Reggio, Castrizio: «La mostra su Fidia ai musei Capitolini di Roma»

Ci sono cose che capitano: mentre registravo un podcast al Museo Archeologico di Reggio, indicando i capolavori che meritano una visita, quasi al pari dei Bronzi, parlando dell’Acrolito di Cirò, mi accorsi di gesti che mi venivano rivolti da parte degli amici custodi, i quali mi volevano avvertire che il reperto non era presente, perché era stato prestato alla mostra su Fidia ai Musei Capitolini a Roma.

La cosa mi è sembrata strana, perché, in quanto membro del Comitato Scientifico del MArRC durante la passata gestione e ancora in carica, non mi ricordavo di aver votato favorevolmente alla concessione del prestito, soprattutto perché si tratta di un capolavoro a mio avviso fragile e non prestabile, ma ormai non capisco più i ruoli all’interno dei Musei autonomi voluti dall’ex ministro Franceschini. Non ho fatto polemiche, ma mi sono recato a Roma per vedere la mostra, incuriosito dalla relazione tra Fidia e l’Acrolito del tempio di Apollo Aleo di Cirò. 

Avendo fatto la mia visita, mi sono potuto rendere conto che non c’è nessuna attinenza tra la statua di culto e il grande scultore, ma una sezione dell’esposizione è stata dedicata dai curatori agli acroliti (e che c’entra Fidia?), per cui li hanno raggruppati in una sala. In generale, però, anche se la mostra mi ha divertito, sono stato colpito dalla sovrabbondanza di errori e svarioni, per cui mi sono rivolto allo studioso Antonio Corso, che considero la massima autorità in merito alla storia dell’arte greca, chiedendogli un parere articolato sul catalogo. L’amico Antonio mi ha risposto, e le imprecisioni e gli orrori scientifici sono talmente tanti che mi trovo costretto, per non annoiare i lettori con argomentazioni tecniche (tecniche sì, ma fondamentali per comprendere lo stato miserevole dell’archeologia sponsorizzata dal sistema culturale italiano), a citare solo i più evidenti, scusandomi con il prof. Corso.

“Nel catalogo della prima mostra organizzata su Fidia, il noto scultore del periodo pericleo il titolo inganna in quanto il libro non contiene una vita di Fidia, né propone un catalogo delle opere di questo scultore, né presenta le fonti scritte antiche su questo artista né dà liste di copie e varianti derivate dalle opere di questi. Il libro è piuttosto una collezione di saggi su alcune opere di questo maestro.                                

“A p. 6, l’autore identifica ancora le due statue maschili altoarcaiche di Delfi come Kleobis e Biton, ignorando la bibliografia specialistica degli ultimo 40 anni che favorisce la loro identificazione come Dioscuri. Ancora a p. 6, ritiene l’Atena Promachos un’opera di Fidia giovane. La data alta della Promachos si basa sulla tesi che rendiconti ufficiali di una grande opera in bronzo datati al 460-450 a. C. siano da riferire a questa statua di Fidia: tuttavia obbiezioni di peso a identificazione e datazione sono state mosse da studiosi importanti. A p. 10, l’autore attribuisce la presenza dei carri del sole e della luna agli angoli di entrambi i frontoni del Partenone ma questi motivi si riscontrano solo nel frontone orientale.

La bibliografia alle pp. 11-12 è spesso non aggiornata. A p. 29, definisce la battaglia tra Ateniesi e Traci Edoni per il possesso della valle dello Strimone degli anni di Cimone una vittoria ateniese ma nella realtà gli Edoni vinsero sugli Ateniesi e in ogni caso la data non è 476/5, come l’autore afferma, ma 465 a. C. Ancora in quest’articolo, la fig. 6 a e b è erronea in quanto la rampa d’accesso all’Acropoli per il 5. sec. a. C. è data come rettilinea mentre era a zig-zag fino al periodo tiberiano. A p. 31, egli data il progetto del tempietto di Atena Nike agli anni di Pericle, ma al contrario ora prevale l’attribuzione agli anni di Cleone (intorno al 425 a. C.). A p. 32, data il teatro in marmo di Dioniso Eleutereo agli anni centrali del 4. sec. a. C. ma tale fase del teatro è unanimemente attribuita allo statista Licurgo, dopo il 338 a. C. L’articolo successivo concerne l’Atena Parthenos (pp. 45-57). A p. 56, l’autore sembra credere che gli Eruli nel 267 d. C. abbiano conquistato la terrazza superiore dell’Acropoli e danneggiato la Parthenos ma questo non è vero: le mura erette intorno all’Acropoli in previsione di questa invasione respinsero gli invasori  (si veda per esempio A. Frantz, Late antiquity: AD 267-700. Princeton (1988) 2). A p. 174, la trasformazione del Partenone in Chiesa è riferita all’epoca della signoria degli Acciaiuoli, vale a dire dopo il 1388 (!?!), mentre essa risaliva al tardo 5. sec. A p. 175, l’autore della scheda sostiene che le due vedute di Fanelli sull’Acropoli rappresentano il sito rispettivamente prima e dopo il bombardamento da parte di Morosini ma nei fatti entrambe rappresentano l’Acropoli solo dopo questo danno. Ancora nella stessa pagina, l’autore sostiene che Morosini rimosse dal Pireo ‘leoni’ di marmo, ma il leone rimosso fu solo uno! A p. 206, si data Pausania intorno al 50 d. C. (!?!). Ogni commento appare superfluo. Nella stessa pagina il padre di Pericle, Xanthippus, diviene Xantippe, una donna!!! Sembra pure strano che la base della Parthenos col rilievo narrante la nascita di Pandora sia del tutto dimenticata nella mostra: la copia importante della base da Pergamo dovrebbe essere stata esposta.

“In conclusione, l’idea di organizzare una mostra su Fidia era buona: questo artista era estremamente famoso nel mondo antico e una siffatta mostra poteva offrire a studiosi e pubblico il privilegio di vedere nella stessa sede gran parte delle opere derivate dai suoi capolavori. Tuttavia, questo compito doveva essere perseguito in modo sistematico, con considerazione di tutte le opere dello scultore. Forse si poteva tentare di avere in prestito i calchi dei marmi partenonici attualmente a Basilea, in modo da dare un’idea completa del cantiere partenonico. Le copie maggiormente significative dovevano essere esposte: come mai l’Atena del Varvakeion e l’Afrodite Brazza’ non sono state selezionate? Infine, studiosi realmente competenti nei rispettivi campi dovevano essere ingaggiati per scrivere articoli e schede. Diversi autori non hanno una competenza sufficiente sugli argomenti trattati. Gli errori sono frequenti e alcuni veramente imperdonabili.”

Daniele Castrizio

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