Bullismo, una subcultura fatta di sopraffazione o di prevaricazione che può essere combattuta

Di Piero Corigliano

Il bullismo è un fenomeno relazionale violento caratterizzato da atteggiamenti intenzionali di sopraffazione o di prevaricazione, fisici, psicologici o morali, ripetuti nel tempo e compiuti da parte di uno o più soggetti, definiti bullo o bulli, nei confronti di uno o più soggetti percepiti come più deboli, vittima o vittime. 

Fenomeno al tempo stesso sociale e deviante, è oggetto di un ampio dibattito che investe vari settori: dalle scienze sociali alla psicologia giuridica, dalla psicologia clinica a quella dell’età evolutiva; nonché oggetto di frequenti attenzioni da parte dei mass-media, per via degli episodi incresciosi e talora tragici che appaiono sempre più ricorrenti in ambito scolastico, il luogo d’ elezione di tali comportamenti offensivi.   Il bullismo si esprime prevalentemente come una manifestazione di gruppo; può anche riguardare soltanto l’ interazione fra due persone ma non si esaurisce in essa.

Generalmente, le forme principali attraverso cui gli “atti offensivi” si manifestano sono tre: il bullismo diretto, consistente in attacchi fisici e/o verbali verso la vittima; il bullismo indiretto, consistente nell’ isolamento sociale e nell’ intenzionale esclusione da un gruppo; il bullismo elettronico, di più recente manifestazione, effettuato mediante le nuove tecnologie a scopi di derisione o autoesaltazione e con la diffusione on-line dei momenti in cui avvengono i comportamenti bullizzanti. L’ atto di prevaricazione si manifesta quindi in varie forme e con diversi gradi di intensità o lesività.Il fenomeno si sviluppa all’interno di un ambiente relazionale paritario, cui però, paradossalmente, corrisponde un contesto sostanziale asimmetrico, in quanto un soggetto viene prevaricato da altri perchè considerato o percepito come più debole. Ed infatti il termine originario “bullying” curiosamente include sia i comportamenti del bullo, che quelli della vittima: esso pone cioè al centro dell’attenzione l’asimmetria nella relazione. 

Un problema importante è la sottovalutazione frequente di queste forme di autentica violenza che non vengono colte nella loro negatività, perché vengono confuse coi normali atteggiamenti conflittuali tra coetanei. Tanto è vero che secondo le ultime indagini sociologiche il ‘bullismo’ è un fenomeno “sommerso eppure incredibilmente diffuso”. Il che impone le esigenze di tenere sempre alta la soglia di attenzione, in particolare nei luoghi scolastici, e soprattutto di formare in modo adeguato gli educatori, perché possano individuare correttamente i segnali indicatori di tale distorsione nei giovani. 

Secondo gli studi effettuati e in base alla casistica in materia, il bullismo è contraddistinto da alcuni elementi: intenzione di fare del male, mancanza di compassione, intensità e durata, potere del bullo, vulnerabilità della vittima e mancanza di supporto.  La vittima vive una condizione di oppressione per opera di un coetaneo prevaricatore, che lo emargina dal gruppo e gli crea una crisi della propria identità, peraltro in una fase della vita che è in genere molto delicata, in cui si forma in modo determinante la personalità del ragazzo.  Esso non costituisce un problema solo per la persona che lo subisce, lo è anche per tutti coloro che assistono e in qualsiasi contesto educativo: per il clima di tensione ed insicurezza che determina, minando la tranquillità dell’intero gruppo, aumentando la sensazione di inefficacia negli insegnanti e dunque minacciando la qualità della vita e il benessere sia personale che del gruppo.

E’ poi noto che se i comportamenti prepotenti non emergono dal “sommerso” e in un modo o nell’ altro, continuano a perpetrarsi possono sortire – nel tempo – effetti particolarmente negativi sulla vittima. Diversi studi hanno evidenziato una correlazione importante fra il vittimismo ed importanti forme di disagio personale e sociale, sino ad arrivare, purtroppo, (in alcune drammatiche vicende) all’ extrema ratiodel suicidio.Occorre considerare che per la società, è un costo avere dei bambini “bulli”. Avendo acquisito atteggiamenti di sopraffazione, crescendo hanno più probabilità di assumere modelli comportamentali violenti, diventando  adulti che picchiano o molestano il partner o i propri figli. I “bulli” persistenti sono a rischio di problematiche antisociali e devianti, le “vittime” rischiano quadri patologici anche con sintomi di tipo depressivo, di non facile risoluzione. 

