Autonomia differenziata, i sindaci dal Prefetto per chiedere garanzie: «La Repubblica è una e indivisibile»

Non sono numerosi, considerando i 97 comuni della Città Metropolitana di Reggio Calabria, ma i 15 sindaci che sono stati ricevuti dal Prefetto Clara Vaccaro, hanno le idee chiare sui guasti che produrrebbe l’autonomia differenziata. Spicca nella delegazione entrata a Palazzo del Governo l’assenza di Giuseppe Falcomatà, ufficialmente impegnato in altre faccende già calendarizzate. Il sindaco metropolitano recentemente aveva usato parole di fuoco sul ddl Calderoli, definendolo “un nuovo fascismo” che favorisce la “secessione dei ricchi”.

I primi cittadini si sono ritrovati questa mattina a Piazza Italia per un sit in simbolico davanti a Palazzo del Governo. Sono arrivati alla spicciolata indossando la fascia tricolore. Diverse le estrazioni politiche dei vari sindaci, ma sono pochi o nulli quelli che richiamano l’appartenenza ai partiti di governo. Antonio Carone, sindaco del Comune di San Procopio è anche il delegato scelto dalla presidente regionale dell’Anci, Rosaria Succurro, per portare davanti al prefetto le istanze dei primi cittadini del reggino.

«Il documento che oggi consegnerò a sua eccellenza il prefetto non ha una connotazione politica e sono tutte quelle sensazioni che incontriamo davanti a un cambiamento. Quindi miriamo ad attenzionare a sua eccellenza quelle che possono essere le garanzie maggiori sui livelli essenziali di prestazione ed ella in questa sua veste potrà meglio di tutti rappresentare nelle sedi opportune quelle che sono le esigenze e le peculiarità del nostro territorio. Il documento, ripeto, non ha assolutamente una connotazione politica e rappresenta tutto il territorio ed è semplicemente la richiesta di un’attenzione, perché il nostro territorio viva questo cambiamento con minori traumi possibili».

Per Ada Pavone, vice sindaco del comune di Villa San Giovanni, «la convocazione da parte dell’Anci ci ha trovati pronti a rispondere, perché riteniamo che l’argomento sia cogente e importante, ed essere qui questa mattina con una convocazione ufficiale appunto dell’Anci riteniamo rappresenti una posizione forte e che dovrebbe scuotere le coscienze». Pavone non nasconde che avrebbe immaginato un pò più di partecipazione da parte dei sindaci, «però quelli che ci sono – ha aggiunto – confermano la preoccupazione che c’è al momento. Una preoccupazione che va a investire ovviamente tutti gli ambiti: parliamo della sanità, della Pubblica Istruzione, parliamo di tutti gli argomenti che andrebbero a essere toccati in caso di autonomia differenziata».

Ha risposto alla chiamata dell’Anci anche Adone Pistolesi, sindaco di Bagnara Calabra, che sente «convintamente» il dovere di partecipare al sit in di piazza Italia. Il primo cittadino della cittadina della Costa Viola è convinto che, quale elemento portante del nostro ordinamento, «devono restare quelli che sono i principi costituzionali di una Repubblica unica, indivisibile, dove c’è un sud, c’è una Calabria, e una provincia di Reggio Calabria, che ha bisogno di più Stato di più attenzione di più sanità e di più servizi. Quindi è importante affermare questi principi che appartengono poi non a una parte politica, una coalizione, ma ai cittadini che devono essere difesi e rappresentati al meglio».


Maria Teresa Fragomeni, sindaco di Siderno, proprio di recente aveva suonato la sveglia ai primi cittadini del comprensorio reggino, ritenendo necessario e fondamentale una presa di coscienza e una mobilitazione dal basso che coinvolga anche i cittadini: «Credo che i primi debbano essere veramente i sindaci perché questo tipo di riforma avrà degli impatti devastanti, oltre che per tutti i vari servizi, e per il fatto che venga cristallizzata una sperequazione infrastrutturale, ma soprattutto ed anche sui bilanci degli enti comunali che giocano sempre  al limite dei vari dissesti. Non si riesce a capire che questo avrà delle ripercussioni anche su imprenditori e cittadini, perché quando un comune è perennemente in dissesto, e viene insediato l’organismo speciale di liquidazione, nel momento in cui ad un imprenditore che ha effettuato un lavoro dove ha sostenuto spese, gli viene offerto il 50% dopo tanti anni, è un dramma per quell’imprenditore. E così anche per i cittadini. Quindi, bene ha fatto l’Anci e la presidente regionale, così come ha fatto bene la Conferenza episcopale, a lanciare l’allarme. E spero, e mi auguro, che veramente dal basso ci sia una grande mobilitazione, perché purtroppo io personalmente penso che sia anche in dirittura di approvazione alla Camera, quindi una mobilitazione dal basso di tutte le categorie in maniera unitaria è fondamentale».

