Reggio, violenza sulle donne: l’abbandono dopo la denuncia, lo Stato deve fare di più – FOTO

Subiscono violenze, fisiche, sessuali e anche psicologiche. Alla fine riescono tra mille difficoltà e remore a denunciare. E poi? Vengono lasciate da sole. A cavarsela spesso senza un’entrata economica e a doversi proteggere nuovamente dallo stesso autore delle violenze, che nel frattempo è tornato a piede libero.

Questo il quadro desolante che si prospetta alla donna che trova la forza di denunciare i maltrattamenti subiti e che è stato delineato, con un coro unanime, da tutti i relatori del convegno “Violenza di genere: ieri, oggi e domani” organizzato al Grand Hotel Excelsior dal Centro antiviolenza Margherita di Reggio Calabria della psicologa Tiziana Iaria.

Un convegno che è stata anche l’occasione per presentare il docufilm “Un altro domani” dei registi Silvio Soldini e Cristiana Mainardi, il libro “Maria Maddalena” dell’avvocato del centro, Antonino Aloi, la mostra di quadri di Antonia de Salvo, e da cui sono emerse delle proposte concrete e, soprattutto la necessità, che lo Stato garantisca maggiori tutele alle vittime.

Lo Stato deve fare di più

«Il convegno parla di violenza di genere, com’era ieri e com’è oggi. Com’è domani sarà il risultato di quello che noi riusciremo a fare» ha affermato Tiziana Iaria psicologa e presidente del Centro Antiviolenza Margherita che da 23 anni opera nel reggino e dal 28 ottobre anche a Frascati. «Il convegno deriva da un progetto regionale, che si sta concludendo e che abbiamo portato nelle scuole, dalle elementari alle superiori, ma quello che è successo tra ieri e oggi mi spinge a parlare del centro e non del progetto, su cui avevo basato il mio discorso» ha proseguito la Iaria.


«Proprio ieri infatti mi hanno chiamato da Villa San Giovanni per una donna che è stata violentata in questi giorni e che aveva bisogno di un supporto e di un alloggio, io non l’ho potuto dare, ho 15 posti letto sono tutti occupati quindi non ha trovato posto a Reggio Calabria e l’abbiamo dovuta mandare fuori. Stamattina poi, per la prima volta, mi hanno chiesto di prendere in carico un uomo vittima di violenza, fisica a sfondo sessuale all’interno del contesto lavorativo.

Siamo riusciti ad ospitarlo grazie a una persona che ci ha donato un appartamento, perchè noi viviamo di donazioni e abbiamo un Caf-Patronato ma non abbiamo fondi né regionali né statali. Intanto, lo abbiamo ascoltato insieme all’assistente sociale, domani lo faremo visitare da un medico e inizieremo il percorso psicologico poi interverremo con i legali, con Nino Aloi che è l’avvocato del nostro centro, anche perché probabilmente il signore avrà perso il lavoro» ha spiegato la Iaria.


«All’interno della nostra associazione riusciamo a supportarli da tutti i punti di vista e l’invito è sempre quello a denunciare ogni atto di violenza, ma chiediamo allo Stato che supporti le vittime che denunciano non solo in quel momento ma anche dopo perché poi rimangono da sole, c’è bisogno di una tutela preventiva e post» ha concluso la Iaria.

La testimonianza delle vittime

«Purtroppo ancora nel 2023 il fenomeno delle donne che subiscono violenza e si presentano da noi per ottenere aiuto non accenna a diminuire» esordisce Kaoutar Assassi, vicepresidente Anolf Cisl, associazione della città metropolitana che si occupa dell’assistenza sociale per gli immigrati. Agli sportelli del centro arrivano, chiedendo aiuto, persone che sfuggono dalla guerra, dalla povertà ma molte sono donne rifugiate o peggio bambine che subiscono violenze e stupri.
Un fenomeno che non può essere risolto se non si interviene in modo forte. Ne è convinta Rosy Andracchio, vittima di violenza fisica e psicologica.

