venerdì,Aprile 26 2024

Tragedia di Ravanusa: «Serve riflettere sulla questione dei servizi a rete»

Sicurezza, risparmio e innovazione, Curatola: «Si sottovaluta troppo spesso il problema della carente manutenzione del sottosuolo urbano»

Tragedia di Ravanusa: «Serve riflettere sulla questione dei servizi a rete»

Riceviamo e pubblichiamo:

La recente tragedia di Ravanusa riaccende i riflettori sulla questione dei servizi a rete, oltre che sul troppo spesso sottovalutato problema della manutenzione carente del sottosuolo urbano. Eppure i servizi a rete sono per le città ed i paesi, quello che i sistemi circolatori sono per gli umani: un apparato complesso che apporta, scarica e depura linfa vitale per la città e i suoi abitanti.

Parlo di servizi come l’acqua, la fognatura, il gas naturale, l’energia elettrica, la rete telefonica e la fibra ottica, l’illuminazione pubblica; reti, “grids”, fasci di tubi e cavidotti vitali per la città ma di cui normalmente non abbiamo contezza. Il perché è semplice: la maggior parte collocati nel sottosuolo.

Ce ne accorgiamo dai “segni” visibili in superficie, conseguenza, molto spesso, di una discutibile esecuzione di lavori di installazione e manutenzione.

Decine di chilometri di reti, spesso realizzate nei decenni, a volte nei secoli, con tecnologie costruttive diverse, materiali diversi, a diversa quota, coesistono per garantire ciò che per chi sta in superficie è apparentemente ovvio: far defluire l’acqua aprendo il rubinetto o tirando lo sciacquone, consentire l’accensione di una lampadina o di un fornello da cucina, navigare su internet, ecc…

Insomma sotto un’epidermide d’asfalto, pulsa questa parte di città. Una parte importante ma spesso sfruttata e dimenticata.

È urgente invece occuparsene, compiere una riflessione critica sulla mancanza di una pianificazione ipogea e gettare le basi per un nuovo e più razionale uso del sottosuolo, avendone cura ed affrontando le evidenti problematiche tecniche che non sempre è stato possibile affrontare perché si è preferito, letteralmente, spazzare la polvere sotto il tappeto.

In primis è necessario avere un quadro chiaro ed informazioni dettagliate e qualitativamente soddisfacenti sul numero e la tipologia di servizi presenti nel sottosuolo.

Parallelamente urge un’indagine sulle caratteristiche geomorfologiche del sottosuolo stesso, ricordando che gli strati superficiali sono, molto spesso e specie nel centro storico, il frutto degli sconvolgimenti causati dai sismi nel corso dei secoli e delle successive ricostruzioni.

Questa fase è una precondizione necessaria a qualsiasi ipotesi di riorganizzazione dei servizi a rete in infrastrutture tecnologiche sotterranee che possano accogliere, nel loro insieme od in parte, le reti.

È evidente che oltre alla volontà occorreranno ingenti risorse per portare a compimento una serie di progetti innovativi ad alta concentrazione di tecnologie. Io Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede, tra le sue linee di intervento, l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi e dei sottoservizi nei centri urbani. Questa azione sarebbe attivabile con i progetti sulle infrastrutture e la mobilità, sulla rigenerazione urbana, sull’innovazione digitale, sulle comunità energetiche. Insomma, se si volesse intervenire, se questo “problema” fosse percepito come una cosa seria, gli ambiti di intervento sarebbero molteplici.

Inoltre va considerato che interventi qualificanti sul sottosuolo, innalzerebbero la capacità gestionale della città e, conseguentemente, la qualità della vita.

Basti pensare alla riduzione dei costi, anche sociali, che si avrebbe eliminando le continue manomissioni delle strade a causa del mancato coordinamento degli interventi.

Oppure alla garanzia che si avrebbe nella regolarità e nella continuità dell’erogazione dei servizi, avendo l’opportunità di individuare subito eventuali guasti gelolocalizzati.

E pensiamo ai benefici che si avrebbero in termini di riduzione dell’inquinamento del sottosuolo e dei corpi idrici, oltre che dalla tutela e possibile valorizzazione dei ritrovamenti archeologici.

Concretamente, bisognerebbe puntare alla gestione del sottosuolo stradale mediante uno strumento parallelo alla pianificazione di superficie. Una sorta di addendum al Piano Generale del Traffico Urbano e, più in generale al Piano Strutturale Comunale.

Non ci sono solo le reti, nel sottosuolo. Potrebbero, anzi, sono in previsione, sorgere parcheggi ed autorimesse sotterranei, punti di stoccaggio merci ed altre attività che non trovano più spazio al di sopra delle strade.

Comprendo bene che parlare di strumenti urbanistici specialistici in una Regione in cui su 404 Comuni, nemmeno il 10% è dotato di un Piano Strutturale Comunale, può sembrare utopistico, quasi pleonastico. Ma l’attualità ci sbatte in faccia la realtà: il sottosuolo ed i servizi che accoglie non possono essere trattati come abbiamo fatto fino ad oggi e continuiamo a fare. Ravanusa, come detto, ne è purtroppo l’ultimo tragico esempio.

Federico Curatola, architetto urbanista

Presidente Centro Studi Enrico Costa

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