venerdì,Aprile 26 2024

Rinascita Scott, gli 007 del Ros al maxiprocesso. Dagli uomini del boss ai presunti intrecci mafia-politica

Torna in aula il luogotenente Notaro: serrato confronto con le difese. Esordio per il capitano Lagumina: l’ufficiale che si occupò di Pietro Giamborino e Luigi Incarnato protagonista dell’esame del pm Anna Maria Frustaci

Rinascita Scott, gli 007 del Ros al maxiprocesso. Dagli uomini del boss ai presunti intrecci mafia-politica

«Avvocato, come glielo posso spiegare? Chi come noi un soggetto lo intercetta per mesi, quella voce la riconosce anche da un colpo di tosse». Il luogotenente Agostino Notaro è una delle storiche colonne del Ros di Catanzaro. Replica alle domande dell’avvocato Paride Scinica – codifensore di Luigi Mancuso, il principale imputato del maxiprocesso Rinascita Scott – all’epilogo della girandola dei controesami delle difese. L’investigatore del reparto d’élite dell’Arma risponde, nell’ordine, agli avvocati Guido Contestabile, Paride Scinica, Leopoldo Marchese e Franco Muzzopappa. Esame lineare, con qualche lieve schermaglia tra i difensori ed il pm Anna Maria Frustaci, a chiarimento di diversi dettagli forniti dal teste nel corso dell’esame operato nelle precedenti udienze da parte della Procura.

«Intercettazioni, gps, tutto…»

Le difese scandagliano alla ricerca di eventuali falle nell’impianto indiziario condensato nelle informative del Ros che rappresentano uno dei capisaldi dell’accusa al maxiprocesso. Si riannodano, in particolare, i fili della rete di protezione che i carabinieri hanno dipanato attorno allo stesso Mancuso. Le difese, attraverso le loro domande, lamentano la carenza di un adeguato riscontro, ad esempio, al pernottamento del superboss al ristorante il Cantuccio, quando nel dicembre del 2016 lo stesso risultava irreperibile. Il Ros lo vede uscire, lo ascolta nell’auto di Gaetano Molino, marito della nipote Silvana e tra gli uomini più fidati del Supremo, ma non lo vede entrare. Spiega, il luogotenente Notaro, che «va tutto considerato nel suo insieme, le intercettazioni, i servizi di osservazione, i gps, tutto…». Ed è, quindi, attraverso l’incrocio degli elementi acquisito attraverso questo insieme di strumenti che, monitorando tutti gli uomini del boss, il Ros è arrivato al boss.

Giamborino, Cuomo e Incarnato

Terminato il controesame del luogotenente Notaro, tocca ad un altro esponente di punta della polizia giudiziaria, ovvero il capitano Gianluca Lagumina, in servizio al Ros centrale, che si è occupato del filone investigativo che ha riguardato l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino, l’ex consigliere e assessore regionale, nonché già numero uno di Sorical Luigi Incarnato, e l’imprenditore lametino Pino Cuomo, patron della Gemes srl, azienda del settore della ristorazione.

«Cortesie» e voti

L’ufficiale – in sede di esame, operato dal pm Anna Maria Frustaci – ricorda come all’epoca dei fatti oggetto delle indagini, Incarnato fosse candidato alle elezioni politiche con il Partito democratico. Pietro Giamborino, pertanto, si sarebbe attivato per supportare la raccolta di voti dello stesso e avrebbe messo in contatto Incarnato con Cuomo («già accreditato presso la Prefettura di Cosenza»), che voleva avviare un centro per migranti a Paola, attraverso un avvicinamento «dell’allora sindaco Perrotta Roberto (non indagato, ndr)».

In sostanza, Cuomo avrebbe dovuto supportare Incarnato sia sostenendone economicamente la campagna elettorale, sia «assicurando un apporto di voti». Sarebbe stato – dice il teste – proprio Giamborino (che avrebbe messo in contatto l’imprenditore lametino «anche con Nicola Adamo», per diversi anni figura di primissimo piano della politica calabrese) a dare indicazioni «su come comportarsi con Incarnato». In effetti – in base alle indagini – il 28 febbraio 2018, Cuomo, Giamborino e Incarnato, assieme ad un quarto uomo non identificato, incontrarono il sindaco di Paola in Municipio. «Adamo e Cuomo, invece, si incontrano grazie a Giamborino ad Altilia Grimaldi», nell’aprile successivo. I dialoghi vengono monitorati, in strada, grazie al trojan inoculato sul cellulare di Giamborino, ma anche – dice il teste – attraverso riprese video e fotografiche. Dai dialoghi – specifica il capitano Lagumina – si apprende che sarebbe stato proprio Adamo ad indirizzare a suo tempo Giamborino e Cuomo da Incarnato.

L’imprenditore di Lamezia avrebbe avuto anche affari nel «Centro-Nord calabrese» e puntava quindi, dice l’ufficiale incalzato dal pm, ad uno «scambio di cortesie: egli avrebbe assicurato voti e sostegno economico alla campagna elettorale di Incarnato mentre Incarnato si sarebbe impegnato a risolvere la sua problematica su Paola», ovvero la concretizzazione del progetto di insediamento del centro per migranti.

Gli interessi sui migranti

Il capitano del Ros spiega anche come Giamborino emergesse – in particolare da una intercettazione tra i cugini Giuseppe Galati alias “Il Ragioniere”, figuradi primopiano del locale ’ndranghetista di Piscopio, e Giovanni Giamborino, tra gli uomini più vicini a Luigi Mancuso – come colui che avesse degli introiti grazie all’attività imprenditoriale che, nell’accoglienza dei migranti, svolgeva l’imprenditore Francesco Crudo assieme al figlio Antonio su Briatico. Gli stessi Crudo – evidenzia ancora l’inquirente – sarebbero poi entrati in contatto con Cuomo. Inoltre, sempre Pietro Giamborino, in quella fase, quindi tra il gennaio ed il marzo del 2018, quindi fino alle elezioni politiche, sarebbe stato «molto attivo nella ricerca di voti per il Partito democratico».

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