Reggio, la storia di Davide diventa un libro: da vittima del pregiudizio a promotore di speranza – VIDEO

«Una nuova tappa del percorso di prevenzione e contrasto delle discriminazioni nell’ambito del percorso Vittime del pregiudizio. Le interlocuzioni con associazioni come Arcigay e Agedo avevano portato alla luce la necessità di un intervento in termini di contrasto alla discriminazione. In linea con questa necessità l’odierna testimonianza di Davide Sgrò che con il giornalista reggino Domenico Latino ha raccontato la sua storia di sofferenza ma anche di riscatto nel libro intervista “Volevo essere la barbie – Storia di Davide e ordinarie omofobie”». Così apre l’incontro svoltosi presso la sala Federica Monteleone di palazzo Campanella, sede del Consiglio regionale a Reggio Calabria, la garante regionale per la Salute, Anna Maria Stanganelli.

La lettura di alcuni brani del libro, a cura della stessa garante con l’accompagnamento musicale del maestro Antonio Barresi alla chitarra, hanno scandito l’incontro unitamente agli interventi del massmediologo Klaus Davi, del procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Reggio Calabria, Roberto Di Palma, del promotore del progetto Civitas e già presidente della Corte d’appello di Reggio Luciano Gerardis, dello scrittore e giornalista, Arcangelo Badolati, della presidente nazionale Arcigay, Natascia Maesi, dell’editore di Officine Editoriali da Cleto Marco Marchese, dell’attivista e protagonista del libro Davide Sgrò e del giornalista e autore del volume, Domenico Latino. Invitati ma impossibilitati a essere presenti, il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà e la senatrice reggina Tilde Minasi.

Il tema del pregiudizio verso le persone omosessuali anche e soprattutto sui nostri territori e parte di un cammino di rivoluzione che investe i diritti civili e le libertà essenziali di ogni società. Alle nostre latitudini l’analisi del tema non può prescindere dalla consapevolezza che tale pregiudizio resiste in modo pervicace specie all’interno dei contesti di Ndrangheta. La storia di Ferdinando Caristena, un commerciante ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1990 per un presunto legame con un uomo che apparteneva a un clan mafioso ne è traccia evidente. Klaus Davi fu promotore nel 2016 dell’intitolazione alla sua memoria di una via, la prima in Italia dedicata a una vittima di omofobia, a Gioia Tauro. Presenti all’incontro odierno l’allora sindaco di Gioia Tauro, Giuseppa Pedà.

L’omosessualità e la ‘ndrangheta

«La Calabria e il Sud continuano a seminare libertà e speranza, dando segnali importanti a tutto il Paese. I due presidenti di Regione Nichi Vendola e Rosario Crocetta sono stati eletti al Sud come persone e al di là di ogni pregiudizio. A Reggio da un decennio ha luogo il Pride e nel frattempo un altro segnale significativo. Il percorso di intitolazione della strada alla memoria di Ferdinando Caristena fu possibile anche grazie alla presenza forte e motivata dello Stato, della prefettura e dell’amministrazione comunale. La Calabria, prima vittima di pregiudizi culturali fortissimi, offre dunque importanti segnali di speranza. Tra questi segnali anche il libro e la storia di Davide Sgrò. Un racconto di sofferenza e discriminazione, segna l’urgenza di una prospettiva nuova. Per quanto quest’ultima incontri resistenze granitiche nei contesti mafiosi, dove l’omosessualità è un tabù ma è anche molto diffusa pur se latente e nascosta, essa deve farsi strada, come già sta facendo nelle istituzioni e nella società civile. Questo libro deve essere diffuso nelle scuole», ha sottolineato il massmediologo Klaus Davi.

Un impegno collettivo

«Il pregiudizio era forte ora come allora in un contesto quale quello della ‘ndrangheta? impregnato sin nella sua etimologia di machismo. Ma questo non deve scalfire il nostro impegno verso la prospettiva di una società sempre più libera anche dai pregiudizi. Sono certo che a poco a poco sapremo bonificare ciò che va sanato, ognuno con le proprie competenze. Il libro di Domenico Latino e Davide Sgrò credo sia prezioso in questa prospettiva perché spontaneo. Mi sono ritrovato in alcuni pensieri che si tendono a nascondere e che però ci sono. Si tratta di un impegno che ci accomuna come collettività». Così il procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Reggio Calabria, Roberto Di Palma.

Un tema nascosto e l’audacia della cultura

«Sveliamo il grande inganno che nessun letterato dell’antichità ha portato mai alla luce: Patroclo e Achille erano amanti nel senso più alto del termine. Un inganno che ancora oggi resiste nell’associazione criminale della ‘ndrangheta che nasconde l’amore o lo strumentalizza. Ma non solo lì. La storia di Ferdinando Caristena è certamente emblematica. Un inganno che purtroppo si perpetua anche nella cultura e nella interpretazione della fede cattolica. E lo dico da credente. L’omosessualità è ancora un tema nascosto che va portato alla luce con audacia culturale come fece Oscar Wilde. Dunque questo volume di Domenico Latino è un prezioso strumento di promozione di una nuova e necessaria mentalità che certamente, da calabresi, figli di una terra straordinaria, meriteremmo di maturare». Così lo scrittore e giornalista Arcangelo Badolati.

