sabato,Aprile 27 2024

Focus su alcol e dipendenze a Reggio: i giovani sfuggono alla rete di sostegno – VIDEO

L'allarme di Asp e associazioni in occasione della tavola rotonda promossa dal Cereso. Sono 1300 gli adulti afferenti ai servizi in Calabria. Fenomeno diffuso nel reggino

Focus su alcol e dipendenze a Reggio: i giovani sfuggono alla rete di sostegno – VIDEO

Prevenire i disturbi da consumo di alcol incidendo su stili di vita e inquadrando il fenomeno e gli strumenti di intervento nell’alveo della tutela della salute pubblica. Le abitudini, come anche il consumo delle bevande alcoliche e la dipendenza che ne può derivare, sono determinanti per tastare la qualità della salute pubblica di una comunità.

Sull’orientamento corretto di queste abitudini incidono l’educazione e la sensibilizzazione. Si tratta di attività da promuovere con il coinvolgimento di famiglie, scuola, agenzie educative, istituzioni, associazioni e territorio, osservatori privilegiati dell’insorgere della dipendenza. Prioritari l’ascolto dei bisogni e la promozione del benessere.

Prima ma anche dopo. Si tratta di sinergie necessarie anche per supportare i percorsi successivi alla permanenza presso le strutture per il superamento della dipendenza. Solo così sarà possibile favorire una piena e sana risocializzazione.

Il Centro reggino di Solidarietà, Cereso OdV, è da sempre impegnato nella promozione del benessere attraverso la sensibilizzazione in tema di dipendenze. In particolare attivo con interventi sul fronte del consumo problematico di alcol, il Cereso OdV propone in questo frangente al territorio una riflessione. Esso ritiene necessario di interpretare e affrontare la dipendenza da alcol come un fatto di salute pubblica. Fondamentale, in questa ottica il ruolo della comunità. Essa funge da sentinella del disagio e portatrice di una preziosa azione di supporto alle strutture e alla politica, chiamata a programmare e attuare politiche efficaci.

Le dipendenze, tra cui quella da alcol, rappresentano una vera e propria emergenza educativa e sociale, attenendo al concetto essenziale di salute. Da intendersi, quest’ultima, come benessere integrale ed equilibrio tra le componenti della persona e non come assenza di malattia.

In questa ottica il corso di formazione e la tavola rotonda che questa mattina ne ha fatto parte sono occasioni di confronto su questo tema. La sfida è quella di un approccio complessivo ai problemi alcolcorrelati con politiche di intervento proprie della salute pubblica. Da conseguire la responsabilizzazione delle comunità nel segno del metodo ideato e promosso dal neurologo, psichiatra e docente universitario croato Vladimir Hudolin.

La tavola rotonda

L’auditorium Diego Suraci della Piccola Opera ha fatto da cornice alla tavola rotonda sul tema “Salute e risorse di comunità. riflessioni, criticità, prospettive”. Dopo i saluti di Piero Siclari, presidente della Piccola Opera Papa Giovanni, sono intervenuti la vicepresidente con delega all’Istruzione della Regione Calabria, Giuseppina Princi, la presidente della società italiana di Alcologia per la Calabria e referente Aicat per la nostra regione, Maria Francesca Amendola. Hanno dato il loro contributo anche il portavoce di Comunità Competente, Rubens Curia, la direttrice del dipartimento Salute Mentale e Dipendenze dell’asp di Reggio Calabria, Anna Bagalà, la direttrice Caritas arcidiocesi Reggio Calabria – Bova, Maria Angela Ambrogio, il portavoce Forum Terzo Settore Calabria, Luciano Squillaci, direttore corso di sensibilizzazione, Valentino Patussi.

Il Cereso

«Con questa iniziativa il Cereso da seguito pratico alla collaborazione avviata con l’Aicat associazione Club Alcologici territoriali, per promuovere un’idea di prevenzione di comunità. Il Cereso si muove da sempre su due livelli. Con le strutture che gestisce offre risposte di cura alle persone e con l’attività di prevenzione sul territorio promuove una rete di famiglie, associazioni, agenzie educative impegnata nella promozione del bene comune. Registriamo, purtroppo la difficoltà di intercettare i giovani. Si rivolgono ai servizi persone con età media di 45 anni e in prevalenza sono uomini. L’accesso ai servizi avviene, perciò, in età già adulta e con un disturbo cronicizzato. I servizi non riescono ad agganciare una fascia di popolazione che può essere definita critica per il livello di consumo. Se presa in carico precocemente essa avrebbe maggiori possibilità di esito positivo». Lo ha spiegato Antonella Muscatello, responsabile terapeutica Cereso e referente Aicat Reggio Calabria.

