«Lunedi 27 luglio il mio medico curante mi fa una ricetta, per elettrocardiogramma e visita cardiologica, di tipo prioritario, di quelle valide solo tre giorni, perché con quelle normali non ci si può prenotare e mi consiglia il dottore Montemurro all’Asl a Scilla. Avevo avuto dei malesseri ingravescenti che gli avevano fatto pensare ad una angina pectoris».
Inizia cosi la disavventura di Agata, una grande paura e la necessità di approfondire per comprendere la gravità del suo stato di salute. Ma dopo lo spavento iniziale a rendere surreale la storia di questa donna è quello che deve affrontare una volta arrivata alla casa della salute.
«Martedi mattina mi reco all’ex ospedale di Scilla – racconta Agata – all’ingresso c’erano delle volontarie della protezione civile che annotano il mio nome e cognome e numero di telefono in un elenco e mi dicono di tornare il giorno dopo. Ritorno quindi mercoledì alle otto, mi presento di nuovo alle volontarie che controllano i miei dati nell’elenco e mi dicono che sarei stata chiamata per pagare il ticket».
«Una delle ragazze annuncia che l’ambulatorio di cardiologia non accettava più nessuno. A me sembrava ingiusto aver fatto la fila 3 ore inutilmente, dopo che già ero stata inserita nell’elenco dal giorno prima. Chiedo spiegazioni alle volontarie e mi viene detto che funziona così, se voglio lamentarmi lo posso fare direttamente in cardiologia e mi fanno passare. Lì un infermiere mi spiega che non possono accedere più di 10 pazienti ed io faccio presente che non è giusto far fare la fila se si è raggiunto quel numero e che io ero stata inserita nell’elenco dal giorno prima, lui risponde di lamentarmi in direzione sanitaria. Quindi parlo con una signora che difende la loro organizzazione della fila e dell’accettazione per visite ed esami, che se non sono soddisfatta posso andare al De Blasi».
Non sei soddisfatta del servizio sanitario pubblico? Nessun problema, scegli il privato. Ecco la soluzione a tutti i problemi della sanità. Ma non tutti sono disposti a chinare il capo e Agata rivendica i suoi diritti. E dopo essersi sentita dirottata al privato assiste a un cambio di rotta.
«Poi però mi ammette alla visita per “agevolarmi”. Ritorno in cardiologia e mi dicono di pagare il ticket. Faccio di nuovo la fila per il ticket e quando l’impiegata mi stava registrando, va via per un attimo la corrente elettrica, allora l’impiegata inizia a lamentarsi che era stanca, che non si era alzata nemmeno per fare pipì, mi chiede di dove sono, “San Roberto”, “allora può tornare domani”, ed io “ma se è tornata la corrente elettrica, anche internet dovrebbe funzionare”, niente l’impiegata insiste che non può fare nulla. Ritorno in cardiologia e mi dicono di tornare domani. Era quasi l’una. Oltretutto dovrei rifare la ricetta, rifare la fila col dubbio che poi sarei rimandata a domani».
Qui l’emergenza si scontra con un tipo di organizzazione che sembra far acqua da tutte le parti e come segnalato da diversi cittadini, alla casa della salute ci si affida ai volontari in attesa che il personale, per il quale è già stata fatta apposita delibera, prenda servizio. Intanto non resta che raccontare l’ennesima disavventura.
«A me sembra che ci sia cattiva organizzazione – conclude Agata amareggiata – incompetenza e mancanza di professionalità. Come può essere chiuso uno sportello pubblico perché manca internet, solo perché è mancata la corrente elettrica per qualche secondo? Con quale criterio le volontarie chiamano per pagare il ticket? Se io ero già in elenco sarei dovuta essere la prima».