venerdì,Maggio 3 2024

Strage di Cutro, la Rete Ignaziana scrive al Ministro: «Quali sono le regole per salvare delle vite»

I movimenti aprono una questione determinante «per il futuro del genere umano: non possiamo essere indifferenti a questa ennesima tragedia (annunciata)»

Strage di Cutro, la Rete Ignaziana scrive al Ministro: «Quali sono le regole per salvare delle vite»

La Rete ignaziana (formata da CVX, MEG, MAGIS, Gruppo jonico, Casa Reghellin, Associazione “Fratelli tutti”, ReggioNonTace, Casa Eutopia, pp. Gesuiti), con l’adesione del centro diocesano Migrantes, del centro ascolto diocesano “G.B. Scalabrini”, della comunità Masci RC6 “La quercia” di Archi Carmine e dell’associazione “Il seme” Archi Scaccioti, si è rivolta al ministro degli Interni, dopo la strage di Cutro.

«Siamo profondamente addolorate/i per quello che è avvenuto, ancora una volta, nel nostro mare Mediterraneo, nel nostro mare Ionio, il mare che, in altri tempi, ha visto ‘fiorire la vita’, piuttosto che accogliere ‘corpi senza vita’ a causa della nostra indifferenza. “In nessun punto del decreto (quello relativo al codice di condotta delle Ong) c’è scritto che viene impedito il recupero e il soccorso delle persone in mare. Ci sono solo delle regole”. 

Seguendo queste sue parole (usate nell’audizione in commissione Senato) ci chiediamo: qual è la regola principe quando si avvistano potenziali naufraghi?  Quale regola ci consente di usare mezzi inadeguati se dobbiamo salvare dal pericolo della morte tanti esseri umani che, nella disperazione tremenda della loro condizione, si attaccano ad ‘un pezzo di legno’, ‘ultima spiaggia’ per la propria speranza? 

Quale regola si deve seguire nel gestire i flussi migratori che non sono un ‘affare’ degli ultimi venti anni per scafisti che fanno ‘traffico di esseri umani’, ma una necessità dovuta al fatto che noi, ‘primo mondo’, imponiamo pesi gravosissimi a miliardi di nostri fratelli e sorelle, perché esportiamo la guerra, perché li rendiamo assetati e affamati, perché togliamo loro persino l’aria da respirare?

Per questo si apre una questione determinante per il futuro del genere umano: non possiamo essere indifferenti a questa ennesima tragedia (annunciata). 

Non possiamo insegnare ai nostri figli il senso di responsabilità se mostriamo loro che non riusciamo a soccorrere persone che sono in difficoltà e che lottano tra la vita e la morte… 

Non possiamo essere ‘punto di riferimento’ per i nostri figli se chiudiamo le frontiere e i porti alla speranza di chi vuole un riconoscimento della propria dignità. Non possiamo aiutare la maturazione dei nostri figli se alziamo muri, se forniamo armi per le guerre, se non chiediamo perdono per l’ingiustizia che alimentiamo.

Ecco la strada da percorrere, signor ministro: non è quella che prevede le sue dimissioni, ma, prima di tutto, occorre piangere sulla bara del neonato che non ha visto l’alba del 25 febbraio; in secondo luogo, chiedere perdono a nome di tutti noi, perché non siamo stati pronti e attenti a salvare i naufraghi non solo dell’ultima tragedia, ma non abbiamo salvato i 30.000 naufraghi morti nel mare nostrum negli ultimi dieci anni; poi, prendersi cura dei superstiti e fare di tutto per promuovere il processo di riscatto della loro condizione e, infine, lavorare, senza perdere un minuto di tempo, a istituire reali corridoi umanitari che consentano l’accoglienza di tutti coloro che sentono diminuita la loro dignità, sfuggendo a fame, sete, persecuzioni, guerre, genocidi.

Solo allora, dopo tutti questi passi, la vergogna che proviamo adesso e che, speriamo, provi anche lei nel profondo del suo cuore, potrà lasciare il posto al senso di responsabilità fondato non su regole da seguire in senso stretto, ma solo sulla garanzia della vita degli altri e sul fatto che per loro possiamo donare la nostra vita».

Reggio Calabria, 3 marzo 2023

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