Taurianova, ancora falle burocratiche per Ionele affetta da Sla: non arriva l’Home care premiun

Non c’è pace per Ionele Sabina Radu, la 36enne di Taurianova affetta da Sla. Dopo aver ottenuto, senza non poche tribolazioni, l’aumento delle ore di assistenza domiciliare da parte del Comune, ecco che si presenta un nuovo problema. Questa volta a non arrivare è l’Home care premium, ossia quell’intervento attraverso cui l’Inps destina delle risorse a dipendenti e pensionati pubblici e ai loro familiari, in modo da garantire loro la cura a domicilio e l’assistenza delle persone non autosufficienti. Un aiuto economico che farebbe sicuramente comodo al marito della donna, costretto ogni giorno a far fronte a spese elevate per garantire alla moglie le cure necessarie per la sua malattia.

La lettera al commissario dell’Asp Di Furia

Sergio Carrozza ha così deciso di prendere ancora una volta in mano carta e penna e scrivere al commissario straordinario dell’Asp Lucia Di Furia, per chiedere aiuto. «La contatto in qualità di marito della signora Ionele Sabina Radu – scrive Carrozza nella sua lunga missiva – affetta da ben quattro anni da una grave e degenerativa patologia che risponde alla denominazione di Sclerosi laterale amiotrofica. Con la presente le comunico che, dopo molteplici e insistenti lotte contro la burocrazia, sono riuscito a ottenere il conseguimento assistenziale del tetto massimo di trenta ore settimanali. Appare del tutto evidente che, l’erogazione della fruizione del suindicato periodo, si rivela essere alquanto insufficiente, mentre il mio personale quadro economico – già gravato e, appunto per questo, in difficoltà nel fronteggiare la complessiva gestione situazionale – non consente di poter sostenere l’impatto delle notevoli e diversificate spese per l’assistenza».

Il marito di Ionele racconta poi del suo incontro col prefetto di Reggio Calabria, sottolineando che lo stesso, aveva «lasciato intendere l’eventuale possibilità di ricoverare mia moglie presso una specializzata struttura di riferimento. Si tratta ovviamente, di una decisione che considero totalmente inammissibile – nonché, per taluni aspetti, offensiva – sebbene sarebbe respinta prima di tutto dalla mia stessa consorte, la quale in più occasioni non ha avuto dubbi nell’esprimere la scelta di lasciarsi andare, pur di evitare questa angosciosa e prospettica soluzione. Mi permetto d’altra parte di ricordare che, sebbene la malattia di mia moglie colpisca inevitabilmente il sistema nervoso centrale, presenta una specifica caratteristica che la rende ancora più angosciosa, vale a dire il fatto che non toglie per niente la capacità di pensare e di relazionarsi lucidamente. È importante evidenziare poi – scrive Carrozza – che ricorrere a strutture specializzate sarebbe da considerare un vero e proprio spreco, perché determinerebbe per la Regione Calabria una considerevole dilatazione dell’impegno economico, nella misura di circa ventiduemila euro mensili.

Appare per di più importante ricordare che mia moglie è stata recentemente ospedalizzata per un mese, a causa del percorso di riabilitazione, che ha tra l’altro imposto l’utilizzo del catetere, dal momento che sorgevano difficoltà logistiche nell’accompagnarla sistematicamente in bagno. Si è trattato di un’esperienza che l’ha indubbiamente segnata molto, prioritariamente dal punto di vista emotivo, poiché il distacco dalla propria abitazione ha irrimediabilmente comportato un impatto caratterizzato da vissuti tormentosi, oltre che una sostanziale variazione delle scelte del piano di assistenza, che nel contesto domiciliare si presenta invece sviluppato in modo certamente più permanente e più coordinato. L’insieme dei vantaggi è più precisamente possibile riassumerli nel fatto che a casa, mia moglie ha una maggiore probabilità di mantenere le proprie abitudini, continuando al contempo a ricevere i vitali affetti all’interno di quelli che lei definisce spazi vitali, che permettono di non rinunciare alle esigenze che affiorano nello svolgimento della quotidiana esistenza».

Sergio Carrozza spiega che «si tratta di un approccio questo, che si struttura in maniera più efficace in modo particolare quando è predisposta la disponibilità delle figure Oss, il cui operato domiciliare fa spesso ritornare il sorriso a mia moglie, grazie agli indiscutibili provvedimenti, volti a mantenere il suo benessere fisico e ad allontanare l’acuirsi – o il progressivo cronicizzarsi – della devastante patologia. Aggiungo che lo stesso Prefetto aveva suggerito di usufruire del personale Adi, che io ho ritenuto opportuno non accettare, a causa dei costi lievitati che contraddistinguono tale tipologia di servizio, rispetto alle figure appartenenti all’Oss, i cui oneri economici sono molto più contenuti, a fronte di prestazioni che sono da ritenere certamente più utili e più qualificate. È per tale motivazione che a più riprese insisto nel formulare la proposta, consistente nel sostituire le figure infermieristiche al ruolo e ai compiti degli operatori socio-sanitari».

Dopo questa disamina della situazione complessa che si trova ad affrontare ogni giorno a causa della malattia invalidante della moglie, Carrozza affronta la questione dell’Home care premium. «Recentemente abbiamo appreso la notizia che il progetto definito “Home care premium” – scrive – che avevo in precedenza regolarmente attivato, è stato all’improvviso bloccato da parte dell’Inps, presumibilmente per un cavillo riconducibile ad aspetti di natura contrattuale. Questo significa che io sarò costretto a gestire, ogni mese, la condizione di mia moglie solo ed esclusivamente con 850 euro al mese, e per giunta con le esigenze che scaturiscono dall’avere un figlio a carico.

Mi consenta, alla luce di quanto detto, di consegnarmi alla sua considerevole sensibilità istituzionale e morale, richiamando l’attenzione sulla necessità di creare le condizioni perché a mia moglie possa essere garantita una qualificata assistenza a domicilio, grazie a un più stabile e strutturato aumento di ore, volto finalmente a restituire il diritto costituzionale alla salute e all’inviolabile valore della dignità umana. È ovvio che tutto ciò debba essere supportato anche da un sollevante contributo economico, che possa consentirmi di affrontare, con una più ragguardevole e duratura sicurezza, i periodi di difficoltà causati dall’impietoso incedere della malattia».

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