sabato,Aprile 27 2024

SpazioTeatro, la guerra e l’epica senza eroi ne “Il muro” di Turi Zinna

Un racconto sperimentale e coraggioso che rievoca la miseria e l'attualità del Ventennio

SpazioTeatro, la guerra e l’epica senza eroi ne “Il muro” di Turi Zinna

L’eccessivo sovranismo porta sempre alle guerre. A SpazioTeatro, la guerra e l’epica senza eroi va in scena ne “Il muro– cronachetta di una civile apartheid”, drammaturgia ed esecuzione di Turi Zinna. Una narrazione che si muove ai limiti della drammaturgia teatrale. La recitazione abbraccia le moderne tecnologie ed è la consolle al centro della scena, ai lati due pannelli per mostrare le scene della lezione surrealista del ventennio («la contemporaneità è figlia di quel periodo»), fusa con la musica elettronica e dell’arrivo del duce a Catania, nel 1937. In quella circostanza, nella città etnea, viene eretto un muro (la situazione che genera il titolo dell’opera) per non mostrare a Benito Mussolini la parte povera della città. Come succederà negli anni Ottanta ai grandi dittatori sudamericani che nascondono le favelas durante le visite internazionali, riuscendo anche, come in Venezuela a celarli addirittura con dei murale trompe-l’œil.

Il povero barbiere protagonista della vicenda, per un errore di persona, viene malmenato dai fascisti e gli viene fatto bere dell’olio di ricino, le famose “purghe”. Chiede scusa quando lo lasciano andare e comincia a correre per poter andare in bagno a casa. Ma proprio il muro gli impedisce di arrivare nella sua abitazione e allora è costretto a defecare proprio davanti al caffè Lorenti, il più in voga della città. Una vergogna ed un disastro che troveranno la loro fine in un’alba purificatrice che mostra il mare e le rocce laviche, finora tristemente silenti. Finale corollario la riscrittura di una magnifica descrizione contenuta ne “Il giudizio della sera” di Sebastiano Addamo, il racconto del reale: l’odore del piscio e della merda che invadono strade, viottoli e abitazioni, come fa la guerra, nello scenario di una Catania misera e squallida del quartiere della prostituzione, teatro del fascismo, simbolo finale del degrado del nostro tempo.

Le tematiche sono di spiccata attualità: le faccette nere del “Me ne frego”, i muri, la guerra, i rigurgiti sovranisti. Lo stesso discorso del duce sull’Europa riporta alla drammatica essenza della realtà. È un racconto sperimentale e coraggioso che come confessa Zinna, cambia ogni volta che va in scena: ci sono da un lato i suoni rave che martellano per quaranta minuti, lo spettacolo urlato a volte, ipnotico e ossessivo sempre. Il parlato che va dietro la base musicale, scritta da Giancarlo Trimarchi. Una partitura per un live set. La genesi della pièce, spiega Zinna è estrapolata da un’opera più ampia che racconta lo sgombero del quartiere di San Berillo, alla fine degli anni Cinquanta, e di tutte le storie di vita e di disperazione che lo hanno abitato e abbandonato. Anche quella del barbiere. Lo spettacolo, un crescendo di intensità, è studiato magistralmente da Zinna fino all’ultimo “disturbo”, acustico o visivo che sia. La sensazione dei suoni, della musica, delle immagini ipnotiche è quasi come se allo spettatore si volesse fare un lavaggio del cervello e ricollegare con un imprinting la memoria del disagio e della vergogna a quello della guerra, per non commettere gli stessi errori e per non farla mai più la guerra.

“Il muro” è una produzione Retablo, in collaborazione con Centro Zo Culture Contemporanee e Rete Latitudini con il sostegno di Regione Siciliana – Assessorato del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo.

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