Chiusura Ppi Oppido, Consiglio comunale aperto: «Stiamo uniti per vincere questa battaglia»

«Il Punto di primo intervento deve riaprire e subito». È stato questo il grido unanime che si è sollevato questo pomeriggio da Oppido Mamertina, durante il Consiglio comunale aperto, convocato a seguito del sit-in di protesta tenutosi martedì, per discutere e trovare una linea comune da seguire per contrastare il provvedimento attraverso il quale l’Asp di Reggio Calabria ha chiuso il Ppi di Oppido, al fine di sopperire alla carenza di personale medico e paramedico del Pronto soccorso dell’ospedale di Polistena.

All’incontro, che ha visto la partecipazione massiccia della cittadinanza, oltre all’Amministrazione comunale oppidese al completo, con in testa il sindaco Bruno Barillaro, hanno preso parte il sindaco f.f. della Città metropolitana Carmelo Versace, il vescovo della Diocesi di Oppido-Palmi Francesco Milito, Marco Caruso, Ettore Tigani e Orlando Fazzolari, rispettivamente primi cittadini di Molochio, Terranova Sappo Minulio e Varapodio, Giuseppe Zampogna, presidente dell’assemblea di Città degli ulivi nonché sindaco di Scido, Mariano Mazzullo, presidente del comitato “Ci siamo rotti”, Armando Foci, presidente dell’associazione “Progetto città della Piana” e diversi rappresentanti delle varie realtà associative del territorio.

Barillaro: «Ennesimo scippo ai danni del nostro territorio»

Ad aprire i lavori del Consiglio comunale aperto, il padrone di casa Barillaro, che ha sostenuto di trovarsi di nuovo di fronte «all’ennesimo scippo ai danni del nostro territorio. Quella dell’Asp è una scelta scellerata oltre che un’offesa nei confronti non solo della nostra cittadina ma di tutto il territorio preaspromontano. Qui serve unità, senza colori politici, per rendere vivibile il nostro territorio e ciò si può fare solo garantendo un’assistenza sanitaria adeguata. Pertanto, chiediamo a gran voce l’immediato ripristino del Ppi diurno e notturno».

Sindaci: «Restiamo uniti per vincere questa battaglia»

Tutti concordi sul fatto di rimanere uniti per poter ottenere la riapertura del Punto di primo intervento, i sindaci intervenuti. «Il problema della sanità è un problema di mala gestione politica – ha affermato il sindaco di Terranova -. Non bastano i proclami e l’indignazione quando succede qualcosa, dobbiamo stare al fianco dei cittadini e prenderci carico delle loro istanze, portandole dalle Istituzioni preposte».

«Per questa situazione ci sono dei responsabili e non sono altro che i governi nazionali e i governatori della Regione che si sono succeduti negli anni – ha sostenuto il presidente dell’assemblea dei sindaci della Piana -. Negli ultimi 12 anni c’è stato un depauperamento dei servizi sanitari, dalla periferia al centro, e penso che l’intento sia quello di spostare tutto verso Reggio. Abbiamo bisogno di risposte e spero che ci vengano fornite durante l’incontro di sabato, con il commissario straordinario Lucia Di Furia, la quale dovrà proporci un piano aziendale su cui discutere, confrontarci e mettere la nostra».

Unità è quella invocata anche dal sindaco di Molochio, il quale ha affermato che è necessario fare «una battaglia di civiltà e vincere, perché altrimenti saremo sempre dei cittadini di serie C e lo saremo sempre se non ci uniamo facendo sentire la voce dei cittadini della Piana».

Battagliero il sindaco di Varapodio, il quale ha detto che «è ora di smetterla di farci prendere in giro. Dobbiamo mobilitarci, andare a Reggio e farci ascoltare, anche battendo i pugni e ribaltando qualche scrivania, altrimenti saremo sempre qui a parlare tra di noi senza risolvere nulla. La guerra la dobbiamo fare noi, pertanto rimbocchiamoci le maniche e vinciamo la partita. Dobbiamo difendere i nostri diritti e tutelare i nostri interessi».

