MITI E MISTERI| Ibico e le gru vendicatrici

Annus Domini 1562. Per l’insana opera dell’uomo e l’avversione del fato, sprofonda negli abissi l’antico promontorio di Calamizzi disturbando certamente il sonno del glorioso poeta Ibico, lì sepolto.

Ibico, il cantore dell’amore e l’inventore della sambuca

Pare, infatti, che proprio su quel promontorio avesse trovato la pace eterna il poeta reggino del VI sec. a.c., le cui nobili origini e la sublime lirica furono decantate persino da Cicerone che lo definì il “più infiammato d’amore di tutta la Magna Grecia”.
Anche se della vita e delle opere del grande poeta rimangono solo frammenti, si sa che fu uno dei poeti lirici più importanti dell’età classica e inventore della cosiddetta sambuca, una sorta di cetra triangolare con cui accompagnava i suoi canti.

La morte per mano di ladroni

Se la vita del grande poeta si perde spesso nei meandri della mitologia, le leggende e la storia concordano sul fatto che morì brutalmente per rozza mano di ladroni.
C’è chi sostiene che fu ucciso a Corinto, chi durante il viaggio per raggiungere e sposare l’amata Nereide, una giovane ateniese promessa in sposa, dal padre, al ricco Euforione.
E chi, invece, asserisce che la sua fine avvenne in tarda età su una spiaggia, nei pressi di Calamizzi, dove fu assalito e trucidato dai predoni.

Le gru di Ibico

In ogni caso, secondo la curiosa leggenda della sua tragica fine, narrata anche nell’Antologia Palatina e nel De garrulitate di Plutarco, il poeta, in punto di morte, invocò la testimonianza di uno stormo di gru che era di passaggio in quell’infausto momento e le pregò di vendicare la sua morte.
E, quasi a voler ribadire quanto narrato, c’è anche una specie di gru che porta il suo nome.
Gli assassini, ovviamente, si beffarono di lui e dopo averlo ucciso, lo derubarono e si diedero alla macchia.
La morte del poeta destò grande eco tra la gente e diffuso era il desiderio di onorarne la memoria assicurando i suoi assassini alla giustizia.
Malgrado ciò, questi rimasero a lungo ignoti.
Finchè un giorno, per caso, uno dei due vedendo passare in alto, nel cielo uno stormo di gru, esclamò sghignazzando: «Guardate, i vendicatori di Ibico!» svelando così, agli occhi della gente, la verità sul crimine commesso.
Tanto bastò, infatti, affinché i due malfattori fossero arrestati e puniti come meritavano, per aver ucciso il cantore dell’amore.

La stele sul Lungomare Falcomatà

Oggi Reggio ricorda il celebre musico con una stele di Michele Guerrisi sul Lungomare Falcomatà.
Il monumento è una massiccia lastra di marmo con raffigurata una musa nell’atto di suonare un’antica lira e incisi alcuni suoi celebri versi: “A primavera, presso l’inviolato giardino delle ninfe, fioriscono i cotogni da fluviali linfe irrigati. S’infiora anche la vite sotto i nuovi tralci ricchi di pampini. Ma in nessuna stagione a me dà tregua l’amore come il vento che giunge dalla Tracia crosciando e avvampando di saette esso irrompe da Venere con bruciante furore, e tenebroso e indomito sconvolge tutto l’essere mio dalle radici”.

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