Il ricordo dell’avvocato Floccari: «Ciccio, il tuo sguardo parlava più di qualsiasi parola. Ora vola libero come un’aquila»

Riceviamo e pubblichiamo da l’avvocato Francesco Calabrese

Eccomi qua, caro Ciccio, sto cercando di scrivere un ricordo da ore, ma ogni volta che mi accingo a farlo smetto subito perché il dolore mi sommerge. Eppure devo, lo meriti.È difficile che io ricordi quando ho conosciuto un collega; eppure di te mi ricordo! Ricordo la discussione di un processo innanzi al tribunale per i minorenni, decenni or sono. Tu discutesti per ultimo, timido e titubante, ma mi colpisti dal primo momento: intelligenza, acume e soprattutto riflessione, segno di una sensibilità fuori dal comune. Anche se non te lo ho mai detto, è questo che apprezzavo più di tutto di te: la tua straordinaria sensibilità, giuridica, culturale ma soprattutto umana. Il tuo bellissimo sorriso ne era la più nitida dimostrazione: riuscivi a dire con una espressione quello che in realtà avresti dovuto dire con mille parole. Ed io ti comprendevo al volo. Ricordo quando ti chiesi di intraprendere insieme a me quella bellissima avventura nella camera penale: entrasti nella stanza restio e scettico e ne uscisti pienamente coinvolto, anzi entusiasta. Bastarono poche parole e capimmo subito entrambi che ne valeva la pena!

E così fu per tutto il tempo in cui affrontammo questa bellissima avventura. Nacque una simbiosi ed una empatia che neppure negli ultimi tempi si è mai interrotta. Ricordo come se fosse adesso le nostre riunioni di direttivo. Noi a discutere e litigare anche per ore e tu silente a disegnare figure geometriche senza senso su fogli di carta (ricordi che ti dicevo che un giorno ti avrei computato i costi dei fogli che mi consumavi?).Poi, quando la discussione volgeva al termine, chiedevi di poter parlare. E quello che dicevi era l’espressione della tua sensibilità, del tuo acume e della tua riflessione. È questo che ho sempre ammirato in te. E credimi, erano doti fuori dal comune. Anche negli ultimi tempi, quando compresi che c’era qualcosa che non andava, provai più volte a farti capire che c’ero e che potevi contare su di me. Con uno sguardo mi facesti comprendere che non volevi che varcassi quella soglia.

E così ho fatto! Sono rimasto sempre lì ad aspettare, pensando che se avessi avuto bisogno avresti fatto un cenno. Ma non è accaduto. Ci sono dei momenti in cui mi rimprovero di non avere insistito. Ma poi mi rendo conto che con quello sguardo mi avevi espresso tutto un mondo. E che era quello che volevi che facessi. Riposa in pace, Ciccio. Vola via come un’aquila che, libera e fiera, stende le ali al vento, perché è sempre così che ti ho visto. Lì dove sei non sentirai più i patimenti di questa terra. A noi tutti, da oggi, mancherà qualcosa.

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