Crisi in Ucraina, Milito: «La guerra è follia»

di Francesco Milito*

L’odierna manifestazione di sensibilizzazione per lo stato di emergenza, scaturita dal conflitto armato in Ucraina, segue e si affianca ad altre che nei giorni scorsi si sono svolte in diversi Comuni della Piana.

In ciò la nostra Diocesi ha già vissuto momenti forti: il 28 febbraio nella Parrocchia Sant’Ippolito Martire a Gioia Tauro, con la Santa Messa per la pace, alla quale ha partecipato un Gruppo di Ucraini, da anni residenti nella Piana; il 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, con la Santa Messa nella Cattedrale di Oppido e il Consiglio Comunale aperto, ospitato nella Sala Vescovile della Comunità, presente anche una rappresentanza Ucraina; l’appello della Caritas Diocesana, agli inizi del mese, e due mie lettere ai Sacerdoti e Parroci, il 1° marzo e ieri.

La posizione della Chiesa è chiara: no ad ogni tipo di guerra da qualunque parte essa provenga, remota o vicina, pianificata e scatenante strategie e tattiche belliche micidiali. Lo chiede anzitutto il rispetto di ogni persona per il vivere sereno, sicuro da ogni forma di violenza, fisica, culturale, multimediale. Lo esige la libertà di autodeterminarsi, nel rispetto dei propri e degli altrui diritti per una costruttiva convivenza dei popoli secondo le Costituzionali propri degli Stati e dei Trattati tra le Nazioni. Legittime e sane aspirazioni possono ben contemperarsi quando nascono dal dialogo sincero e costruttivo.

La diffidenza e la paura, se diventano ossessione da parte di altri, non possono che sfociare nel disprezzo reciproco. Quando tutto ciò viene meno e si avvia una escalation di lotte, il pianto e la sofferenza sono uguali per tutte le vittime, dinanzi alla violenza sempre indifese: si tratti di civili o di uomini al fronte non fa differenza. Le immagini di questi giorni – quelle che i social filtrano e quelle più numerose che per la censura non conosceremo mai – sono appena un velo dietro al quale si nascondono drammi inenarrabili in luoghi dove la furia devastatrice semina morte, distruzione e danni spesso irreparabili. Che pena sapere di bambini recisi allo sbocciare della vita, innocenti e ignari di una morte tragica!

La Chiesa non smette di aver fiducia nella bontà degli uomini quando questi pervengono a miti ragioni, ma molto di più si serve dell’arma più grande e potente di tutti gli arsenali: parla di pace e non di deterrenti, la invoca e la desidera. Ha un solo nome, si chiama: preghiera e sacrificio per tutti indistintamente, ma soprattutto per i responsabili delle sorti dei popoli.

Nel profondo delle proprie coscienze, se non obnubilate e soffocate da delirio di potere, essi riescono ad avvertire la voce del bene – che è voce di Dio che, padre di tutti, è amico degli uomini –, orientarsi su vie di pace e negoziati onorevoli, attraverso i canali delle mediazioni diplomatiche.

La preghiera non è passività, né delega: è fiducia che, dove non riesce l’uomo, può arrivare Dio. Per questo si fa incessante, pressante e mai episodica. Per i soccorsi e gli aiuti che si desiderano è bene attenersi alle indicazioni ricevute, perché risultino efficaci. Affiancati alla preghiera ne confermano ricadute concrete e sicure.

Su tale linea, un caldo invito: continuiamo a farci prossimi e vicini in modo diretto ai fratelli Ucraini presenti nel nostro territorio. Sorregge la speranza che, abbreviati questi difficili giorni di comune sofferenza e di generale preoccupazione, si possa gioire insieme per la pace ritrovata e la tranquillità dei popoli. Con un forte abbraccio per ognuno di Voi presenti.

*Vescovo della diocesi di Oppido-Palmi

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