venerdì,Maggio 3 2024

MOTI DI REGGIO | De Salvo: «Rimuovere definitivamente i rancori per riscoprire un briciolo d’orgoglio»

Il nostro lettore: «Con l’obiettivo di costruire una memoria storica finalmente condivisa da tutti noi reggini, da conservare orgogliosamente per il significato profondamente identitario per tutti noi che essa ebbe»

MOTI DI REGGIO | De Salvo: «Rimuovere definitivamente i rancori per riscoprire un briciolo d’orgoglio»

Riceviamo e pubblichiamo:

sono Vincenzo de Salvo, medico reggino 70enne, e ho letto con piacere il suo articolo del 14 luglio scorso su “Il Reggino” riguardo alla carente memoria della Rivolta di Reggio. Una lettera-invocazione (mi piacciono coloro che sanno mettere passione nel proprio lavoro) per tutti i reggini, che condivido in più parti. Anche perché, riprendendo un aforisma di I. Montanelli, “Un popolo che non conosce la propria Storia, non saprà mai nulla del proprio presente”.

Ma lei sa bene che spesso la storia di una battaglia o di uno scontro politico-sociale la scrivono i vincitori, pertanto la sua osservazione “la storia non deve mai essere la storia di una parte” la deve innanzitutto rivolgere ai rappresentanti dell’establishment politico-economico-mediatico, i vincitori di allora, che costrinsero Reggio e provincia a subire le imposizioni dittatoriali che ben conosciamo. E come la scrissero questa storia? Con la complicità consapevole di politici, sindacalisti, giornalisti, intellettuali (di cui sono ben noti nomi e appartenenza politica) disposti a sostenere e propagandare le falsità che erano servite a giustificare l’azione violenta e antidemocratica contro Reggio, tra le quali: l’etichetta della protesta di marca fascista (con l’immancabile corredo di misteriose trame di ndrangheta e massoneria) o della gretta rivendicazione municipalistica, il pennacchio, o di espressione di sub-cultura propensa alla violenza. Un conformismo politico-mediatico (tutt’oggi ancora esistente) responsabile della grande mistificazione delle ragioni vere di quella protesta (P. Amato, 1998). E l’oblio dei moti di Reggio è stato voluto e strategicamente perseguito affinchè si potesse consolidare nel tempo, direi con silenziosa assuefazione, tale conformismo denigratorio.

Pertanto concordo pienamente con il significato del suo messaggio, cioè rimuovere definitivamente i rancori che ci avevano diviso in quei drammatici eventi e per molti anni dopo: noi reggini siamo i primi a doverci liberare dai pregiudizi politico-ideologici che hanno teso e tuttora tendono a piegare i fatti verso un’interpretazione propagandisticamente più utile al proprio credo politico (e vale per tutti). Reggini di destra, di sinistra, agnostici o qualunquisti…..dobbiamo parlarci per capire la portata storica di quei moti. Con l’obiettivo di costruire una memoria storica di quei moti finalmente condivisa da tutti noi reggini, da conservare orgogliosamente per il significato profondamente identitario per tutti noi che essa ebbe. E riscoprire così almeno un briciolo di orgoglio della propria storia, sentimento necessario, a mio avviso, per una comunità desiderosa di ripartire per, direi quasi, difendere la propria esistenza (non la voglio fare tragica ma oggi siamo vicini alla totale irrilevanza politico-economica di Reggio). E per giungere ad una memoria storica condivisa bisogna innanzitutto ristabilire la verità storica di quei moti, una storia “assolutamente unica per durata, ampiezza di partecipazione popolare e radicalità” (G. Crainz, 2000), un vero e proprio “evento storico” dell’Italia contemporanea, perché anticipatore di processi politico-sociali che si sarebbero affermati in seguito su scala nazionale e non solo (L. Ambrosi, 2009).

E mi fermo. Sono argomenti che richiederebbero molto più tempo e spazio per discuterne. Mi perdoni se ci ho messo un po’ di passionalità ma 53 anni fa, su quelle barricate c’ero anch’io, 17enne.

Dottor Vincenzo de Salvo

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