sabato,Maggio 11 2024

Reggio, l’ex assessore Perna su Falcomatà: «Dovrebbe essere studiato da uno psicanalista»

L'ex vicesindaco nel suo libro racconta il suo rapporto con il primo cittadino sospeso. Tanti i retroscena sul suo anno a Palazzo San Giorgio

Reggio, l’ex assessore Perna su Falcomatà: «Dovrebbe essere studiato da uno psicanalista»

«Ho fatto degli errori, vorrei cambiare e vorrei farlo insieme a te». Queste sono le parole d’amore che, come sirena a Ulisse, il sindaco sospeso di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, aveva sussurrato per settimane a Tonino Perna, sociologo, docente e politico, già assessore a Messina, per convincerlo ad entrare nella giunta del secondo tempo a ottobre 2020.

«Non c’era dialettica»

Parole che avevano fatto breccia nell’animo del professore che, «con umiltà», avrebbe voluto fare qualcosa in prima persona per la sua Reggio e che aveva deciso di accettare la proposta di fare il vicesindaco con Giuseppe Falcomatà. Come nel caso dell’ultimo dei fedifraghi, quelle stesse parole sono rimaste nel vento. Racconta anche questo “Diario 385 giorni a Palazzo San Giorgio”, l’ultimo libro di Perna, edito da Città del Sole. Un’abitudine quella di scrivere post su Facebook, “Diario non comune dal Comune”. Un racconto nato, dice il professore, «da una telefonata con un amico di Pavia, noto giornalista che sapendo della mia nomina mi disse “Fai un diario. Annota tutto, poi magari quando hai tempo lo sviluppi”».

A palazzo San Giorgio, sono bastati due mesi a Perna per capire che la strada sarebbe stata dura e in salita. E a chi oggi gli chiede perché non avesse abbandonato barca e navigatori scomposti, il professore spiega di essere stato sul punto di farlo già dopo i primi mesi. «Non c’era dialettica in giunta. Tutto doveva passare da lui. Non c’era interlocuzione neanche per le cose essenziali».

Di questa esperienza cosa l’ha delusa di più?

«I rapporti umani, non ho dubbi. La mancanza di feeling, di relazioni, di sentirsi parte di un gruppo. A Messina mi sentivo parte di un gruppo, benché fossi reggino, bastava il semplice fatto di uscire tutti insieme. In un anno non è mai capitato a Reggio questo genere di condivisione, molto meridionale. È mancato il rapporto con questa persona (il sindaco sospeso, ndr) che secondo me nessuno conosce. Nel libro racconto un episodio: la caduta di un falegname a palazzo, il sindaco era con me, mi sono preoccupato di vedere cosa si era fatto e quando siamo passati davanti al sindaco non ha nemmeno chiesto come stava. È una persona che andrebbe studiata e capita, sicuramente non da me che non sono uno psicanalista».

Quando si è verificata la rottura?

«Sul tema rifiuti. Quando sono andato in sua vece a un incontro in Cittadella a Catanzaro, per incontrare il commissario Longo e ho parlato all’assessore all’Ambiente, Ultimo, per chiedergli una relazione indipendente su Melicuccà, dal Cnr, dall’Università di Napoli. Qualcuno presente nella struttura lo disse a Falcomatà che mi chiese conto dicendo: “Non hai la delega all’Ambiente”. Penso ci sia stato un equivoco di fondo: avevo inteso il ruolo come una sorte di alter ego, come se io fossi una persona di fiducia. Forse sono stato superficiale a non chiedere cosa volesse dire avere le deleghe. Io uscivo in città e vedevo Reggio sommersa dai rifiuti, come facevo a dire: “Tanto non è la mia delega”?».
Ancora i rifiuti, ad agosto, con la soluzione del termovalorizzatore di Gioia, proposta dal professore, continuano a essere mela della discordia, motivo di un secondo scontro.

Perché non è andato via, a quel punto?

«Perché mi sembrava una fuga andarmene dopo essere entrato in giunta ed avere visto le cose che non andavano. Volevo capire se fosse possibile fare qualcosa per la città, visto che ho fatto tanto anche fuori dal Paese. Non ho fatto il vicesindaco per avere gratificazioni, anzi per me è stato un atto di umiltà. A volte mi sembrava che le cose potessero risolversi, che ci fosse una via d’uscita. Ma non è stato così. Ma la cosa che mi ha tenuto più di tutti è stata la scoperta del bando per l’occupazione giovanile da 30 milioni di euro, scoperta da una stagista che veniva da Venezia. In pratica si trattava di somme del Decreto Reggio per l’occupazione giovanile a scadenza quindicennale, prevista il 31 dicembre 2021. Nel 2006 Scopelliti riceve 60 milioni, fa un bando, a sportello, con le file e la gente che dormiva fuori dall’ufficio collocamento: mille euro per 15 anni alle imprese che assumevano. C’era un residuo di 30 milioni da spendere. Falcomatà disse: “Vado a Roma, me la vedo io, recupero i fondi”. Perché non l’abbia fatto è un mistero».

Quali sono state le pecche di quest’amministrazione?

«La mancanza di comunicazione verso l’esterno. Non c’era un insegnante, qualcuno che sapesse in che modo comunicare, parlare. E, soprattutto, la mancanza di esperienza gestionale».

L’esperienza di Tonino Perna si conclude con le sue dimissioni dopo aver appreso, nel pomeriggio del 19 novembre 2021, giorno della condanna di Falcomatà per il caso Miramare, di essere stato defenestrato come vice dalla nomina dell’attuale facente funzioni Paolo Brunetti. Però Falcomatà gli aveva lasciato le deleghe assessorili.

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