L’Asp

«La sfida che sentiamo come prioritaria in tema di abuso di alcol è quella legata ai giovani che non arrivano ad accedere ai nostri servizi. Per gli adulti esiste una realtà strutturata che necessita di integrazione e di un approccio capace di abbracciare tutti gli attori coinvolti, anche sociali e non solo sanitari. Tuttavia restano fuori i giovani. Intervenire su di loro equivale a prevenire il consumo problematico di alcol e le altre forme di dipendenza.

Per questo motivo stiamo pensando di attivare gli ambulatori di transizione. I giovani devono sentirsi accolti in un’età delicata che impone degli interventi declinati in modo specifico. Dobbiamo dunque attenzionare la fascia adolescenziale e creare dei percorsi diagnostici e sanitari integrati». Lo ha spiegato la direttrice del dipartimento Salute Mentale e Dipendenze dell’asp di Reggio Calabria, Anna Bagalà.

La società nazionale Alcologica in Calabria

«In Calabria abbiamo circa 1300 persone con disturbi da uso di alcol che afferiscono ai nostri servizi. Sono solo quelli noti. L’abuso di alcol è un fenomeno assolutamente trasversale, grave e spesso accompagnato come da droghe, farmaci, gioco d’azzardo. In Italia l’approccio all’alcol è precoce. Riguarda persino undicenni, un primato europeo, che poi non si fermano all’alcol che di per sé è già tossico.

Il confronto è necessario per attuare un’autentica integrazione dei servizi efficace per intervenire su di essi. Credo che questa tavola rotonda sia un esempio di integrazione di servizi sociosanitari. È chiaro infatti che i servizi pubblici da soli non riescono a dare le risposte necessarie. La questione deve essere affrontata anche e soprattutto in termini culturali e di prevenzione.

In questa ottica l’esperienza dei Club alcolisti territoriali, che in Veneto per esempio sono 400, darebbe un contributo importante. Si tratta di gruppi familiari che affrontano la sfida insieme al congiunto e agli altri. Una sfida per incidere anche sulla rete relazionale. Un’esperienza che in Calabria necessita di essere rilanciata.

Questo corso di formazione ha fatto già tappa a Cosenza e proseguiremo ancora. Il fine è quello di rivitalizzare anche in Calabria, dove c’è senz’altro bisogno, la pratica dei Club Alcologici territoriali da intendere come una risorsa». Lo ha sottolineato la presidente della società italiana di Alcologia per la Calabria e referente Aicat per la nostra regione, Maria Francesca Amendola.

L’Aicat

«L’alcol è una droga e non è un alimento, è una sostanza psicotropa ed è tossico e cancerogeno. Bisogna dare il giusto come alle cose. Con questa consapevolezza la cittadinanza scelga che stile di vita adottare. Strumento, secondo noi, fondamentale è la sensibilizzazione attraverso le comunità multifamiliari composte da 12 nuclei. Lì avviene uno scambio di esperienze e testimonianze che favorisce la promozione del benessere integrale, ossia fisico, spirituale e relazionale», direttore del corso di sensibilizzazione, Valentino Patussi, medico e formatore Aicat, proveniente dalla Toscana.

La Caritas Reggio Calabria

«Il nostro impegno quotidiano è quello di “essere prossimo” per le persone più fragili e vulnerabili. Un impegno che mettiamo in pratica nel solco di quella che definiamo la pedagogia dei fatti in cui la comunità è sempre al centro e l’ascolto è lo strumento prediletto. Tutto vive e si compie nell’ottica della prossimità e della relazione, sicché le persone possano essere accompagnate dall’ascolto all’individuazione del bisogno e all’esercizio del diritto. Non sono percorsi privilegiati ma percorsi di accompagnamento, essenza dell’azione di prossimità che ci contraddistingue», ha spiegato la direttrice Caritas Arcidiocesi Reggio Calabria – Bova, Maria Angela Ambrogio.

Il Terzo Settore

«Questa è la stagione della programmazione su più fronti dal piano servizi sociali regionale dai quali dipenderanno i piani di zona, al piano della salute mentale e non solo. Premettendo il tradimento perpetrato negli ultimi 50 anni della legge Basaglia, dell’intuizione profetica dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale e della centralità della persona e non della diagnosi di cui è portatrice.

