venerdì,Aprile 26 2024

E adesso andate via

L'arresto di Gallo e una Reggina che non merita queste macchie, ne di vivere le ore di angoscia che sta vivendo

E adesso andate via

L’arresto di Luca Gallo non è altro che l’ennesima macchia, l’ennesimo schiaffo a chi, nella vituperata città di Reggio Calabria, sognava o quantomeno sperava ci fosse qualcosa di puro. In riva allo Stretto, spesso, ci si accontenta di quel poco che il territorio ha da offrire. Tante difficoltà, pochi motivi per sorridere. E, fra questi, uno è quasi sempre stato rappresentato da una squadra in maglia amaranto, si chiama Reggina. Non è mai stata di nessuno se non della città. Ne di Benedetto, ne di Foti, ne di Pratico, ne di Gallo, nonostante firme su pullman, portachiavi con galletti incomprensibili, maglie riportanti slogan dal dubbio gusto. Ce lo siamo (sbagliando) fatti andar bene per tre anni, più che altro per ragioni di opportunità, chiudendo gli occhi di fronte a dei lampi che indicavano una strada non limpida. Oggi gridiamo allo scandalo, ma lo scandalo già c’era: abbiamo scelto di non volerlo vedere fino a che non fosse deflagrata la bomba. Abbiamo sbagliato. Ha sbagliato parte della stampa. Hanno sbagliato le istituzioni, hanno sbagliato anche i tifosi. Tutti, con rarissime eccezioni. 

Unica via d’uscita

Ora, sia chiaro, delle indagini non è detto che portino ad una sentenza di colpevolezza. Ci sono, però, tutti i motivi per pensare che l’arresto di Luca Gallo possa comportare a conseguenze più che nefaste per la Reggina, fallita neanche un decennio fa. C’è solo una via di uscita: mollare la corda, tagliare il cordone ombelicale che da tre anni lega l’imprenditore romano e Reggio Calabria. La scelta sta anche e sopratutto a lui, i tempi devono essere celeri: l’alternativa è rischiare di morire sportivamente, con conseguenze che la sola immaginazione fa accapponare la pelle. 

Moralità

E non sono solo le possibili implicazioni legate alla squadra a dover presupporre un addio. L’onta morale che in queste ore ha macchiato una maglia sacra come quella amaranto non è barattatile con nessuna promozione, in Serie A o B che si voglia, con nessun campionato vinto. Pensare che per acquistare e gestire la Reggina, Gallo possa aver utilizzato soldi sottratti allo Stato e ai lavoratori (Iva e contributi delle sue aziende non pagati non sono altro che questo) fa venir voglia di strapparsi dal petto il campionato vinto due stagioni fa e le successive due salvezze in cadetteria. Se le accuse mosse contro Gallo fossero confermate, quei risultati, di cui si è gioito, sarebbero stati raggiunti anche e sopratutto grazie a dei comportamenti illegali verso lavoratori, gente onesta, che in molti casi ha visto non riconosciuto il proprio operato come doveva. Vite rovinate o comunque complicate. È inaccettabile anche solo che ci sia questa ipotesi, figurarsi la certezza che sia avvenuto davvero.

Come cantava Massimo Ranieri, allora, adesso andate via. Perché la Reggina non merita queste macchie, perché la sua gente non merita di vivere le ore di angoscia che sta vivendo. Perché ad Alessandria, a campionato finito, erano in 500. Perché in C al Granillo c’erano spesso più di 10mila persone, perché Reggio Calabria ne ha passate davvero troppe e quest’onta non le serviva proprio. Perché vogliamo evitare altre umiliazioni, altrimenti si rischia davvero di perdere l’amore, sempre rifacendoci a Massimo, e di raccogliere i cocci di una vita immaginaria. 

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