sabato,Maggio 4 2024

Bentornata scuola, specchio di una crisi radicale di valori

Questa mattina suona la campanella per la stragrande maggioranza degli istituti cittadini di ogni ordine e grado. L’analisi di Guido Leone

Bentornata scuola, specchio di una crisi radicale di valori

di Guido Leone*

Con il mese di settembre la scuola riparte per un nuovo anno scolastico. Una ripartenza che coinvolge milioni di persone tra alunni, personale docente e amministrativo e le stesse famiglie. Si riparte, intanto, con l’incertezza e la preoccupazione che la pandemia potrebbe tornare a condizionare la vita in un contesto sociale difficile, con una inflazione alle stelle, una complessa situazione politica, con gli stipendi degli italiani divorati dalle tasse e senza una prospettiva di adeguamento economico dignitoso. Sullo sfondo, poi, uno scenario europeo e internazionale infuocato dalla guerra Ucraina – Russia, dalle conseguenze devastanti per l’economia dei singoli e dello Stato.

Ma che anno sarà per la scuola italiana e calabrese in particolare, per i nostri studenti, per tutti coloro che vi lavorano: docenti, personale ATA, dirigenti. Se la scuola, così come la sanità e la giustizia, misura lo stato di salute sociale e democratico di uno stato, di un territorio, non c’è da stare allegri. Tutto è rimasto come prima, gli stessi disagi, gli stessi problemi di prima. Il nostro sistema scolastico ci restituisce severi aspetti di criticità:
-una crisi nei risultati scolastici che si manifesta già nella scuola dell’obbligo e che sembra prefigurare successivi scacchi formativi;
-una stratificazione sociale nelle scelte tra i diversi indirizzi della scuola secondaria superiore, che si ripercuote nei livelli di apprendimento;
-una difficoltà supplementare di intervento nei confronti dell’utenza straniera ,che ottiene risultati scolastici più modesti dei coetanei italiani, in particolare a livello di competenze linguistiche;
-l’emergere di un disagio sottile, di una difficoltà a coinvolgere fino in fondo gli allievi nella loro esperienza scolastica, testimoniato dal fenomeno dei debiti scolastici, che, comunque, indica un rapporto non positivo con gli apprendimenti scolastici (matematica, lingua straniera,ecc.);
-tendenza alla licealizzazione del sistema scolastico;
-la nostra regione che esibisce i dati più sconfortanti in materia di sicurezza e di adeguamento degli edifici scolastici;
-un forte turn-over nei comprensori decentrati: la rotazione del personale docente è molto elevata e rappresenta un forte vincolo alla continuità e alla programmazione didattica;
-la permanenza di squilibri territoriali: è stato più volte rimarcato che molti comprensori delle aree interne della Calabria sono tagliati fuori da una offerta formativa extra-curricolare per la mancanza dei servizi, trasporti in particolare, che penalizzano la partecipazione degli studenti alle attività pomeridiane che le istituzioni scolastiche pongono in essere per il completamento del percorso educativo. Questo stato di cose non assicura equità e qualità. Non garantisce il diritto allo studio per tutti;
-un discutibile processo di dimensionamento che non tiene conto delle peculiarità territoriali, dei bisogni formativo/educativi di determinate aree a rischio della regione, che non razionalizza i processi di accorpamento delle singole scuole in termini di moderna consortilità intercomunale, come avviene per altro genere indispensabile di servizi alla comunità;

E’ sul territorio, dunque, che si misura la capacità della politica ad affrontare i nodi strutturali di un sistema scolastico come il nostro che manifesta delle criticità ormai consolidate che vanno dal gap nei livelli di apprendimento tra i nostri studenti e il resto del Paese alla qualità dei nostri edifici scolastici.
La scuola, poi, quale protagonista educativa nella società civile, ha il ruolo insostituibile di dare visibilità, significato ai fatti e avviare all’interpretazione critica della realtà sociale che circonda gli allievi, agli esempi, ai fenomeni e agli stimoli che da essa provengono.

