Terremoto del 5 febbraio 1783, tra Reggio e Messina più di 30mila vittime

La morte e devastazione fanno parte della storia delle due città dello Stretto. Prima ancora della distruzione del 1908, un altro terremoto aveva raso al suolo Reggio e Messina. Si tratta del terremoto del 5 febbraio 1783 di cui oggi ricorre l’anniversario. Un’eco tristissima quella dei 30mila morti causati dallo sciame sismico, proseguito per settimane, che ha mutato sostanzialmente la morfologia dei territori.


L’evento drammatico viene chiamato “terremoto di Reggio e Messina”, ed è costituito da una intensa sequenza sismica colpisce l’area dello stretto di Messina e la Calabria meridionale, culminando con 5 forti scosse, superiori a Mw 5,9, tra il 5 febbraio e il 28 marzo 1783. Viene considerata la più grande catastrofe sia a livello economico e sociale del Mezzogiorno nel XVIII secolo. Reggio e Messina vengono rase al suolo.

Oltre a causare danni immensi alle due città dello stretto il maremoto porta ulteriori effetti sul piano politico sia a livello economico e sociale con l’istituzione della cassa sacra e il primo regolamento antisismico d’Europa.


La prima scossa dura 2 minuti, e manifesta l’epicentro a Oppido Mamertina. La città viene completamente rasa al suolo e ricostruita dopo pochi anni qualche chilometro più a valle. Sono 5.000 i morti. L’INGV stima la magnitudo di questo primo, forte evento sismico, in 7.1 (uno dei terremoti più forti della storia sismologica italiana). All’evento principale si attribuisce un’intensità pari all’undicesimo grado della scala Mercalli. Alla scossa del 5 febbraio  segue un’altra  il 6 febbraio con epicentro a nord di Messina, stavolta con magnitudo 5.9.

Fra il 5 ed il 7 febbraio vengono  contate ben 949 scosse alle quali seguono  alle ore 20 del 7 febbraio una nuova scossa, di magnitudo 6.7 con epicentro nell’attuale comune di Soriano Calabro.

Nel mese successivo, si susseguono scosse di intensità sempre decrescente, ma le più forti  si verificano  il  1º marzo 1783, di magnitudo 5.9 con epicentro nel territorio di Polia, e quella ancora più forte del 28 marzo, di magnitudo 7.0 con epicentro fra i comuni di Borgia e Girifalco. Il numero dei morti è stimato intorno alle 50.000 persone e i danni furono incalcolabili.

Le scosse  continuano spostando l’epicentro dal sud della Calabria risalendo lungo l’appennino verso il nord della regione. Questa devastante sequenza sismica causa danni elevatissimi in una vasta area comprendente tutta la Calabria centro-meridionale dall’istmo di Catanzaro allo Stretto, e, in Sicilia, Messina e il suo circondario.

La distruzione di Polistena

Tra le cittadine distrutte dal terremoto c’è anche Polistena, come ricorda in un post su Facebook Giovanni Russo, che scrive: «Polistena non può, non deve dimenticare! 239 anni addietro, al pari di tante località calabresi, l’antica Polistena venne distrutta totalmente dal terremoto del 5 febbraio 1783. Secondo la valutazione di Achille Grimaldi, oltre ai danni, pari ad un valore approssimativo di 500,000 ducati, perirono, in un batter d’occhio, 2261 abitanti polistenesi che, dopo essere stati bruciati sullo spiazzo antistante la chiesa della SS. Trinità, le ceneri vennero amorevolmente tumulate nella sottostante chiesetta di S. Anna, unico edificio sacro rimasto illeso. Un pensiero ed una prece per loro».

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