Università, «Riaprire la Mediterranea si può. Quale rischio si corre?»

di Giuseppe Fera*

L’articolo di Donatella Di Cesare su l’Espresso del 7 giugno dice a mio avviso delle cose tanto vere quanto drammatiche e sintetizza perfettamente quanto da tempo ormai penso della Università italiana e della nostra Mediterranea; del resto i miei sfoghi, le mie incazzature, la mia contrarietà a questo vergognoso andazzo fatto di improbabili ed arbitrari “requisiti di qualità della ricerca e della didattica”, di infinite inutili commissioni di valutazione di tutto e di più, di sigle astruse, di superburocratizzazione di quella che dovrebbe essere la principale istituzione culturale del paese, è ampiamente nota a quanti di voi hanno avuto modo o sono stati interessati a scambiare con me due opinioni in proposito.

Alcune affermazioni della Di Cesare mi sembrano particolarmente vere, prima fra tutte il fatto che l’Università italiana è praticamente sparita dal dibattito nazionale. Se abbiamo avuto modo di vedere più volte in TV il viso della Ministra della scuola, non una volta abbiamo avuto il piacere di vedere in faccia il nostro ministro e presidente della CRUI (la Conferenza nazionale di tutti i rettori delle università italiane). In questi mesi ho sentito discutere di tutto, dei problemi dei tassisti, dei ristoratori, dei riders, calciatori, musicisti, preti cattolici e no, guide turistiche ed albergatori, autotrasportatori, ecc..

Non c’è settore della vita sociale ed economica italiana, anche il più insignificante, di cui non siano stati sviscerati i problemi per effetto del corona virus; sulle tv, nei telegiornali, nei tolksciò, nei quotidiani e nei settimanali; di tutto si è disquisito tranne che dell’Università. Un collega docente mi ha detto “Perché parlare dell’Università visto che noi non abbiamo avuto problemi?”. Ecco, questa risposta venuta da un docente mi ha tolto ogni residua speranza. Non abbiamo avuto problemi perché abbiamo continuato a lavorare on line? Se questo pensiamo dell’Università è bella che andata e non ci sono più speranze. Lo dico con grande rammarico anche se la cosa potrebbe non riguardarmi visto che fra poco sarò in pensione.

La mia orrenda sensazione è che delle sorti dell’Università, al di là delle chiacchiere di rito su investire nella ricerca (a onor del vero sembra che questo governo qualche euro ce l’abbia messo), non gliene importi niente a nessuno, né all’opinione pubblica, né ai rettori e neppure, ahimè agli studenti, il cui unico obiettivo, una volta entrati, è quello di uscirsene al più presto (tanto li abbiamo disamorati e fatti sentire estranei) con un pezzo di carta che serva a trovare un lavoro, magari all’estero. Dice giustamente la Di Cesare che “Assicurare lezioni a distanza non significa salvaguardare l’Università” e che purtroppo “manca l’Università in tutta la sua insostituibile ricchezza, la sua vivacità, la sua effervescenza” che solo la presenza in anima e corpo di docenti e soprattutto studenti possono garantire.

Adesso mentre si avvia la fase tre e si parla di riaprire persino gli stadi e le discoteche, oltre che tutto ciò che era possibile riaprire ed è stato già riaperto, l’Università Mediterranea, come tutte le altre, resta tristemente chiusa fino al 31 luglio. Perché? Che rischio particolare si corre? Non mi dite di affollamento perché già da qualche anno le nostre aule e i nostri corridoi sono desolatamente vuoti e di particolari ingestibili assembramenti non ne vedo proprio la possibilità. Del resto le lezioni sono finite. Restano da fare esami e lauree, condizioni che consentono di lavorare in assoluta sicurezza, per esempio, nel caso degli esami ammettendo un gruppo alla volta.

Nel caso specifico della mia disciplina, l’Urbanistica, la verifica on line dei lavori degli studenti è estremamente complicata per via della scarsa visibilità dell’immagine sullo schermo del computer, soprattutto quando la vista è mediata da una piattaforma online. Per me ha comportato un notevole sforzo della vista con evidente risentimento e problemi. Faccio dunque appello al nostro rettore perché consenta, ai docenti e studenti che lo vogliono, di poter fare esami in presenza nelle aule della nostra Università, assicurando il rispetto di tutte le condizioni di sicurezza richieste: distanziamento, mascherine ecc.. Questo ci consentirà un giudizio più corretto e sereno sul lavoro degli studenti e una più soddisfacente conclusione per tutti del lavoro svolto durante l’anno. Diversamente dovrei chiedermi per chi ho lavorato in questi anni: per la Mediterranea o per la Pegaso?

*Ordinario di Urbanistica, Università Mediterranea di Reggio Calabria

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