Perciò, non si può nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi e far finta di nulla. Ripeto, questo ci riguarda come città di Reggio Calabria, e come regione in maniera particolare, e ci si deve interrogare costantemente sul ruolo che la scuola svolge nei nostri territori pervasi dal fenomeno mafioso e delinquenziale. In tanti quartieri cittadini ed anche in piccoli paesi dell’entroterra collinare e montano della nostra provincia la scuola ha davvero rappresentato,ed anche adesso, spesso, l’unica presenza dello Stato, l’unico presidio di legalità, l’unico luogo di aggregazione, assieme alla parrocchia. Le nostre scuole sono state spesso prese di mira, e non solo le strutture fisiche ma talvolta anche gli operatori scolastici, oggetto di saccheggi, devastazioni e intimidazioni. Non sempre sono atti isolati riconducili a ragazzate o balordi. Credo che in numerose circostanze, invece, abbiano fatto parte purtroppo di una strategia della ‘ndrangheta che vede nelle scuole.

E proprio noi reggini abbiamo dei doveri in più, e, in quanto operatori scolastici, noi per primi, dobbiamo immettere anticorpi nelle relazioni che abbiamo dentro e fuori le scuole rispetto a contesti di illegalità, di prevaricazione, di intolleranza, di intimidazione, di violenza, di deresponsabilizzazione. E’ compito primario della scuola reggina attivare una pedagogia del coraggio civico fondato su un concetto di dignità umana che riconosca quella degli altri,che veda nel prossimo una persona portatrice di pari diritti. E proprio la nostra scuola ha dei doveri in più in questa particolare e delicata stagione della vita cittadina,e in quanto operatori scolastici noi per primi,dobbiamo immettere anticorpi nelle relazioni che abbiamo dentro e fuori le scuole rispetto a contesti di illegalità, di prevaricazione, di intolleranza, di intimidazione, di violenza, di deresponsabilizzazione.

Ecco perché occorre puntare sui contenuti fondamentali della scuola, ponendo la attenzione a ciò che accade ogni giorno dentro le classi, alla didattica, al rapporto formativo ,educativo fra i docenti, fra il mondo della scuola e i nostri ragazzi. Certo bisogna ritrovare il senso ultimo della scuola. Dare un senso alle cose nella scuola vuol dire ricomposizione di una filiera che è fatta anche di valori, di riforme adeguate ,di investimenti per scuola e università (che devono comporre un unico sistema) ricerca, politiche giovanili, politiche culturali. Insomma, investimento sulla risorsa umana, sui talenti che ci sono dentro la nostra comunità e che sono capitale umano ,capitale sociale. Si tratta di cose che sono l’altra faccia della stessa medaglia e che è giusto ricordare quando parliamo di scuola calabrese. Ed infine. E’ necessaria una presa di coscienza diffusa che la nostra scuola è oggi lo specchio di una crisi radicale di valori che rischia di desertificare la nostra società e che le speranze di quest’ultima di non restare asfissiata dal nichilismo sono in buona misura legate alla capacità delle nuove generazioni di ritrovare ,nelle nostre grandi tradizioni culturali, quelle che la scuola ogni giorno cerca di trasmettere ai giovani,i semi di prospettive nuove e più costruttive.

I fallimenti sperimentati nella quotidianità con i gravi fatti di cronaca nera di violenza e corruzione rendono consapevoli insegnanti e famiglie dell’impossibilità di farcela da soli, ciascuno per proprio conto, e della necessità di una cooperazione corresponsabile fra tutti i protagonisti del processo di crescita umana e professionale dei nostri ragazzi e dei nostri giovani per ritrovare faticosamente un orizzonte di significati condivisi in grado di riscattare le vite di questi ragazzi dall’insignificanza dove sono stati precipitati dalle politiche governative e amministrative di questi anni.

E’ necessaria più che mai, a Reggio, come in Calabria e nelle altre regioni meridionali, la formazione delle nuove generazioni, liberi da logiche clientelari e familistiche e dalle dipendenze di ogni genere. Ma per questo deve fiorire un nuovo senso della cittadinanza e del bene comune, a cui solo la scuola può educare.
Così come deve fiorire una nuova cultura dell’iniziativa economica, dell’imprenditorialità, del rischio produttivo, che anch’essa dipende da una radicale trasformazione delle mentalità arcaiche di cui la scuola può essere un motore importante.

*(già Dirigente tecnico U.S.R. Calabria)

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