giovedì,Maggio 9 2024

Assalto a un furgone portavalori, i rapinatori agirono con modalità paramilitari – I NOMI DEGLI ARRESTATI

Nell'ambito dell'operazione "Terramala", sono finite in carcere sette persone

Assalto a un furgone portavalori, i rapinatori agirono con modalità paramilitari – I NOMI DEGLI ARRESTATI

Il 2 maggio 2019 avrebbero rapinato a colpi di kalashnikov un furgone portavalori sulla Strada provinciale 27 che dal Comune di Melicuccà porta a San Procopio. Dopo aver bloccato il blindato, sbarrando la strada con tronchi d’albero tagliati e riversi sull’asfalto, e averlo tamponato con una Fiat Uno rubata, armi in pugno si sono fatti consegnare 627.500 euro e la pistola di una delle due guardie giurate. Subito dopo sono fuggiti per le campagne circostanti.

Adesso, con l’operazione “Terramala”, i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, con il coordinamento del procuratore di Palmi Emanuele Crescenti, hanno arrestato 7 persone, in esecuzione di un’ordinanza del gip Barbara Borelli, accusate di diversi reati in materia di armi e ordigni esplosivi, lesioni personali aggravate, danneggiamento, furto, ricettazione e rapina. In carcere sono finiti Francesco Trefiletti di 31 anni di San Procopio, Giuseppe Oliveri (32), di Seminara, Carmine Alvaro (37) di San Procopio. Secondo le indagini, sono loro gli autori della rapina al portavalori della Sicurtransport commessa con modalità paramilitari «con almeno altre 4 persone rimaste non identificate». Arrestato anche Domenico Alvaro (34) di San Procopio. Sono finiti ai domiciliari Mostafà Giuseppe El Gharaff (27) di Seminara, Domenico Laurito (50), di Sinopoli e Benito Tavella (35), di San Giovanni di Mileto.

Dopo un’indagine fatta di intercettazioni, studio delle celle telefoniche e accertamenti patrimoniali, per la Procura di Palmi non ci sono dubbi che gli arrestati siano i componenti della banda. Nei giorni successivi alla rapina, alcuni indagati hanno acquistato auto sproporzionate al loro reddito. Gli arrestati sono accusati anche di altri reati funzionali e connessi alla realizzazione di rapine. Per i carabinieri, infatti, si tratta di soggetti dotati di particolare abilità criminale, capaci di condotte violente e spregiudicati nel conseguire i loro intenti. Alcuni erano già stati arrestati tra dicembre 2019 e febbraio 2021 per una tentata rapina all’ufficio postale di Rosali, nella periferia di Reggio, per la quale il principale indagato Francesco Trefiletti era riuscito a rendersi irreperibile fino al dicembre 2019.

Una banda criminale ben organizzata

A testimoniare la capacità organizzativa degli indagati e il loro intento criminale, il fatto che alcuni di essi siano già in stato di detenzione poiché tratti in arresto tra dicembre 2019 e febbraio 2021. Infatti, nel corso dell’indagine che ha portato all’ordinanza odierna, gli accertamenti posti in essere dai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, scaturiti da un tentativo di rapina ad un ufficio postale avvenuto a Rosalì, frazione del comune di Reggio Calabria ad ottobre del 2019, avevano permesso di disarticolare già parte del gruppo. Nella ricerca di quei colpevoli, corrispondenti in parte ai 7 indagati in questione, il presunto capo della banda era riuscito inizialmente a rendersi irreperibile, potendo contare sul supporto di altri membri, fino al dicembre 2019, quando è stato tratto in arresto. Le investigazioni, attraverso metodi tradizionali e attività tecnica, hanno permesso di delineare chiaramente i ruoli degli indagati all’interno del sodalizio che imperversava nella provincia di Reggio Calabria, appurando i diversi contributi dati da ciascuno al disegno criminale, pianificato e organizzato.

Nel corso dei vari accertamenti, i militari dell’Arma sono inoltre riusciti a reperire e sequestrare, oltre alla pistola della guardia giurata coinvolta nella rapina di maggio 2019, ritrovata con matricola punzonata, diverse armi, munizioni e sostanze stupefacenti, tra cui, un fucile cal. 12, una cartucciera da caccia, svariate munizioni di diverso calibro, 2 kg circa di sostanza stupefacente, presumibilmente marijuana, autovetture e macchinari agricoli rubati e verosimilmente utilizzati per la realizzazione del predetto disegno criminale. Sono emersi inoltre formule e riti riconducibili ad affiliazione ‘ndranghetista, trovati in possesso degli indagati, così come “pizzini” relativi a somme di denaro per un totale di circa 90.000 euro, corrispondenti, secondo l’ipotesi investigativa formulata, alla quota pro capite della spartizione del bottino dell’avvenuta rapina. Oltre a ciò, le acquisizioni documentali e gli accertamenti patrimoniali svolti, hanno consentito di documentare una sproporzionata disponibilità economica e di stile di vita dei soggetti coinvolti rispetto a redditi dichiarati.

Procuratore di Palmi: «Atto di guerra»

«Il lavoro dei carabinieri è stato eccezionale. La rapina è stata un vero e proprio atto di guerra perché si è sparato con i kalashnikov e solo la fortuna ha voluto che non ci sia stato spargimento di sangue. Non è escluso che ci sia stato qualcuno che ha dato delle dritte, però siamo a livello di possibilità». Così il procuratore di Palmi Emanuele Crescenti ha commentato, parlando con i giornalisti, l’operazione dei carabinieri che stamani ha portato all’arresto dei presunti autori di una rapina ad un furgone portavalori della ditta Sicurtransport effettuata nel 2019. Sulla possibilità che dietro la rapina ci possa essere la ‘ndrangheta, Crescenti ha sostenuto che «non abbiamo elementi che ci sia l’intervento della criminalità organizzata, altrimenti avremmo trasmesso gli atti alla Dda di Reggio Calabria. Certo non possiamo escluderlo e non ci sorprenderebbe».

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