Droga nel messinese, lo stupefacente arrivava dalla Locride

La droga da vendere sulle piazze di spaccio dell’area tirrenica della provincia di Messina arrivava dalla Locride e dal Catanese. Fiumi cocaina, hashish e marijuana che la famiglia mafiosa barcellonese piazzava poi quasi in regime di  monopolio. E’ quanto emerge dell’operazione antimafia ‘Dinastia’ dei carabinieri del Comando provinciale di Messina e del Ros, che ha portato in carcere 59 persone. Per tutti l’accusa, a vario titolo, è di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, violenza e minaccia, con l’aggravante del metodo mafioso.

Il blitz è il risultato delle indagini condotte, sotto la direzione della Dda di Messina, dal Nucleo investigativo del Comando provinciale, dal Ros e dalla Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto che hanno consentito di documentare l’operatività della famiglia mafiosa a Barcellona Pozzo di Gotto e sul versante tirrenico della provincia di Messina. Fondamentali per ricostruire gli affari dei boss le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Carmelo e Francesco D’Amico, Franco Munafò, Bernardo Mendolia, Aurelio Micale e Alessio Alesci, attualmente detenuti dopo essere stati arrestati nelle operazioni antimafia ‘Pozzo’ e ‘Gotha’ del Ros. Le indagini hanno dimostrato come, dopo un summit avvenuto nel 2013, in località Spinesante a Barcellona Pozzo di Gotto, i più autorevoli esponenti del clan ancora in libertà, tra cui Francesco Aliberti, Lorenzo Mazzù, Domenico Chiofalo e Aurelio Micale, decisero di mettere le mani sul controllo del traffico delle sostanze stupefacenti. Occorreva integrare gli introiti delle estorsioni, un’attività che in quel periodo si era rivelata particolarmente rischiosa e non più remunerativa come in passato.

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