Per Giuseppe Ranuccio, sindaco di Palmi, non è mai troppo tardi per provare a mettere un argine al Ddl Calderoli: «Ancora c’è tanto da fare e siamo soprattutto in tempo per fermare questo nefasto progetto di riforma che rischia concretamente non solo di dividere l’Italia in due, ma di affossare definitivamente le regioni del sud. Ecco perché abbiamo indetto questa iniziativa per tutti i sindaci, al di là delle diverse estrazioni politiche, per manifestare in maniera pacifica il nostro dissenso rispetto a questa riforma che è iniqua e che rischia veramente di mettere la pietra tombale su quelli che sono i diritti civili e i diritti all’assistenza sanitaria, all’istruzione, in Regioni come la nostra che già versano in condizioni di svantaggio»

Vittorio Zito, sindaco di Roccella Jonica, punta l’indice sull’approccio culturale della riforma fornendo anche alcuni esempi di come, a suo avviso, sia stata pensata male, e a vantaggio di una sola parte del Paese. «Dell’Autonomia differenziata, accettiamo solo la prima delle due parole, autonomia. È proprio il “differenziata” che tradisce sostanzialmente un approccio culturale al tema dell’Autonomia che delegherebbe il sud ad una posizione di difficoltà rispetto allo sviluppo complessivo della nazione che è assolutamente inaccettabile».

Lo si capisce, per il sindaco di Roccella, facendo alcuni esempi: «Tutti quanti dicono che a Reggio Emilia e Reggio Calabria c’è lo stesso numero di abitanti. Reggio Emilia credo abbia 60 asilo nido, Reggio Calabria ne ha, facciamo un esempio, 20. Si dice, determiniamo i Lep e poi andiamo avanti. Ma se i Lep saranno determinati in maniera tale da avere come numero di riferimento 35 asili per esempio per una città come Reggio perché Reggio Emilia deve continuare ad averne 60 e Reggio Calabria invece a 35? Così facendo i Lep rischiano di certificare la volontà dello Stato di mantenere il sud in una posizione di sottosviluppo rispetto a un nord che invece richiama la sua autonomia. C’è anche un altro aspetto che assolutamente non è accettabile, ed è quello relativo alla volontà delle regioni del nord di trattenere le imposte prodotte nel nord. Facciamo un esempio con l’Iva che le imprese del Nord pagano: secondo la riforma deve rimanere nelle tasche delle regioni del nord, ma comprando i prodotti quell’Iva la paghiamo noi. La realtà è che la ricchezza in Italia la produciamo tutti quanti, la produce chi consuma e chi produce, e tutti quanti dobbiamo beneficiare degli introiti della produzione. È proprio l’approccio culturale che è assolutamente inaccettabile a questo tipo di autonomia, non è in discussione l’autonomia o una maggiore autonomia dei governi locali, i sindaci non chiederebbero mai minore autonomia, ma è la cosa da combattere è proprio questo approccio culturale».

Il documento dei sindaci

Ed eccolo il documento firmato dalla presidente dell’Anci Rosaria Succurro e condiviso da tutti i sindaci, depositato questa mattina in Prefettura a Cosenza. «L’Anci, l’Associazione dei Comuni italiani, alla quale aderiscono 7. 134 Comuni in tutto il Paese, non ha una connotazione politica e, per sua natura, rappresenta tutti i sindaci e tutte le amministrazioni comunali. L’Anci, dunque, non ha alcun pregiudizio nei confronti della legge sull’autonomia differenziata, che in queste settimane – dopo l’approvazione del ddl Calderoli in Consiglio dei ministri – sta affrontando il suo percorso parlamentare. Come Anci Calabria, pertanto, non abbiamo pregiudizi, ma abbiamo invece precise convinzioni: l’autonomia differenziata non potrà esistere fintanto che non verranno garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni: i Lep, che dovranno essere finanziati non più attraverso l’iniquo criterio della spesa storica, ma, bensì, attraverso i fabbisogni standard.

Il testo della riforma approvato in prima lettura dal Senato della Repubblica è migliorato rispetto a quello entrato in Parlamento e viene sottolineato un principio cardine che condividiamo e difendiamo con forza: non potrà essere stipulata alcuna intesa con singole Regioni se prima non verranno definiti e finanziati i Lep, protagonisti dell’intesa stessa. Per realizzare l’autonomia differenziata senza creare squilibri territoriali e senza aumentare la sperequazione tra Nord e Sud servono risorse ingenti e, soprattutto, certe. Anci Calabria esprime preoccupazione perché il finanziamento di questa riforma, che richiederà una copertura di decine e decine di miliardi di euro, potrebbe andare a erodere alcuni capitoli della spesa pubblica già assai compulsati negli ultimi anni. I sindaci calabresi vigileranno con estrema attenzione affinché i diritti sociali e civili siano garantiti a tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale e affinché sia impedita la possibilità di fare intese – ai sensi dell’articolo 116 della Costituzione – senza il preventivo finanziamento integrale di tutti i livelli essenziali delle prestazioni».

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