Processo Miramare, il legale di Falcomatà, Caiazza: «Sindaco sospeso per assegnazione mai avvenuta»

Di nuovo in aula per una nuova udienza del processo Miramare in Corte d’appello a Reggio Calabria. È prevista per oggi la sentenza.


La condanna in primo grado era stata inflitta dal Tribunale di Reggio che, nel novembre 2021, aveva condannato il sindaco Giuseppe Falcomatà a un anno e 4 mesi e a un anno gli assessori della prima giunta: Saverio Anghelone, Armando Neri, Rosanna Maria Nardi, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Agata Quattrone e Antonino Zimbalatti. Stessa sorte anche per il segretario comunale Giovanna Antonia Acquaviva, per la dirigente comunale del settore “Servizi alle imprese e sviluppo economico” Maria Luisa Spanò e per l’imprenditore Paolo Zagarella.


Il processo era nato dalle accuse di abuso d’ufficio e falso per presunte irregolarità nelle procedure di affidamento del Grande Hotel Miramare, assegnato a Paolo Zagarella e all’associazione “Il sottoscala”.

Dopo l’avvocato Marco Panella, l’ultimo a parlare è stato l’avvocato Gian Domenico Caiazza, del Foro di Roma, presidente delle Camere penali.

In sintesi per il legale «il sindaco Falcomatà si trova sospeso per una delibera mai eseguita» e per questo spiega «insisto per l’assoluzione del mio assistito».

«La delibera è a favore di una onlus. Se si parla di abuso dobbiamo parlare cosa l’atto stabilisce. Non c’è spazio per una interpretazione che sorpassi il dato formale. Ci si è soffermati sui profili di illegalità dell’atto. L’esito del processo dovrebbe propendere per l’insussistenza del fatto contestato come reato, persino se vi fossero vizi di legittimità dell’atto».

Debito di riconoscenza e delibera

L’avvocato esamina poi la consistenza del debito di riconoscenza presunto del sindaco verso Zagarella, per via della consegna dell’immobile e della delibera.

«Una delibera innocua – sostiene il legale – perché non è stata mai eseguita. L’esecuzione della delibera presuppone due atti formali: la stipula del contratto, che non c’è stato. E il verbale di consegna e del sopralluogo con valutazione dello stato dei luoghi nemmeno. Una delibera non eseguita come può riguardare il giudice penale?».

Caiazza si sofferma poi sulla «natura congetturale del fatto a partire dal debito. Si suppone che Zagarella, legale rappresentante della onlus, a titolo personale avrebbe messo a disposizione dei locali come segretaria politica di Falcomatà e da qui il debito costitutivo del conflitto d’interessi. Chi ci dice che Zagarella, ad esempio, non abbia messo a disposizione i locali per un debito precedente? Un debito di riconoscenza è un sentimento che dovrebbe essere supportato da elementi oggettivi di cui non c’è traccia».

Consegna dell’immobile

Riparte poi Caiazza: «La consegna dell’immobile sarebbe avvenuta attraverso la consegna della chiave al signor Zagarella perché facesse un sopralluogo. E come segno della natura pretestuosa ci sarebbe voluta la delibera, che però non c’è, come non c’è il verbale. Un atto formale cioè con la descrizione dello stato dei luoghi.


La mancanza di titoli a beneficio della concessione d’uso è un tema che prescinde da ogni dato formale. Che attività svolge la onlus: secondo lo statuto si tratta di attività che poteva svolgere. In base a quale congettura la onlus non avrebbe titolo?


La teoria della doppia ingiustizia impone che il beneficiario abbia titolo. Se il soggetto ha un titolo per esercitarlo il fatto non interessa il giudice penale».

Sottolinea il legale che si assiste a una «enfatizzazione di fatti laterali all’atto con l’intento di ricostruire una interpretazione diversa da quella che l’atto descrive. Ne è un esempio la proposta che fa riferimento al codice degli appalti. Da qui, il sindaco avrebbe fatto eliminare il riferimento, come se la proposta fosse il dato oggettivo sottraendosi al quale la delibera avrebbe potuto essere presentata. Magari la giunta avrebbe potuto potrebbe non avere condividere il riferimento al codice. Su questo non si può costringere la prova dell’illecito».

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