Sanità, associazioni, medici e cittadini scrivono a Occhiuto: «Istituire le case della maternità»

Dopo il parto in emergenza di Melito Porto Salvo, avvenuto lo scorso 20 giugno e raccontato in anteprima da noi de ilReggino, i membri dell’associazione “Dall’Ostetrica”, hanno scritto una lettera aperta al Governatore della Regione Calabria Roberto Occhiuto.

La lettera è stata sottoscritta da ben 34 associazioni ed oltre 180 medici e comuni cittadini calabresi.

Una lettera per chiedere l’istituzione delle Case della Maternità, demedicalizzando la nascita anche nei reparti di ostetricia e favorendo percorsi differenziati tra le donne sane e quelle con problemi di salute, oltre l’approvazione della proposta di legge sul parto a domicilio che giace nei cassetti della Regione dal 2015.

Quello che la lettera aperta propone è una vera e propria rivoluzione del sistema nascite in Calabria. Una rivoluzione non utopistica, realmente realizzabile anche grazie ai fondi del Pnrr, che colmerebbe definitivamente il divario con le regioni del Nord dove tutto questo è già realtà.

LA LETTERA APERTA

«Nonostante l’oblio degli ultimi anni, probabilmente causato dalla recente pandemia, leggiamo con piacere, che qualcuno ancora ha memoria della Proposta di Legge n. 240/X “Norme per il parto a domicilio”. A ricordarcelo è Rubens Curia portavoce di Comunità Competente, che in occasione di un parto avvenuto presso i locali del Consultorio Familiare di Melito Porto Salvo e l’articolo riportato da LaC News24 in cui si denuncia la sospensione dei ricoveri presso il punto nascita dello Spoke di Corigliano – Rossano, ribadisce come ha già fatto in passato, che gli strumenti normativi ci  sono ed è il momento di agire.

Correva l’anno 2017 quando la Commissione Sanità del consiglio regionale della Calabria licenziava la proposta di legge sopracitata. A questo punto è doveroso fare un breve excursus perché di anni ne sono passati e nel frattempo c’è stata anche una pandemia. La Proposta di Legge n. 240/X “Norme per il parto a domicilio” voleva essere una chiara espressione dei bisogni delle donne nei confronti delle istituzioni, perché chiedevamo sì il rimborso del parto a domicilio come diritto di scelta del luogo del parto, come tra l’altro succede già in alcune regioni italiane, guarda caso tutte del centro nord del paese; ma l’obiettivo era richiamare l’attenzione sulla salute delle donne, degli uomini, dei bambini e delle bambine Calabresi che già all’epoca chiedevano libertà di scelta e appropriatezza delle cure.

“Investire nello sviluppo precoce del bambino costituisce uno dei migliori investimenti che un paese può fare per sviluppare la sua economia, promuovere società pacifiche e sostenibili, eliminare la povertà estrema e ridurre le diseguaglianze”, è quanto si legge nel documento del Ministero della salute “Azioni e strategie nei primi mille giorni di vita” e quale modo migliore se non partire dalla demedicalizzazione della gravidanza, parto e puerperio.

Ma ritorniamo alla legge. La proposta è stato il frutto di un lavoro congiunto portato avanti da associazioni di ostetriche, ordini professionali e associazioni in rappresentanza di donne e bambini/e, con l’obiettivo di demedicalizzare l’evento nascita, in seguito ai risultati di un’indagine campionaria realizzata nel 2015 nelle province di Cosenza e Reggio Calabria sul percorso nascita.

Dallo studio dei dati, seguito dal professore Michele Grandolfo già Dirigente di ricerca dell’Iss, emerse che rispetto a quanto indicato dalle linee di indirizzo Nazionali e Internazionali risultavamo molto distanti, per esempio: proporzione di tasso di taglio cesareo 37% quando il valore raccomandato dall’Oms è 15%, tasso di allattamento esclusivo per i primi sei mesi 10%.

In seguito alla ricerca noi donne abbiamo registrato un video dal titolo “Storie di parto le donne raccontano” visibile su canale YouTube, nel quale alcune donne hanno raccontato la loro esperienza di gravidanza, parto e post-parto e di quanta scarsa attenzione avevano ricevuto durante l’intero percorso. Le prime criticità si presentano già se vogliamo prenotare una visita in consultorio piuttosto che un’ecografia, siamo ridotte al punto che l’appuntamento andrebbe preso prima di rimanere incinta. I consultori non erogano i servizi che dovrebbero eppure, avevamo alcune eccellenze sul territorio calabrese, alcuni aperti ben 12 ore al giorno (Trebisacce e Melito Porto Salvo) che oggi non possono più garantire questo servizio per via della carenza di personale – non si capisce bene perché lo stesso andato in pensione non sia mai stato sostituito -.

Abbiamo fatto convegni per sensibilizzare le cittadine, i cittadini e le istituzioni. Nel 2018 sono scese le donne attiviste dai Castelli Romani, con il Camper Rosa, per supportare le proposte avanzate dalle donne e uomini Calabresi ma nulla è successo, anzi la pandemia ha esacerbato e peggiorato le cose. E allora cosa è successo? Perché questo torpore, questa mancata voglia di far sentire la propria voce?

Ripercorrendo le tappe ci siamo rese conto di aver fatto tanto, troppo, senza nessun risultato, abbiamo lavorato in solitudine, come sappiamo fare noi donne.

Le donne continuano a scegliere un’assistenza basata sul rispetto e appropriatezza delle cure, lo dicono i numeri: negli ultimi anni sono già stati assistiti 50 parti in casa solo nella provincia di Cosenza da ostetriche libere professioniste, questo significa che noi donne/coppie pur di vedere rispettati i nostri diritti paghiamo un servizio che potrebbe essere rimborsato se solo venisse approvata la legge.

Noi donne sappiamo ricominciare e trasformare le criticità in punti di forza, forse è arrivato il momento di pensare alle case di maternità pubbliche a conduzione ostetrica, rinforzare i consultori garantendo l’apertura di 12 ore, almeno uno in ogni distretto sanitario (ciò eviterebbe di intasare i pronti soccorsi per qualsiasi dubbio o paure che sovviene in gravidanza), riprendere la proposta di  legge per il rimborso del parto a domicilio, demedicalizzare la nascita anche nei reparti di ostetricia favorendo percorsi differenziati tra le donne sane e quelle con problemi di salute.

Diventare madre è un evento che cambia l’esistenza della donna. L’assistenza che questa riceve durante il travaglio ha effetti influenti sulla vita di madre e bambino a livello emozionale, fisico e relazionale, influenzando gli outcomes a breve e a l lungo termine. La buona comunicazione, il  supporto, l’empatia dei professionisti che prendono in carico la donna, sentire rispettati i propri bisogni e desideri, può aiutarla ad avere consapevolezza rispetto a cosa le succede intorno e a contribuire a fare della nascita un’esperienza positiva per la donna e il nucleo familiare che sta nascendo.

Caro Presidente, confidiamo nella sua sensibilità di uomo Calabrese a cui sta a cuore la salute delle donne, delle bambine e dei bambini».

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