lunedì,Aprile 29 2024

Un anno di Covid-19 tra emergenza sanitaria ed economica

Un paese in affanno provato e messo in ginocchio ma non sconfitto. Tante le paure e i disagi che questa pandemia ha seminato e che lasceranno cicatrici indelebili

Un anno di Covid-19 tra emergenza sanitaria ed economica

Siamo tutti protagonisti, da poco più di un anno, di un film surreale e quasi fantascientifico, proiettato improvvisamente nelle nostre vite. Attori – protagonisti contro voglia – di un dramma mondiale che ha preso piede nelle nostre esistenze e sembra non avere una fine, perlomeno in tempi brevi e senza aver creato nel frattempo, un sacco di danni. Migliaia di persone in tutto il mondo – senza distinzione fra ricchi e poveri, fra nobili e plebei – hanno perso la vita, confinate in un letto d’ospedale, quasi sempre povere d’affetto, senza poter ricevere lo sguardo di un loro caro, private dell’abbraccio di una mano amica o di un segnale di umanità, mentre silenziosamente lasciavano questo mondo.  

L’economia ha subito un crollo su scala globale e si è innalzato notevolmente il livello della disoccupazione, che ha colpito trasversalmente le imprese di quasi tutti i settori (turismo, trasporti, attività ricreative, musicali e così via) con pesanti ricadute anche sui bisogni economici e sulla stabilità affettiva delle famiglie. Scendendo maggiormente nel dettaglio dei dati, l’Italia ha avuto una perdita del PIL pari al 8,8% nel 2020 e il debito pubblico italiano è salito al 168% del PIL. 73.000 imprese italiane hanno chiuso e sicuramente 17.000 di queste non riapriranno; le attività più penalizzate sono quelle sportive e di intrattenimento, seguite dai servizi alberghieri e ricettivi e dalle case da gioco. Altissime percentuali di chiusura si registrano anche nei settori della ristorazione e del commercio al dettaglio. Circa il 15% delle imprese segnala seri rischi di fronte all’ emergenza globale da Covid con la previsione di una seria crisi di liquidità nella prima metà del 2021.  

In questo contesto di grave crisi economica, le nostre giornate sono scandite dalla contabilità dei morti e dei nuovi cittadini contagiati dal virus, annunciati e pubblicizzati da tutti i media, quasi come se i numeri potessero dare, anche lontanamente, l’idea dell’umanità “sommersa” sotto le fredde cifre, cioè i contatti umani troncati, i sentimenti interrotti, gli affetti lacerati. Sentimenti, relazioni, ritmi di lavoro e abitudini sono stati completamente stravolti o annullati. Insomma, l’arrivo di questa inattesa pandemia ha prodotto aspetti e conseguenze davvero inimmaginabili per la società del Terzo Millennio; una società contraddistinta dalle sue filosofie new-age, dal consumismo facile e dal benessere talvolta ostentato e sbandierato.

Sembrava impensabile che tale società digitalizzata venisse catapultata in una situazione in cui tutti gli individui sono isolati, non si esce, non ci si parla (se non su Whatsapp), non si condivide qualcosa (se non su Facebook) e non ci si incontra più; neppure per strada, se non muniti di mascherine e rispettosi dei distanziamenti. Eppure è accaduto davvero, e questa situazione imprevedibile si è fatta strada lentamente e inesorabilmente, senza chiederci un permesso o un lasciapassare. L’aspetto che mi ha colpito maggiormente nell’anno scandito dal ‘Coronavirus’ è rappresentato proprio dal substrato umano, cioè le storie, i vissuti, le cose semplici che si colgono dietro ai calcoli complessi, all’ enfasi dei proclami in televisione, agli annunci, ai freddi numeri.

La mia sensibilità va verso i sogni infranti, espressi e mai realizzati, di tante persone perché un virus di origine incerta ha deciso improvvisamente di proliferare, di spezzare vite, di scompaginare esistenze e progetti di vita. Eppure, nonostante il virus e le distanze materiali e culturali, i valori del sacrificio, della solidarietà, dell’amore emergono ugualmente. E così il pensiero va ai medici, agli infermieri, agli operatori sanitari che non si sono tirati indietro, a tutti coloro che hanno indossato il camice per lavorare nei luoghi del dolore. E anche alle persone che si muovono nel mondo del volontariato, che con generosità hanno rifocillato e assistito tante famiglie.     

Vorrei scegliere la storia di Claudia Pistillo, giovane studentessa universitaria di 23 anni, come esempio di chi ha combattuto la malattia.    Claudia è una giovane a cui piacciono le sfide ed è convinta che nella vita nulla accada per caso, e che ogni evento lasci un segno in ognuno di noi. Viene contagiata dal virus alcuni giorni dopo che sono risultati positivi i membri della sua famiglia; in lei si fa spazio una nuova fragilità, improvvisa, convinta com’ era che il Covid fosse qualcosa di estraneo, che mai avrebbe potuto intaccare la sua corazza, le sue certezze. Certi traumi, del resto, ti possono scalfire solo se li vivi davvero e li affronti in prima persona.

La malattia giunge come un fulmine a ciel sereno, ma nonostante questo Claudia lotta, accetta con pazienza i giorni passati a letto inerme, priva di forze, debole e con quella sensazione di smarrimento che le sembra nuova. Si fa strada lentamente in lei la parola di Dio, un dio che suggerisce di non vergognarci a chiedere aiuto. E così Claudia chiede aiuto ai medici, e i medici che hanno il compito di assisterla la curano amorevolmente, senza farle mancare nulla. Pian piano la ragazza migliora, risponde alle cure ed esce dall’ ospedale, torna a casa e capisce che il peggio è passato, ma è importante proseguire bene la riabilitazione, seguita a distanza dall’ equipe medica.

Dopo aver vissuto un’esperienza così dura Claudia viene raggiunta da nuove consapevolezze, è  serena per la libertà nuovamente raggiunta e rivaluta i rapporti coi suoi familiari, prima gestiti con maggiore freddezza; apprezza più di prima i gesti di ogni giorno, comprende il valore di un sorriso, di un incoraggiamento, di un sostegno non solo medico ma anche umano, psicologico, come quello che ha avuto la fortuna di ricevere dai suoi medici.    Come esseri umani, sostiene, dobbiamo “combattere, reagire, non giudicare ed essere empatici con l’altro: queste sono le qualità che ognuno di noi può donare per costruire un mondo migliore, per trarre vantaggio dalle esperienze, per percepirsi migliori anche nelle difficoltà che incontriamo nel nostro cammino.           

Piero Corigliano   

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