Versace: «Se i Ppi non si riaprono adesso non si riapriranno più»

Per il sindaco f.f. della Città metropolitana, «la sanità non può essere una questione di numeri. Non si può dire che a Oppido gli interventi sono uno o due e per questo decidere di chiudere un presidio essenziale. La questione è che bisogna programmare prima, non accorgersi a luglio della carenza di personale e correre ai ripari chiudendo altre strutture per ovviare ai problemi di Polistena. Tutto ciò è inaccettabile, oltre che incivile e antidemocratico». Versace si è poi detto contrario a quanto affermato da Zampogna circa la volontà di spostare tutto su Reggio, perché «di certo non se la passa bene con le questioni che riguardano le varie infrastrutture», lanciando un monito ai sindaci della Città degli ulivi, affinché «siano uniti e non come spesso successo in passato, perché abbiamo solo questa strada per vincere la battaglia, invocando il coinvolgimento del prefetto.

La petizione del comitato “Ci siamo rotti”

«È giusto individuare i responsabili che ci hanno portato a essere privati di tutto e proprio per questo abbiamo deciso di denunciare», ha affermato il presidente del comitato “Ci siamo rotti”, che a tal proposito ha avviato una petizione e preparato una diffida nei confronti del Ministro della salute, del commissario pro tempore della sanità calabrese e dell’Asp di Reggio Calabria. «Vogliamo vedere tutelati i nostri diritti, perché è assurdo che i cittadini del comprensorio di Oppido, che sono più di 20.000, devono valere meno di quelle di Polistena».  

Nella diffida si legge che «questa scelta è stata effettuata senza tener conto della reale situazione in cui versano da tempo i servizi sanitari del nostro comprensorio, ragion per cui denunciamo a gran voce una palese mancanza di organizzazione e programmazione aziendale, la mancanza altresì di una visione complessiva e programmatica che ha colpevolmente generato questa gravissima situazione di perenne stato emergenziale. Alla luce dello stato di necessità e mancanza di risorse economiche e umane, non si comprende neppure perché a Oppido si continui a non completare il cantiere di un ospedale realizzato negli anni ’90 che potrebbe ospitare servizi e reparti di ogni genere. La stessa scelta viola le disposizioni ministeriali che hanno nelle loro linee guida la riapertura dei piccoli ospedali, soprattutto quelli in cui il territorio olograficamente è più impervio.

Già nel novembre 2021 la stessa azienda sanitaria aveva provveduto alla chiusura notturna del Ppi di Oppido, definendola provvisoria per sopperire all’emergenza di personale della struttura ospedaliera di Polistena in quanto ci trovavamo ancora nello stato di emergenza Covid-19 che si è protratto fino a marzo 2022. La stessa Asp allo scadere dello stato di emergenza non ha ripristinato il servizio notturno del Ppi violando le norme sulla continuità assistenziale e non garantendo i Lea, ovvero i livelli essenziali di assistenza. Tali scelte appaiono solo incomprensibili e spregiudicate, ma violano le norme costituzionali e la Carta dei diritti dell’uomo, bistrattando ancora una volta il territorio di oppido che, nel corso degli ultimi decenni, è stato già fortemente privato degli standard minimi per garantire salute, viabilità, studio e lavoro. Queste azioni rappresentano un chiaro attacco a quel che rimane dei servizi sanitari pubblici, a vantaggio di una sanità privata che esclude molte fasce della popolazione calabrese».

Foci: «La nostra unica speranza sono i sindaci»

Ha riposto ogni speranza nelle mani dei sindaci del territorio, il presidente dell’associazione “Progetto città della Piana» Armando Foci, affermando che non si può fare affidamento sui parlamentari o sui consiglieri regionali. «Qualsiasi cosa si faccia qui, diventa un fallimento. La colpa è della autonomia differenziata e noi cittadini siamo esasperati. Confidiamo quindi nei sindaci, che sono l’unico contatto diretto che abbiamo con le Istituzioni».

Vescovo: «Calpestata la nostra dignità»

A chiudere i lavori, il vescovo Milito, il quale ha sostenuto che «stasera abbiamo ragionato e messo a confronto le nostre intelligenze. Hanno calpestato la nostra dignità, soprattutto quella dei malati. Che logica è chiudere un punto di primo intervento, il cui compito è quello di intervenire nell’immediatezza e non aspettare? Di fronte a questa contraddizione dobbiamo muoverci tutti insieme e far sentire la nostra voce, nella speranza che prevalga il buon senso».

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