Nessuno si senta e sia lasciato solo

«Della storia di Davide Sgrò mi ha colpito la sua solitudine. Nessuno dovrebbe ritrovarsi isolato, perché nessuno dovrebbe subire la negazione di diritti fondamentali come quello alla propria personalità. Eppure accade e ciò chiama tutti in causa. Qui a Reggio abbiamo esperienze incoraggianti di inclusione e promozione dei diritti. Dunque il cambiamento è già in atto. È difficile ma certamente con i tempi necessari sarà conseguito. La lotta al pregiudizio è fenomeno che ci riguarda tutti e in modo profondo. La discriminazione viola un principio essenziale della nostra democrazia, l’articolo 3 della Costituzione, che riconosce l’uguaglianza formale e sostanziale tra le persone. Tra tutte le persone. La questione è, dunque, da porre nel contesto più ampio dei diritti fondamentali che non sono divisibili: sono di tutti o di nessuno. Importante è non restare chiusi nella propria solitudine, mettere insieme i diritti negati per capovolgere la situazione, affermarli con forza e da lì tracciare un nuovo percorso. Sono fiducioso». Così Luciano Gerardis, promotore del progetto Civitas ed ex presidente della Corte d’appello di Reggio.

Un cambiamento che parte dal margine

«Il margine come luogo di resistenza e possibilità non di privazione. In questa prospettiva noi non siamo delle vittime anche se siamo persone che hanno di fronte due scelte: nascondersi o dichiararsi, praticando con orgoglio l’attivismo. E le persone che lottano sono tante. Lottiamo per il nostro diritto alla felicità e all’amore. Ma non c’è lotta senza speranza. La speranza arriva dalle testimonianze come quella di Davide e anche dalla reazione che abbiamo registrato dopo la morte di Giulia Cecchettin. Finalmente la questione della violenza sulle donne si inquadra come fenomeno da contrastare intervenendo sulla violenza maschile e non sulla donna che “se l’è cercata”. Così il contrasto alla discriminazione e all’omofobia si pratica agendo su chi non rispetta la comunità lgbtqia+. Il pregiudizio è, infatti, negli occhi di chi guarda. Il cambio di narrazione e anche la cura delle parole che sono pietre diventano essenziali». Ha commentato ancora la prima donna presidente Nazionale Arcigay, Natascia Maesi.

La diversità e la discriminazione

«A proposito di parole, visto che lavoro con le parole, credo che dovremo abolire la parola diversità, frutto del binarismo di genere e di ciò che non rientra in esso. Io parlerei anche di eteroaffettività, sempre a proposito di parole e narrazione. Il termine diversità, infatti, indica qualcosa di altro rispetto a uno standard legittimato da chi? Per quanto ritenuto positivo, secondo me è un termine il cui ragionamento sottostante è discriminatorio. Le parole sono importanti in questo cammino di libertà dal pregiudizio che in questo paese è ancora lungo. Anche per questo sono particolarmente orgoglioso di avere pubblicato questo libro». Così l’editore di Officine Editoriali da Cleto Marco Marchese.

La testimonianza

«È un onore per me essere qui oggi a parlare in un contesto istituzionale. Specie alla luce del fatto che, per i tempi lunghi della giustizia, ho dovuto lasciare la Calabria. La mia storia è di sofferenza ma credo e crederò sempre che l’amore sia la forza più bella. Proprio per questo, certe parole che hanno offeso e offendono il mio sentire continuano a ferirmi profondamente. Cicatrici che mi porto dietro e che ancora mi fanno male. Sono stato deriso, insultato e picchiato e ancora attendo giustizia. Mi sono dovuto allontanare. Adesso vivo in Campania. Ho dovuto lasciare la Calabria, dopo avere subito l’ennesimo affronto con la macchina imbrattata di scritte offensive. Mi sono allontanato ma ancora sento il peso di quello che ho subito e combatto contro la depressione.

Non è stato facile per me raccontare la mia storia ma oggi sono orgoglioso di averlo fatto con Domenico Latino, diventato un mio grande amico. Spero che i giovani non debbano mai più avere paura di essere sé stessi e di essere liberi. Mi batto come persona e come attivista per dare il mio contributo a cambiare le cose. Spero, in questa ottica, che questa mia storia possa essere raccontata anche nelle scuole». Questa la testimonianza commossa resa da Davide Sgrò.

I pregiudizi da riconoscere

«In sei incontri mi si è aperto un mondo. Forse questa esperienza ha aiutato più me che Davide. Certamente io ho affrontato i miei pregiudizi. Ammetto che non sapevo da dove cominciare ma oggi Davide è diventato un grande amico. Purtroppo ancora si parla di omofobia e ciò deve fare riflettere.
“Volevo essere la Barbie, storia di Davide e ordinarie omofobie” vuole essere un contributo a superare il disagio di parlarne ma soprattutto ad analizzare le cause che ancora la generano. Pregiudizi che io per primo ho guardato in faccia, mettendomi in discussione e crescendo, mentre ascoltavo e mentre scrivevo», ha concluso il giornalista Domenico Latino, autore del libro.

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