Scopelliti, la pacificazione della città e la responsabilità della verità

La pacificazione attraverso la verità. È quella che vorrebbe Giuseppe Scopelliti per Reggio. Lo dice a chiare lettere. Non vuole rimanere solo nella ricostruzione della verità. Semplicemente perché per la pacificazione, come la chiama lui, non può esserci solo la verità di Scopelliti. Troppo coinvolto. Già giudicato. E condannato. Anche da una parte di quel popolo a cui si rivolge. Perché, dice l’ex presidente e sindaco, è stato convinto dalla “campagna” denigratoria che l’ha colpito prima e dopo il carcere.


Il suo è un richiamo alla responsabilità di coloro i quali hanno fatto parte a pieno titolo della stagione del Modello Reggio. Un’esperienza amministrativa, in sua assenza, coniugata solo in maniera negativa. Insieme ad una classe dirigente esaltata dallo stesso Scopelliti, ma spazzata via con il Commissariamento che ha condannato la città all’immobilismo amministrativo per ben due anni. E non solo.


Non a caso Scopelliti invoca a più riprese Demi Arena, seduto lì in seconda fila, davanti a lui. Un po’ nel suo stile, con il solito aplomb e la proverbiale postura.
Scopelliti riflette su ogni parola. Non vuole sbagliare. Procede per ragionamenti, esempi, aneddoti e fatti realmente accaduti. Sa perfettamente quando deve alzare i toni, e magari esagerare. Aspetta che la piazza si scaldi ancor più di quando lo ha accolto, per mandare a quel paese chi racconta menzogne.


E anche qui, non a caso utilizza il vocabolario caro ai reggini. A tutti. Parla di traditori e nemici. Di cui francamente questa città è piena, e di cui soprattutto la città ne ha le tasche piene.
Ma Scopelliti, o chi per lui, ha preparato questo giorno con grande cura. Ha fatto venire l’acquolina in bocca ai suoi fedelissimi e a chi col tempo ha sospeso il proprio giudizio. Ha collezionato sold out un po’ ovunque, anche fuori regione. E il ritorno in piazza, nella sua città, ha il sapore della riconquista, e della rivalsa. Anche la colonna sonora alla fine della serata, tra firmacopie e strette di mano, intona “Eh… già” del mitico Vasco, per ribadire il concetto: “Sono ancora qua!”.


La piazza gli dà la forza. Anche di emozionarsi quando si leggono ad alta voce tre lettere che la figlia Greta gli ha scritto durante la detenzione. Si alzano tutti, o quasi, in piedi, per applaudirlo quando dice: «Io non ho tradito la città». E lui fa la stessa cosa, rivolta al pubblico. Il libro passa quasi in secondo piano. Tutti vogliono sapere la conclusione. Ma Scopelliti rimane sulle sue. Darà un appoggio esterno – dice – se glielo chiederanno. In piazza c’è pure chi dice che magari sta bluffando, e che tornerà in pista per le elezioni europee.


Fatto sta che Scopelliti ha ritrovato il suo popolo. Ed è una pessima notizia per tutti: partiti e politici. Lui continua a negare di avere la voglia di impelagarsi di nuovo nella vita complicata dei partiti, e di non aver la forza di difendersi da traditori e nemici. Ma la piazza lo acclama. E una parte di Reggio continua ad aspettarne il ritorno. Mentre l’altra comincia a riflettere.

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