ha mai chiuso in questo periodo di festa. Anzi, come detto, ha proseguito nel proprio lavoro. A cosa sono dovuti quindi tali ritardi? C’è un dato che occorre tenere presente: ci troviamo di fronte ad una quantità di tamponi che non potranno essere analizzati in tempi brevissimi. La ragione? Sta nel fatto che siamo a Reggio Calabria, dove vi è un solo laboratorio Asp destinato a processare i tamponi. Una vera e propria montagna di “cotton fioc” che ovviamente ha bisogno di tempi tecnici più ampi per poter essere gestita.

Da qui i ritardi generalizzati che, in alcuni casi, hanno costretto qualcuno a rimanere in casa più del dovuto dopo la negativizzazione. Ma di sicuro le responsabilità, almeno per tutto ciò, non possono essere ascritte né all’Asp né tanto meno alla prefettura che non solo stanno profondendo lo sforzo massimo, ma stanno anche ottenendo dei risultati assai rilevanti. Non è un mistero, poi, il fatto che fino all’estate scorsa ci si trovava di fronte a poche decine di tamponi da processare. Ora si parla di centinaia ogni giorno e la struttura che li processa è assai ridotta, anche se armata di professionalità e buona volontà.

Insomma, a dirla tutta, è vero che a Reggio Calabria e provincia vi siano stati alcuni giorni di fisiologico ritardo nel restituire risultati di tamponi e provvedimenti vari. Ma una task force come quella messa in piedi dal prefetto Mariani non la si trova in quasi nessuna città italiana. Per efficienza e qualità.

E sarebbe il caso che anche dalle parti della Regione Calabria si rendessero conto che l’attuale quadro merita un’attenzione particolare, con un investimento su uomini e mezzi. Solo così si potrebbe uscire dall’emergenza rispettando i tempi di quarantena e non dovendo costringere nessuno alla segregazione da negativo.

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