I livelli preoccupanti raggiunti negli anni più recenti dal bullismo, forse dovuti al forte allarme creato dalla pressione esercitata dai media e al conseguente e preoccupante effetto “emulativo”, sono stati potenziati dall’ impatto delle tecnologie, che hanno contribuito alla creazione di nuovi comportamenti-tipo aggressivi: il c.d. “bullismo elettronico” che consiste nella diffamazione di un’ altra persona tramite social, messaggi etc.; il Cyberbullismo, laddove i bulli arrivano alla diffusione on-line delle immagini del loro comportamento lesivo della vittima, per diffondere il più possibile i video oggetto di attenzione, umiliando così le persone che lo subiscono.  

E’ possibile cogliere i segnali e gli indici di gravità e rischio sin dai primi anni della scuola dell’infanzia, con una dovuta attenzione e valutazione da parte dei docenti dei comportamenti di prepotenza; in misura meno significativa invece, essi possono cogliere i segnali da parte di coloro che hanno il ruolo di vittime. Occorre osservare che anche nelle situazioni più a rischio o compromesse per quanto attiene alle caratteristiche personali, se si interviene per tempo, si possono ottenere significativi risultati positivi; specie se si considera che le potenzialità di cambiamento ed evoluzione positiva sono legate al grado di coinvolgimento attivo e guidato del gruppo classe. Per poter intervenire su questa problematica ampia e complessa, è necessario attuare con costanza interventi di lunga durata, complessi e finalizzati a tutti i livelli dell’esperienza soggettiva, con un coinvolgimento attivo e consapevole di tutti gli “attori” coinvolti. 

E’ importante, al fine di risolvere in positivo i conflitti sociali, saper affrontare anche le emozioni di disturbo (come la rabbia, la tristezza, la solitudine, il senso di incapacità) condividendole – da parte degli educatori – con gli alunni; questa condivisione deve essere improntata non tanto su una discussione razionale, sistematica o logica, quanto sul percepire e accogliere insieme le emozioni, al fine di poter guidare i ragazzi in un percorso di crescita e rigenerazione personale.   La guida deve condurre coloro che sono oggetto di ‘valutazione’ verso un percorso corretto, che possa rendere gli alunni in grado di tollerare, vivere ed esprimere in modi propositivi le emozioni, mediando nel modo migliore tra le proprie esigenze e quelle altrui.

Un’ equilibrata gestione ed espressione delle emozioni appare dunque fondamentale, per la prevenzione attiva ed efficace del bullismo, anzi si può affermare che disincentivare e combattere alla radici la subcultura bullistica significa anche impegnarsi a promuovere una cultura sociale che sia intrisa di riferimenti a valori positivi, condivisi e non equivoci per la gente, come l’ interazione, l’ accettazione degli altri e la collaborazione.

L’ esperienza diretta ci dice che a livello scolastico, il percorso più incisivo ed efficace per la riduzione delle sopraffazioni è costituito da percorsi “emotivo relazionali” con classi: questi prevedono azioni svolte in più ambiti, ossia attività di informazione e di consulenza psico-educativa ai genitori, consulenza e collaborazione coi docenti, interventi diretti svolti nelle classi alla presenza degli insegnanti.

In quest’ ottica di programmare ed attuare un intervento strutturato a più livelli, la ‘classe’ viene vista come il luogo dove diffondere le abilità cognitive e sociali, in modo che siano utili a una crescita delle persone sul piano complessivo, sia individuale che emotivo; un luogo nel quale occorre stimolare il confronto fra le personalità e sprigionare i valori positivi e la parte migliore di ciascuno dei ragazzi: cioè fare in modo che l’ impegno personale porti a risultati concreti e positivi per tutti, come l’ empatia, la responsabilità, la solidarietà.     

Un approccio corretto impone che gli atti di bullismo siano inquadrati come fenomeno culturale, di massa, cioè espressione distorta di una società che ha smarrito i valori essenziali del vivere civile perché, anziché essere guidata da basilari principi di rispetto della dignità delle persone, di cultura della solidarietà ed accoglienza del diverso, accetta modelli ispirati alla prevaricazione ed all’arbitrio del più forte sul più debole.    

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