Senza questo cambio di passo ancora da compiere, e questo può essere il frangente per farlo, l’approccio alla salute resterà legato al meccanismo delle prestazioni e delle categorie. Ciò genera un sistema disgregato in cui la salute e l’educazione saranno sacrificate e in cui tali voci saranno solo spese, da tagliare e su cui risparmiare, invece di investimenti necessari per innescare il cambiamento», ha spiegato il portavoce Forum Terzo Settore Calabria, Luciano Squillaci.

Comunità competente

«Dobbiamo costruire percorsi assistenziali con equipe disciplinari, in cui diverse competenze siano impegnate nella presa in carico della persona con un approccio complessivo, l’unico possibile per tutelare la salute della comunità. Dobbiamo organizzarci per costruire questi percorsi, consapevoli che il pubblico deve programmare e il privato deve collaborare e dare un contributo. Questo garantirà la salute pubblica.

L’alternativa è che il privato prenda il sopravvento e che il sistema garantisca l’accesso alle cure solo a chi potrà permetterselo. Essenziali l’integrazione dei servizi e delle reti formali e informali». Lo ha sottolineato il portavoce di Comunità Competente, Rubens Curia.

La Regione Calabria

«Abbiamo il dovere di accompagnare la persona nel conseguimento di un benessere che sia complessivo, come l’Oms ci indica. Dobbiamo intervenire quindi sulla povertà educativa che mina la crescita e alla formazione di adulti in salute, esponendoli anche a problemi di consumo di alcol. La Regione lo sta facendo anche con il recente finanziamento del progetto di pilota a supporto di chi abbia disturbi dell’apprendimento, quindi più vulnerabili.

La scuola è essenziale ma non solo. Per la prima volta abbiamo dato seguito all’attuazione della legge 328 del 2000 che prevedeva una programmazione integrata tra il sanitario e il sociale istituendo, con il decreto del commissario straordinario della sanità Roberto Occhiuto dello scorso marzo, il tavolo sociosanitario per leggere bisogni dei territori rimasti a lungo sommersi.

Ciò è dimostrato dai 300 milioni di euro non spesi e che abbiamo rischiato di perdere, in un territorio in cui i diritti sono stati dunque negati proprio ai più fragili. A determinare il corto circuito criticità legate al mancato dialogo tra distretti e ambiti, e difficoltà sono state registrate per l’attivazione delle Porte Uniche di accesso e delle Unità di valutazione Multidisciplinari, strumenti essenziali per il riconoscimento del diritto alla Salute. Si è perso tempo e a pagarne le conseguenze sono state proprio le persone più fragili. Stiamo lavorando per recuperare». Così la vicepresidente con delega all’Istruzione della Regione Calabria, Giuseppina Princi.

Il metodo Hudolin

Negli anni ’50 Hudolin introdusse i principi della terapia familiare sistemica e, successivamente, la filosofia e le metodologie della comunità terapeutica così come elaborata in Gran Bretagna dallo psichiatra Maxwell Jones, favorendo un processo di deistituzionalizzazione della cura dell’alcolismo e approdando negli anni Sessanta alla sperimentazione di gruppi terapeutici non ospedalizzati ma integrato nel tessuto sociale, per gli alcolisti e le loro famiglie. Ne deriva il cosiddetto approccio ecologico-sociale, caratterizzato dalla promozione e dalla diffusione dei Club Alcologici Territoriali. Si tratta un’esperienza di lavoro territoriale che, favorendo la partecipazione dei cittadini, contribuisce alla promozione della salute e al miglioramento della qualità della vita della comunità.

La responsabilizzazione della comunità, dunque, non punta a sminuire il ruolo delle istituzioni ma a delineare un nuovo approccio al fenomeno, potenziando la prevenzione del fenomeno e, dunque, la tutela della salute pubblica.

Il corso di formazione

Il corso di sensibilizzazione all’approccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati e complessi (metodologia hudolin), promosso dal Cereso OdV unitamente a Comune, Centro Servizi al Volontariato, a forum del Terzo Settore, ad Anpe e Aicat, associazione Club Alcologici territoriali, ha ideato, è rivolto a operatori socio-sanitari, educatori, volontari, insegnanti e chiunque voglia approfondire l’argomento. Gli obiettivi generali del percorso attengono alla sperimentazione di alcuni strumenti semplici, standardizzati e validati a livello internazionali per prevenire e/o identificare precocemente i problemi alcolcorrelati ed intervenire in maniera efficace.

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