venerdì,Aprile 26 2024

Malattie invisibili, un dolore ancora senza voce: fibromialgia, endometriosi, vulvodinia e neuropatia del pudendo

Sono tante le patologie che non sono ancora riconosciute dalle istituzioni e milioni le donne che continuano a soffrire, sentire sminuito il proprio dolore e pagare cure molto costose

Malattie invisibili, un dolore ancora senza voce: fibromialgia, endometriosi, vulvodinia e neuropatia del pudendo

Fibromialgia, endometriosi, vulvodinia e neuropatia del pudendo sono le cosiddette “malattie invisibili”, quelle che colpiscono milioni di persone, perlopiù donne, ma non sono ancora del tutto riconosciute dallo Stato. Disturbi incurabili e poco studiati per i quali il sistema sanitario nazionale non copre i costi per le viste, gli esami e i farmaci.

Fibromialgia

In Italia sono due milioni le persone colpite dalla fibromialgia, una sindrome che provoca dolore muscolo-scheletrico diffuso e affaticamento. È una patologia prevalentemente femminile, ma può colpire anche gli uomini. I dolori avvertiti sono costanti, varia soltanto l’intensità. Chi li percepisce dice di sentire bruciore, tensione, rigidità.

Non esiste un esame attraverso cui poter diagnosticare questa patologia. L’analisi viene effettuata sulla base dei sintomi raccontati. Ed è per questo motivo che spesso i medici fanno fatica a dire con certezza se si tratti o meno di fibromialgia e così molti pazienti rimangono in un limbo, dal momento che la malattia non solo è difficilmente diagnosticabile, ma è anche poco conosciuta. Non avendo prove tangibili delle sofferenze del paziente, medici e infermieri riconducono tutto a condizioni psichiche come stress o depressione.

La fibromialgia non è compresa nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), le prestazioni che il servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini. Il Ministero sta ragionando sulla possibilità di inserirla tra i Lea e ha richiesto una classifica degli stadi di gravità per capire a chi garantire l’esenzione. Aggiungere la fibromialgia ai Lea è solo un primo passo, perchè bisogna poi occuparsi della creazione di centri specializzati e dell’istituzione di registri in cui siano raggruppati i pazienti.

Endometriosi

L’endometriosi è una malattia ginecologica, causata dalla presenza di tessuto endometriale (la mucosa che riveste la parete interna dell’utero) in altre parti del corpo, come le ovaie o le tube. Questo comporta uno stato di infiammazione cronica degli apparati genitali femminili. I dolori sono lancinanti, sia durante le mestruazioni sia nelle settimane precedenti.

Secondo l’Ape (Associazione progetto endometriosi), in tutt’Italia sono solo una cinquantina i centri pubblici specializzati, ma l’Associazione lamenta il fatto che l’elenco potrebbe essere poco esaustivo. Al momento manca una pagina web del Ministero della Salute che raggruppi le diverse realtà presenti sul territorio.

Anche per l’endometriosi non esiste una cura specifica. Quando la patologia diventa troppo invasiva, si ricorre a un intervento chirurgico per asportare il tessuto endometriale cresciuto in eccesso, ma non è detto che sia risolutivo. Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute sono tre milioni le ragazze con una diagnosi conclamata di endometriosi, ossia il 10-15% della popolazione femminile in età riproduttiva. Il servizio sanitario nazionale però, copre le visite e gli esami soltanto a chi ha raggiunto il terzo o il quarto stadio della malattia.

Vulvodinia

La vulvodinia è una sindrome cronica che comporta l’infiammazione delle terminazioni nervose dell’area vulvo-vaginale e pelvica. Chi ne soffre avverte bruciore, fitte, prurito e formicolio. Diventa difficile avere rapporti sessuali, indossare abiti aderenti, andare in bicicletta.

Filippo Murina, ginecologo responsabile del Servizio di patologia del tratto genitale inferiore dell’ospedale Buzzi di Milano, nel 2006 ha fondato l’Aiv (Associazione italiana per la vulvodinia), con l’obiettivo di far conoscere questa malattia e studiarla per poter garantire alle pazienti una vita migliore. Si stima che il 12-15% delle donne soffra di questa malattia. Anche la vulvodinia, nonostante sia una sindrome cronica e invalidante, non è inserita nei Lea e i centri specializzati pubblici sono pochi e mal diffusi.

Neuropatia del pudendo

La neuropatia del nervo pudendo è una malattia rara e semisconosciuta, caratterizzata principalmente dal dolore pelvico. In oltre nove casi su dieci è causata da un’infiammazione o danneggiamento del pudendo, cioè di quel nervo che, per la sua posizione, controlla anche le funzioni dell’ano e della vescica e interviene nell’intensità del piacere sessuale. Le cause non sono note, ma spesso la sindrome si scatena in seguito a traumi, interventi chirurgici e attività sportive, specialmente il ciclismo.

Il sintomo principale è il dolore nelle zone innervate, che può essere simile a pugnalate, come punture di spilli, oppure a un bruciore intenso. L’impatto generale sulla vita delle persone è molto forte e implica spesso la rinuncia al lavoro, alle altre attività di tipo sociale, la rinuncia alla vita sessuale. In Italia sono pochi i centri specialistici dov’è stata sviluppata una conoscenza della malattia. Con conseguenze inevitabili. Peregrinando da un medico all’altro trascorrono gli anni. Anzi, non è raro che dopo lunghi periodi di sofferenze i malati decidano di andare all’estero, dove ci sono maggiori conoscenze e attenzioni. Nel frattempo però, i sintomi peggiorano. 

Rema contro anche il mancato riconoscimento da parte dello Stato della nevralgia del nervo pudendo quale malattia rara. E a subirne le conseguenze sono i malati, perché in questo modo c’è una minore spinta alla creazione di Centri di riferimento, dove possano essere riunite le diverse figure professionali con un ruolo nella diagnosi, nella cura e nel supporto psicologico. Fino a quando rimarrà una malattia “orfana”, mancheranno le tutele e i diritti, che fanno parte della normalità per chi lavora ed è affetto da una malattia. Non è raro che il malato esca dallo studio del medico con il suggerimento di rivolgersi a uno psicologo. 

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