domenica,Maggio 19 2024

Reggio, l’irresistibile ironia di Gigi Miseferi approda su Isoradio Rai

L’attore di Reggio Calabria ha posto l’accento sui “modi di dire” tipicamente reggini e suggerito i luoghi più belli della provincia da visitare

Reggio, l’irresistibile ironia di Gigi Miseferi approda su Isoradio Rai

Un’intervista esilarante quella andata in onda sulle frequenze di Isoradio Rai, che ha visto protagonista l’attore e cabarettista di Reggio Calabria Gigi Miseferi. Definendosi «bilingue», per non aver perso il suo dialetto reggino, nonostante da anni viva ormai a Roma, è proprio sull’intercalare linguistico tipico di Reggio Calabria e sui suoi “modi di dire”, che Miseferi, proveniente dalla Compagnia del Bagaglino, ha incentrato l’intervista, scatenando l’ilarità generale nello studio.

«Abbiamo delle unità di misura ben precise – ha esordito Miseferi – per esempio dello schiaffo c’è la “maschiata” o la “tumbulata”, ceh si differenziano dai modi di colpire. La prima è col palmo della mano in pieno, mentre la seconda è andata e ritorno, che sarebbe quella che applicavano i miei genitori come metodo Montessori. Una delle cose alla base della nostra educazione è poi la classica “tappina”, che sarebbe – ha spiegato – la ciabatta. Il lancio della tappina era proprio un metodo educativo, di cui porto ancora le cicatrici».

L’attore ha poi parlato del quartiere in cui è nato, quello “Ferrovieri-Pescatori”, dicendo di amarlo più della sua vita. «Io ero dalla parte dei ferrovieri – ha raccontato – ma in quello dei pescatori avevano dei modi di dire fantastici. Per dirti “torna indietro” o “vattene”, dicevano “furria prua”, ossia devi girare la prua. Per dirti che avevi fatto un macello invece, dicevano “iarmasti na rravastina” – rravastina sarebbe la rete da pesca o la nassa – che tradotto sarebbe “ti sei infilato in un ginepraio”. Per dire poi che una persona sta sbagliando o nel ragionamento pende da una parte, usavano l’espressione “è fora chjiumbu”, facendo riferimento al famoso filo di piombo che utilizzavano i muratori».

Tra una risata e l’altra, ha poi raccontato di quando un pescatore che vendeva sul ponte Calopinace, vicino casa sua, le costardelle, ossia un pesce azzurro tipico di quel tratto di costa, a un signore anziano che si avvicinò chiedendogliene due, rispose: «due chili? E quello ribattè: no proprio due. Al che, il pescatore chiese: “aviti mbitati?”, ossia avete invitati, a mò di sfottò». In tempi più recenti, con l’avvento dell’elettronica, ha poi parlato dell’episodio che vide protagonista il papà ultraottantenne di un suo amico, che «ci stava raccontandoci una cosa e a un certo punto si inceppò su una sillaba, per un vuoto di memoria, così a un certo punto il figlio gli disse: “papà spostati ca non pijjia”, ossia spostati che non prende, come se fosse stato un telefonino».

L’ironia reggina, come ha annunciato nel corso dell’intervista, è anche al centro di un suo spettacolo, nel quale gioca molto anche con i nomi dei vari quartieri della sua città natale, «perché io qui ho il fusto, ma le radici rimangono a Reggio Calabria». Miseferi ha poi raccontando della sua “Band larga” formata nel 2012, «chiamata così all’epoca per motivi di circonferenza personali, il cui spettacolo che portavamo in giro era “Dalle lasagne al Brod… way”», facendo riferimento anche all’arte culinaria della città.

I luoghi del cuore

Prima di concludere l’intervista, l’attore ha elencato quelli che sono i luoghi più belli ma spesso poco conosciuti della provincia di Reggio Calabria, consigliando di visitarli. «A parte Scilla e Chianalea – ha affermato l’attore – che sono posti meravigliosi, c’è il Porto di Ulisse che è bellissimo, e si trova tra Motta San Giovanni e Lazzaro. Il Castello di San Niceto, che offre un panorama pazzesco, con una visuale sull’Etna innevata, è poi uno dei luoghi più suggestivi.

Da visitare anche Pentedattilo, così chiamata perché la montagna ha la forma di una mano con le cinque dita, ed è un borgo ormai disabitato ma meraviglioso. Quest’anno ho realizzato un cortometraggio dal titolo “Reggio un’antica bellezza”, dove promuovo quelli che sono i siti culturali della mia città, a partire dal Museo, che ospita i Bronzi di Riace, questi giovanotti che quest’anno hanno compiuto 50 anni dal loro ritrovamento. Da visitare anche il Castello Aragonese ma, sono tanti i posti fantastici che vale la pena vedere. Possiamo dire di essere fortunati, perché abbiamo ereditato molto dalla Magna Grecia, che ci ha lasciato il culto del bello».

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