‘Ndrangheta, estorsione a noti imprenditori: arrestati cinque esponenti della cosca De Stefano

Estorsioni ai danni di affermati imprenditori della città di Reggio Calabria. È questa l’accusa formulata nei confronti di cinque presunti appartenenti alla cosca De Stefano, arrestati questa mattina dalla Polizia di Stato che ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale direzione distrettuale antimafia retta da Giovanni Bombardieri.

Si tratta di elementi di vertice, affiliati e soggetti contigui alla potente cosca di ‘Ndrangheta dei De Stefano, operante nella città di Reggio Calabria, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione in danno di affermati imprenditori, aggravate dal metodo e dall’agevolazione mafiosa. Gli investigatori della Squadra Mobile, coadiuvati dagli equipaggi dell’Ufficio Volanti della Questura di Reggio Calabria, stanno eseguendo anche perquisizioni domiciliari a carico degli indagati.

Estorsione per i lavori sul Corso e in piazza Duomo

“Nuovo Corso” è il nome che gli investigatori della Polizia di Stato hanno dato all’operazione nell’ambito della quale, dalle prime ore di questa mattina, nella città di Reggio Calabria sono stati eseguiti arresti e perquisizioni nei confronti di elementi di vertice, affiliati e soggetti contigui alla storica cosca della ‘ndrangheta De Stefano.  Le indagini hanno documentato l’operatività della cosca nel settore delle estorsioni in danno di imprenditori aggiudicatari di gare d’appalto per la realizzazione di opere pubbliche.

L’inchiesta ha portato alla luce gravi vicende estorsive poste in essere in danno di un noto imprenditore reggino e di un suo consociato in A.T.I. di altra provincia calabrese, aggiudicatari degli appalti pubblici per il rifacimento del Corso Garibaldi e – il solo imprenditore locale – di Piazza Duomo di Reggio Calabria.

I dettagli dell’operazione

C’è anche il boss del quartiere Archi di Reggio Calabria Paolo Rosario De Stefano tra gli arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Nuovo Corso”. Il figlio del defunto Giovanni De Stefano, infatti, è uno dei destinatari dell’ordinanza di custodia in carcere emessa dal gip Tommasina Cotroneo su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda reggina Stefano Musolino e Walter Ignazitto.

La squadra mobile di Reggio Calabria ha arrestato anche Andrea Giungo, Domenico Morabito, Paolo Caponera e Domenico Musolino. Stando all’inchiesta, tra il 2015 e il 2018, l’imprenditore reggino Francesco Siclari avrebbe pagato “a titolo di pizzo”, e in più tranche, la somma di 80mila euro, corrispondente al 2% del valore dei lavori di ristrutturazione del centralissimo corso Garibaldi. L’estorsione ha visto come vittima anche l’imprenditore di Cirò Marina (Crotone) Antonio Porta che, con Siclari, era componente dell’Ati che si era aggiudicata l’appalto. Siclari, inoltre, avrebbe subito una seconda estorsione per i lavori di riqualificazione di Piazza Duomo.

Tutte e due le richieste di pizzo sarebbero state avanzate da Andrea Giungo che, assieme a Domenico Morabito, è accusato anche di associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo i pm, infatti, sarebbe stato Andrea Giungo il soggetto del clan di Archi che ha accompagnato Siclari al cospetto del boss Paolo Rosario De Stefano. Gli indagati, in sostanza, rivendicavano quello che i pm descrivono come “il diritto di autorizzare l’esecuzione dei lavori edili nella zona controllata dal loro sodalizio mafioso”. In caso di mancato accoglimento della richiesta estorsiva, inoltre, gli arrestati avrebbero prospettato “azioni ritorsive”.

In sostanza, per i De Stefano, l’imprenditore aveva la “necessità di ‘protezione’ anche in ragione dei danneggiamenti e dei furti perpetrati nei cantieri”. “Ti sei aggiudicato i lavori del Corso Garibaldi eventualmente vedi che noi se viene qualcuno a trovarti di altre famiglie eventualmente gli dici che hai parlato con noi”: stando alle dichiarazioni della vittima, sarebbe stata questa la frase che Andrea Giungo avrebbe detto a Siclari. Una richiesta di pizzo, inoltre, sarebbe stata avanzata addirittura all’interno della cattedrale: “Lo incrocio vicino al Duomo – racconta Siclari ai pm – e mi dice di entrare dentro la chiesa, la cattedrale. Con questo con sta motocicletta mi affiancano sulla via San Francesco Da Paola e mi dicono di fermarmi e mi fa segno che devo entrare dentro la cosa … entriamo dentro la cattedrale, ci sediamo in un banco, io terrorizzato perché ho … cominciavo a capire la pericolosità del soggetto”.

Oltre alla collaborazione dell’imprenditore, l’impianto accusatorio poggia le sue basi sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio De Carlo. Nell’ordinanza il gip parla di “morsa asfissiante nella quale rimangono vittime gli operatori imprenditoriali del territorio governato da cosche di ndrangheta potenti, storiche e terribili come la cosca De Stefano”. Oltre agli arrestati, nell’inchiesta sono indagati anche Paolo Morabito e Vincenzino Zappia, ritenuto il braccio destro del boss Giuseppe De Stefano.

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