Reggio, sul carrozzone Sviprore ora salgono intere famiglie: marito e moglie nel collegio sindacale

La notizia sparata pochi giorni fa dal centrodestra, sulle «nomine clientelari» che in una sorta di mutuo soccorso politico sarebbero stabilite a tavolino tra i palazzi istituzionali di piazza Italia, ha avuto solo una tiepida risposta. E si è ridotta a poco più di un battibecco tra comari.

La non-notizia

Nella denuncia firmata dai coordinamenti provinciali si è puntato l’indice su Giovanni Malara, zio del consigliere comunale Marcantonino, gridando al conflitto d’interessi, che però formalmente non esiste, e chiedendo le dimissioni dell’eletto a Palazzo San Giorgio. L’operazione, volutamente chirurgica, dei coordinamenti provinciali però appare non solo goffa, nella sua proposizione, ma anche tragicomica nella sua evoluzione visto che poi a rimettere le deleghe sarà Mario Cardia (secondo i soliti ben informati per questioni tutt’altro che legate a questo evento) con la conseguente esultanza – «le sue dimissioni (?) ci danno ragione» – dei coordinamenti.

Per ciò che riguarda la denuncia clientelare, si potrebbe liquidare la questione ricordando che dalle nostre parti si dice “u boi nci rici curnutu o sceccu”. E d’altra parte non può essere un caso se la polemica non è stata cavalcata dai consiglieri comunali o metropolitani. Nell’ampia piazza antistante i due Palazzi, in più d’uno ha commentato «ma chi me la fa fare. Oggi a te domani a me», dimostrando di accettare certe logiche “contentino” che esistono e continueranno ad esistere, fintanto che esisteranno società come la SviProRe.

Il vero scandalo

Si, perché la vera notizia del comunicato diffuso dai coordinamenti provinciali del centrodestra è proprio l’esistenza della SviProRe. Di cui i coordinamenti si guardano bene dall’analizzarne ruolo e funzioni. Insomma è davvero necessario mantenere in vita questa SviProRe? Evidentemente per la politica la risposta è “sissignore”.

Non si tratta di mettere in dubbio professionalità delle persone che ci lavorano, ma solo di uscire dall’ipocrisia della politica che utilizza questi veri e propri carrozzoni, in questo caso si, per parcheggiare personaggi in cerca d’autore o solo per ricambiare favori più o meno inconfessabili.
Così si è infatti ridotta la società in house della Città Metropolitana denominata “iniziative per la promozione dello sviluppo economico della provincia di Reggio Calabria”. La Società ha lo scopo di promuovere la crescita del tessuto produttivo nel territorio metropolitano, la gestione di servizi esternalizzati e pubblici di competenza della Città Metropolitana e l’incremento occupazionale nell’ambito dello stesso territorio.
Alzi la mano chi se n’è accorto.

Una società in agonia

La SviProRe Spa è stata costituita nel lontano 1996, vivendo, sotto l’egida dell’unico socio, le diverse stagioni politiche della vecchia Provincia di Reggio Calabria. Nel 2018 il Consiglio metropolitano ha modificato lo Statuto della società in house che oggi gestisce i servizi Cosap (Canone per l’Occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche), adduzioni idriche (pozzi) e verifica impianti termici.

Sul sito istituzionale della società in house non ci sono ulteriori notizie. L’ultimo Bilancio positivo risale al 2020, dopo di che il nulla. Nessuna pubblicazione, trasparenza zero. La società ad oggi conta meno di 20 dipendenti e da quel che è dato sapere non esegue una costante attività accertativa. I fatturati sarebbero di gran lunga minori rispetto agli anni scorsi sia per ciò che concerne la verifica degli impianti termici sia per il canone dell’occupazione del suolo pubblico.

Anche per questo avrebbe chiuso per il secondo anno consecutivo il Bilancio con un fatturato al di sotto di un milione di euro. Il che, secondo il dettato della riforma Madia, non farebbe presagire niente di buono.
Va da sè che i costi per mantenere questo carrozzone sono anche importanti. All’amministratore unico sono riservati qualcosa come 55 mila euro annui, mentre al Collegio sindacale è riservata una provvigione di 20 mila euro totali da dividere tra i tre componenti effettivi.

