venerdì,Maggio 17 2024

Reggio, il consorzio Macramè presto accanto a trenta gestori di beni confiscati in Calabria

Entusiasmo delle cooperative sociali per il Progetto Giano, amarezza per lo stop delle cure domiciliari da oltre due anni

Reggio, il consorzio Macramè presto accanto a trenta gestori di beni confiscati in Calabria

«Affiancheremo un gruppo di imprese sociali calabresi che gestiscono beni confiscati alla criminalità organizzata nella nostra regione, allo scopo di migliorarne il riutilizzo sociale e ottimizzarne la restituzione alla collettività», così Laura Cirella, dello staff del consorzio Macramè, con sede a Reggio Calabria ma con realtà attive su tutto il territorio regionale, ha spiegato i contenuti del progetto Giano. Il consorzio, infatti, è tra le sei realtà del Mezzogiorno e unico in Calabria ad avere vinto un bando nazionale per favorire l’inclusione sociale e la diffusione della legalità con azioni di supporto alla gestione dei beni confiscati.

«Nostri partner sono Legacoopsociali Italia e Forum Terzo Settore. Siamo già in attività per selezionare le trenta realtà calabresi che, gestendo beni confiscati, beneficeranno dei servizi di assistenza tecnica, consulenza e formazione che erogheremo», ha proseguito Laura Cirella.

Il consorzio Macramè e i beni confiscati

Il consorzio, che già gestisce tre beni confiscati di cui due terreni, uno a Placanica nel comune di Melito Porto Salvo e l’altro a Rosarno, e un immobile nel centro di Reggio, adesso è l’unica realtà regionale ad avere vinto il bando nazionale finanziato con il Pon Sicurezza (Fesr Fse 2014/2020). Un solco di attività storico per il consorzio che si costituisce nel 2006 con la precedente denominazione Terre del Sole, assegnataria di un terreno confiscato, e che dal dicembre 2015 assume la nuova denominazione Macramè Trame Solidali nelle Terre del sole.

Delle trenta organizzazioni del terzo settore, tra cooperative sociali, associazioni e fondazioni, dislocate sull’intero territorio regionale, undici gestiscono beni confiscati alla criminalità organizzata.

«Il progetto ha come obiettivo anche quello di stipulare dei protocolli e di creare delle reti tra organizzazioni che gestiscono questi beni. Per questo siamo prossimi a firmare un protocollo di rete con l’università della Memoria e dell’Impegno UniRiMi intitolata a Rossella Casini, con sede a Limbadi. L’università sorge su terreni confiscati e speriamo potrà ospitare, quando la pandemia sarà finita, sessioni di formazione in presenza. Per proiettare a livello nazionale il lavoro che svolgiamo, un altro protocollo di rete sarà avviato con Legacoopsociali Italia, nostro partner con il Forum del Terzo Settore», ha sottolineato Laura Cirella.

L’entusiasmo e l’amarezza

«Siamo soddisfatti di questo risultato ma siamo ancora amareggiati di esserci dovuti fermare da due anni nel campo delle cure domiciliari nel quale ci eravamo specializzati. Al momento eroghiamo servizi assistenziali sanitari solo a Crotone, in affidamento diretto dell’ospedale Sant’Anna, con il progetto Oberon, a beneficio di una ventina di persone», ha sottolineato Giuseppe Carrozza, il direttore del consorzio che da più di due anni, suo malgrado, non eroga più le cure domiciliari sul territorio metropolitano di Reggio Calabria.

«L’Asp di Reggio Calabria ha scelto la via dell’interpretazione burocratica dei servizi, non ponendo al centro le persone. Così le 1600 persone che in tutta la provincia di Reggio erano seguite dal consorzio con servizi specializzati di assistenza sanitaria domiciliare, dal 31 dicembre 2018 sono seguite molto marginalmente da operatori pubblici strutturati dell’Asp e oppure da liberi professionisti», ha evidenziato Giuseppe Carrozza. Un azzeramento che fa il paio con il ridimensionamento dei servizi di assistenza di carattere sociale per il quale il consorzio è accreditato, come l’inserimento lavorativo e l’assistenza specialistica agli alunni disabili. Anch’esso ha subito una diminuzione. «Una situazione che ha avuto riflessi negativi anche sul versante occupazionale. Oggi ovviamente non possiamo più permetterci i 120 – 130 dipendenti per servizi sanitari che avevamo prima», ha spiegato ancora il direttore del consorzio Macramè.

Paradossalmente, proprio in tempo di pandemia, dunque la burocrazia ha avuto la meglio, determinando in capo all’Asp reggina scelte in discontinuità rispetto al passato.

«Nonostante l’emergenza sanitaria consentisse il prosieguo dei servizi sanitari anche in capo ad attori solo autorizzati e non accreditati come noi, l’Asp reggina ha fatto scelte diverse. Una giustificazione che abbiamo dovuto subire dal momento che il motivo per cui ancora non siamo accreditati, pur avendo avviato la procedura oltre due anni fa, non è imputabile a noi ma ad un rimpallo burocratico tra Asp e Regione Calabria», ha sottolineato il direttore Giuseppe Carrozza.

L’accreditamento e le attese infinite

«Noi abbiamo assicurato di poter seguire sanitariamente 180 utenti al giorno, ottenendo il parere dell’Asp ma sulla base di un documento di programmazione regionale superato dalla nuova Rete territoriale 2020 ad oggi in vigore. Dopo una prima bocciatura da parte della Regione, l’Asp ha riproposto la Rete lo scorso gennaio. Adesso si attende che il Commissario la recepisca per consentire all’Asp di rilasciare il parere sul fabbisogno da inviare a Catanzaro. Solo dopo potranno essere riattivate tutte le richieste di accreditamento, tra cui anche la nostra. Da oltre due anni siamo in attesa, motivo per il quale abbiamo potenziato il nostro impegno in altri ambiti», ha spiegato ancora il direttore Carrozza.

Mantenendo, così, la sua attività centrata sulle dorsali della promozione umana, attraverso l’assistenza e l’inserimento sociale e lavorativo di persone fragili e svantaggiate, e della crescita dei territori, il consorzio ha quindi consolidato la sua presenza a livello regionale, investendo più risorse umane e competenze in altri settori. Tra questi quello della povertà educativa ed economica e della povertà sanitaria. Ha, altresì, potenziato con evidente successo l’attività sui beni confiscati. I risultati sono arrivati e sono stimolanti ed importanti. Tuttavia resta la consapevolezza di quanto lo stop delle cure domiciliari abbia causato sul territorio reggino ricadute negative in termini di disagi, malessere sociale e perdita di posti di lavoro nel settore.

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