domenica,Aprile 28 2024

Miti e misteri metropolitani | Ardore e lo ius primae noctis

Nell’antico borgo reggino, il duca Orazio Gambacorta fu assassinato da
un contadino perché pretese il diritto di passare la prima notte di
nozze con la giovane moglie

Miti e misteri metropolitani | Ardore e lo ius primae noctis

Tanto tempo fa, narrano le leggende, su un lago ai piedi del vulcano Tre Pizzi, sorgeva un paese che per il profumo dei suoi campi fioriti era chiamato Odore. A seguito di un violento terremoto dovuto all’eruzione del vulcano, che cancellò sia il paese che il lago, i superstiti furono costretti a trasferirsi in prossimità di una ridente collina, chiamando il nuovo abitato Ardore.
Per il fascino delle grotte, dei vicoli, degli agrumeti e dell’azzurro mare, il paese fu conteso tra le famiglie nobiliari, fin quando, nel XVII sec. fu venduto al barone Carlo Gambacorta.


Il “vizietto” di Orazio


A costui successe nel dominio il figlio Orazio, marchese di San Luca e primo duca di Ardore, il quale ebbe diversi meriti (tra cui quello di far costruire il maestoso castello che ancora oggi domina il centro del paese), ma anche un “brutto vizio”: non voleva rinunciare allo ius primae noctis, ossia al diritto del
signore feudale nei confronti del popolo, di sostituirsi al marito nella prima notte di nozze,
provocando così il malcontento tra i sudditi.
Fino a quando, un giorno pagò care le sue passionali angherie. Accadde, infatti, che una bella ragazza del paese andò in sposa ad un giovane contadino, tale Parlongo, che mal sopportava la prepotenza del feudatario ed era deciso ad opporvisi con tutti i mezzi. Così, dopo aver celebrato il matrimonio ed aver festeggiato tra balli e canti fino a tarda notte, lo sposo, fingendo di accettare remissivo quello che doveva accadere portò la giovane moglie al castello per pagare il triste pegno. Invece, l’uomo attese che il duca
uscisse dal maniero per vendicarsi dell’oltraggio uccidendolo.

Secondo un’altra versione della leggenda, il giovane portò sotto la dimora del feudatario, un’asina al posto della sua sposa, e quando il duca aprì la porta trovando la sgradita sorpresa, il giovane uscì dal nascondiglio e lo assassinò.


Ardor et Odor


Non è chiaro, dunque, se Orazio riuscì a consumare la sua ultima notte di passione, in ogni caso con la sua morte ebbe fine la nobile casata dei Gambacorta, anche se sui libri di storia si legge solamente che si estinse in circostanze poco chiare, per mancanza di eredi.
I suoi successori, nello stemma del paese fecero scrivere ‘Ardor et Odor’, forse in ricordo dell’antico nome, o forse dell’ardore del vecchio feudatario.
Fatto sta che da allora pare che nessuno abbia più esercitato in paese tale diritto. E ancora oggi, dall’artistico sarcofago in marmo bianco dove giace il duca, proprio sotto la Porta del Dongione, alcuni testimoni giurano di sentire delle voci: è Orazio che maledice i suoi bollenti spiriti.

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