martedì,Maggio 7 2024

Ristoratori reggini pronti a ripartire: «Nostri locali sicuri. Basta coprifuoco»

Si sono uniti lanciando una iniziativa social: #ripartiamodaqui. Pacificamente hanno dimostrato ancora una volta di saper resistere ai contraccolpi della pandemia

Ristoratori reggini pronti a ripartire: «Nostri locali sicuri. Basta coprifuoco»

I ristoratori reggini hanno fatto squadra e proponendo la campagna social #ripartiamodaqui vogliono lanciare un messaggio chiaro sulle prossime riaperture e soprattutto sul coprifuoco. «I nostri locali sono presidio di legalità e sicurezza – ci ha spiegato Davide de Stefano titolare della gelateria Cesare – abbiamo sfruttato questo tempo per conoscerci e unirci per dire pacificamente che vogliamo tornare a lavorare e che questo decreto penalizza, invece, ulteriormente la nostra categoria già vessata dalla pandemia».

I ristoratori reggini hanno realizzato un video grazie all’intuizione di Pero Golfo direttore creativo della Bisestyle per mostrare come le eccellenze del territorio siano in grado di rialzarsi e resistere ma, adesso, dopo un anno di sopravvivenza, chiedono di poter ripartire. «Se il legislatore intendeva evitare assembramenti – ci spiega – mantenendo il coprifuoco ha fatto esattamente il contrario perchè la gente ha poche ore per poter consumare. Avendo più ore, invece, si potrebbero diluire le prenotazioni e non avere assembramenti nei nostri locali».

Un iniziativa pacifica che vuole mettere in risalto le eccellenze reggine e dare la possibilità all’intera categoria di rialzarsi dopo la pandemia e mostrare cosa può nascere dall’unione che, mai come adesso, fa la forza. «Il titolo nel nostro racconto è dedicato ad un’intera categoria, dedicato a queste persone oramai esauste, che hanno accettato di chiudere a ripetizione le proprie attività in nome della salute. Persone che hanno un cuore e lo hanno dimostrato, accettando anche il gioco dei colori, delle aperture e chiusure per salvare il Natale e la Pasqua, nonostante la realtà dei fatti ha dimostrato che non erano i locali pubblici i portatori di contagi».

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