«Una violenza che ti porti dentro per tutta la vita – ha testimoniato – nonostante gli anni trascorsi e ogni volta che ne parli si riaprono quelle ferite». Un matrimonio finito da tempo, con un marito che l’ha mandata tre volte in ospedale e che l’ha spinta ad andare via da casa, a crescere tre figli da sola, ricevendo aiuto solo dalla madre, mentre lui «è sempre rimasto a piede libero, non ha subito neanche un processo, perché avendomi accompagnato in ospedale secondo la giustizia si era quasi riabilitato».


«Oggi, rispetto ad allora, ci sono dei mezzi più adeguati ma non bastano, ci vogliono leggi più forti, altrimenti è tutto fumo negli occhi e soprattutto bisogna educare i figli fin da piccoli. Mi rivolgo alle mamme in particolare, che non devono assolutamente proteggere i loro figli se commettono violenza, anche se è una stupidaggine – ha concluso la Andracchio – perché giustificarli porterà questi ragazzi ad andare avanti sulla strada sbagliata».

Educazione preventiva e azioni concrete

Educazione preventiva su cui sono d’accordo anche le due esponenti politiche del comune di Bagnara relatrici all’evento. «L’attuale amministrazione – da poco insediata – si sta attivando per creare uno sportello di aiuto, di sostegno alle vittime di violenza e per rendere disponibili i beni confiscati alla mafia sul territorio e destinarli al centro antiviolenza e ai disabili» ha affermato Mimma Garoffalo, consigliera con delega alle pari opportunità, incalzata dalla domanda del Reggino. «È un progetto su cui c’è molta attenzione, in fase di evoluzione anche se i tempi non li sappiamo quantificare» ha confermato la presidente pari opportunità del comune di Bagnara, Giusy Italo.


«Bisogna agire concretamente, perché mentre noi parliamo c’è qualche donna che subisce violenza, le leggi ci sono, però non vengono adeguatamente applicate. E soprattutto dobbiamo mobilitarci e non lasciare da sole le donne quando denunciano, attivandoci prima che succeda quello che non deve succedere» ha rincarato la Garoffalo.


Sulla necessità di una tutela sia preventiva che post ha concordato anche la presidente Italo: «La politica sta facendo la sua parte ma la deve fare con degli obiettivi precisi, mirati, perchè bisogna intervenire sempre da lì famiglia, scuola territorio. Se non riportiamo i giovani nel presente, nel qui e adesso, non so dove andranno a finire; è importante che famiglia, scuola e territorio rispondano bene e sono fiduciosa, la speranza deve essere sempre presente in noi».

Sostegno economico alla donna che denuncia: la proposta

Una proposta interessante arriva dall’avvocato e criminologo forense, Denise Serena Albano, la quale, dopo aver snocciolato i dati dell’Oms, sulla violenza di genere, fenomeno che vede coinvolto almeno un terzo delle donne in tutto il mondo, si è soffermata sulla molteplicità di fattori criminologici alla base dell’escalation di reati e dei fattori sociologici, dall’arretratezza culturale, ai figli, all’assenza delle istituzioni, di servizi attivi sui territori, che costituiscono un limite alla possibilità della donna di affrancarsi da una situazione di violenza. Soprattutto, «il divario economico, diffuso maggiormente al Sud, che pesa come una grossa catena perché la donna per liberarsi deve avere la propria autonomia».


Da qui la proposta: «Uno strumento di sostegno economico per le donne disoccupate che si accingono a percorrere un percorso difficilissimo che è quello della denuncia prima e del distacco poi. Un sostegno per coloro che possono dimostrare di avere i requisiti, disoccupazione, atti penali che poi si concludono con una richiesta di rinvio a giudizio, sarebbe un passo di grande civiltà – ha concluso la Albano – e una dimostrazione di grande vicinanza dello Stato alla donna, come persona dotata di diritti costituzionalmente garantiti, del diritto alla libertà».

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