venerdì,Aprile 26 2024

Primario di Dermatologia al Gom: concorso da rifare. Il giudice dà ragione alla Falcomatà

Accolto il ricorso di Valeria Falcomatà contro l'attuale primario. La procedura fu viziata da un'erronea attribuzione del punteggio. Ecco cosa succederà

Primario di Dermatologia al Gom: concorso da rifare. Il giudice dà ragione alla Falcomatà

La procedura di selezione interna per la nomina di Direttore dell’unità operativa complessa di Dermatologia e Venereologia del Gom è da rifare. Così ha deciso il giudice del lavoro, Antonio Salvati, pronunciandosi sul ricorso presentato dalla dottoressa Valeria Falcomatà, contro la nomina del direttore Giovanna Malara.

Non è “quel” concorso…

Va detto subito, al fine di sgombrare il campo da possibile confusione, che non si tratta dell’ormai “famigerato” concorso da dirigente di primo livello, finito agli onori delle cronache per l’inchiesta giudiziaria, poi sfociata in processo, nei confronti di Valeria Falcomatà e del marito Demetrio Naccari Carlizzi. Tale processo, infatti, si trova adesso in attesa di vedere celebrato il grado d’appello, a seguito della sentenza che aveva condannato Naccari Carlizzi a 3 anni di reclusione, mentre Valeria Falcomatà, sorella del sindaco di Reggio, ne era uscita con una prescrizione del reato ascritto. Vicenda, questa, che i legali dell’ex assessore regionale sono convinti di poter definitivamente chiarire nel grado d’Appello. Da rimarcare come, per tale vicenda, la posizione dei componenti della commissione esaminatrice fu archiviata su richiesta della stessa Procura, che non ravvisò irregolarità nello svolgimento delle prove sostenute e nella conseguente assunzione della Falcomatà.

Il bando e le irregolarità

La questione concerne, invece, una procedura concorsuale diversa per l’individuazione del primario del reparto di Dermatologia, con un incarico della durata di cinque anni. All’esito di tale selezione, il primario individuato è stato Giovanna Malara.

Risultato contestato da Valeria Falcomatà, la quale, nel suo ricorso al giudice del lavoro, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Mazzotta, lamentava innanzitutto i criteri di valutazione individuati dalla commissione.

Si è fatto notare intatti, infatti, che i commissari, in violazione di quanto previsto dalla legge, avrebbero tenuto conto della generica anzianità di servizio nel S. S. N., conferendo a tale profilo un valore preponderante rispetto agli altri; è stato poi contestato, fra gli altri punti, il non aver preso in considerazione la tipologia qualitativa e quantitativa delle prestazioni rese (c. d. casistica), con riferimento alla complessità della struttura da attribuire; ancora: la mancata attestazione da parte della Malara della casistica di cui trattasi; l’aver impedito di assistere al colloqui orale degli altri candidati; l’essere stati predisposti dei quesiti del tutto avulsi dai bisogni e dalle necessità della struttura. L’elenco continuerebbe ancora a lungo, ma diventa superfluo citare tutti i motivi addotti dall’avvocato Mazzotta, in quanto, in ossequio al principio della cd. “ragione più liquida”, che consente di decidere una causa sulla base di una sola questione ritenuta dirimente, gli altri motivi sono stati di fatto assorbiti e neppure trattati nel merito.

Il Tribunale, dunque, ha ritenuto fondato nel merito il motivo di doglianza della dottoressa Falcomatà, quanto all’erronea valutazione dell’anzianità di servizio, ravvisando una violazione in danno della stessa. Dall’esame della normativa di riferimento, il giudice ne trae una conclusione chiara: «Nessun riferimento viene effettuato alla semplice anzianità di servizio nel S. S. N.» in quanto «la valutazione del curriculum dev’essere effettuata in modo il più possibile coerente con le “specificità proprie del posto da ricoprire”».

Ecco perché una semplice e generica anzianità di servizio «non corredata da profili operativi, scientifici o di formazione – ricevuta o impartita – «non può essere considerata come valido criterio valutativo».

Ma cosa ha fatto la commissione? Stando alla decisione del giudice «ha individuato in modo del tutto incongruo proprio il requisito dell’anzianità di servizio tout court quale criterio valutativo preponderante con riferimento al curriculum».

Tralasciando, per brevità, i calcoli effettuati dal giudice, c’è da rimarcare come un punteggio correttamente assegnato avrebbe portato ad invertire le posizioni in graduatoria tra le due concorrenti, portando Falcomatà al primo posto in graduatoria.

Perché è necessario un nuovo concorso

Il giudice si sofferma minuziosamente anche sulla tutela da accordare a Falcomatà. E se è vero che, a più riprese, la Corte di Cassazione ha affermato che nella procedura per il conferimento dell’incarico di dirigente di secondo livello del ruolo sanitario la commissione ha solo il compito di predisporre un elenco di candidati idonei da sottoporre al direttore generale che avrà poi l’ultima parola sulla scelta, è altrettanto vero che tale quadro interpretativo, a giudizio del giudice, non debba ritenersi operante nel caso riguardante la procedura bandita dal Gom.

La ragione è presto detta: l’operato della commissione «non ha solo determinato una compromissione di una situazione giuridica soggettiva riferibile alla Falcomatà, ma ha finito con il fornire dati erronei alla Direzione generale in vista della valutazione finale».

Ed a poco vale che quella scelta sia discrezionale. La stessa non può infatti non tenere conto dei dati emergenti dall’operato della commissione. E, dunque, se tali dati risultano erronei, anche la valutazione successiva del dg ne risulterà viziata.

Il giudice, dunque, pur non riconoscendo alla Falcomatà alcun risarcimento quanto al richiesto danno da perdita di chance, ha ordinato al Gom la ripetizione della procedura valutativa interna relativa al conferimento dell’incarico di primario del reparto di Dermatologia.

Stante la provvisoria esecutività della sentenza civile di primo grado, dunque, il Gom dovrà al più presto ottemperare all’ordine del giudice, procedendo con una nuova selezione comparativa interna. Il tutto in attesa, ovviamente, di una probabile impugnazione della sentenza dinanzi alla Corte d’Appello.

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