I due componenti supplenti sono nominati per sostituire chi in corso d’opera non potesse più svolgere il ruolo. Poi c’è anche un Revisore legale – figura contestata e definita superflua da alcuni addetti ai lavori – che comunque si assicura 10 mila euro l’anno. Notizie, queste, che bisogna andare a cercarsi con la lente d’ingrandimento, trasformandosi in detective, visto che come detto primo sul sito istituzionale non ve n’è traccia in barba anche alla legge sulla Trasparenza.

Le nomine

Ma veniamo alla denuncia del centrodestra provinciale. L’indice è puntato su Giovanni Malara, nominato componente del Collegio dei sindaci della SviProRe. È il quinto della lista di nomi messa nera su bianco dal decreto del sindaco Metropolitano il 3 giugno scorso. La nomina non è una nomina fiduciaria, e anche se lo fosse, Carmelo Versace che è sindaco di passaggio, non potrebbe assumersi questa responsabilità nei confronti dell’Ente e di Giuseppe Falcomatà che scontata la condanna a un anno e 4 mesi, e superata la sospensione, tornerà alla guida di Palazzo San Giorgio. Il mandato del Collegio sindacale appena rinnovato è invece triennale.

Per questo è stato pubblicato sul sito istituzionale della Città Metropolitana un Avviso Pubblico per la presentazione di candidature, con scadenza fissata al 13 aprile 2022. L’istruttoria è stata redatta a cura della commissione all’uopo preposta dal Dirigente del Settore 4 “Servizi Finanziari – Tributi – Partecipate” e trasmessa poi al sindaco f.f. al quale spetta il potere di nomina una volta esaminati i curricula dei partecipanti.
L’espletamento dell’incarico – si legge nel decreto – richiede idonee competenze tecniche, giuridiche ed amministrative ed adeguate competenze professionali risultanti da esperienze professionali.

Dunque le nomine ad opera del facente funzioni. Di certo c’è che Vincenzo Leone, Antonino Benedetto, Luciana Santagati (componenti effettivi), Maria Consolata Foti e Giovanni Malara (componenti supplenti) “hanno sottoscritto dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di insussistenza di cause di inconferibilità ed incompatibilità ai sensi del D.Lgs. 39/2013, nonché dichiarazione relativa al possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità”. Tutto bene? Neanche per sogno. Perché detto di Malara, e del rapporto di parentela tra zio Giovanni e il nipote Marcantonino consigliere a Palazzo San Giorgio, che pone giusto un problema di opportunità, un enorme e analogo caso sembra nascere attorno ad altri due componenti di questo Collegio sindacale.

Non sarà sfuggito ai più attenti conoscitori della politica nostrana che fanno parte dello stesso organismo Antonino Benedetto e Maria Consolata Foti. Quest’ultima è il sindaco di Montebello Jonico e di diritto fa parte anche della Conferenza metropolitana che è composta dal sindaco metropolitano, che la convoca e la presiede, e da tutti i sindaci dei Comuni appartenenti alla Città metropolitana. Un organo che ha poteri propositivi e consultivi. E già questo rappresenterebbe un elemento ostativo alla nomina della Foti. Ma non basta. Perché, a dimostrazione di come non ci sia ormai il senso del limite al pudore, nel Collegio sindacale si ritrovano marito e moglie. Benedetto d’altra parte è il consorte della Foti.

Il primo è membro effettivo, la seconda è supplente. Per il marito tra l’altro si tratta di una (ri)conferma, essendo “uscente” dal collegio precedente che addirittura ha fatto peggio, se vogliamo, visto che tra gli effettivi contava la presenza anche di Fabio Sciuto, condannato insieme alla classe politica etnea nel crack del Comune di Catania al risarcimento del danno con la conferma (nell’aprile del 2021) dell’interdittiva dall’attività per cinque anni.
Vabbè, quisquiglie, sembrano dire i nostri politici al popolo ignorante.
Ma tornando alla nomina coniugale di Benedetto e Foti, la domanda è una ed una sola: non ci si accorge che è una cosa inopportuna?
Ed oltre tutto, come si può garantire l’imparzialità di giudizio di un organo che potrebbe trovarsi nella condizione di dover sindacare su una questione con moglie e marito seduti allo stesso tavolo? È come dire che, comunque, tutto rimane in famiglia. Un po’ come fa la politica.

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