Un mese senza il sorriso di Nino. L’affettuoso ricordo nelle parole di don Paolo Ielo
Dall'amore verso la sua famiglia e la moglie Elena, fino alle passioni per i tatuaggi. Gioioso, sorridente ed orgoglioso: il ritratto del vigile del fuoco, Nino Candido. Così continua a vivere nel cuore dei suoi affetti
È trascorso un mese dalla morte di Nino Candido. Un mese dalla tremenda tragedia accaduta ad Alessandria e che ha portato via un giovane pieno di sogni e speranze assieme ad altri due colleghi vigili del fuoco.
Amori e passioni di un’anima nobile
Ora che le luci dei riflettori rischiano inevitabilmente di spegnersi su di lui e la sua storia, noi abbiamo deciso di continuare a raccontare ancora di Nino. Di quel giovane gioioso, sorridente ed orgoglioso di aver potuto fare il lavoro che, sin da piccolo, aveva sempre sognato: il vigile del fuoco.
La sua immagine, nel corso di un’esercitazione alla scuola di formazione, ha fatto il giro d’Italia: ed è forse l’istantanea più genuina di ciò che Nino era davvero. Un uomo legato alla vita. Un’esistenza fatta d’amore, nelle sue più diverse sfaccettature: da quello per la sua adorata Elena, al legame inscindibile con la famiglia in cui era nato e cresciuto, ai suoi cani che curava come figli. Amore e passioni: come quella per i tatuaggi. Nino li disegnava e realizzava. Segno di un’anima ricca di talento.
Di spunti artistici, Nino, ne aveva davvero diversi. Lo abbiamo visto registrare video di auguri davvero originali; lo abbiamo ammirato esibirsi in una irresistibile interpretazione di “Faccio quello che voglio” voluta e pensata per far sorridere. Nino era un’anima musicale che sapeva anche suonare la chitarra. Un uomo dalle mille passioni condivise con Elena e la famiglia.
Una famiglia da amare
Abbiamo imparato a conoscerli in queste settimane i parenti di Nino Candido: papà Angelo, anche lui vigile del fuoco, uomo da cui Nino ha tratto l’amore verso il prossimo ed il senso del dovere; mamma Mariastella, donna dalla forza incredibile, che dai primi attimi ha dimostrato una fede granitica, certa che il suo Nino abbia solo cambiato il modo di prendersi cura di lei. E poi Elena, giovane moglie e compagna inseparabile che, con il suo uomo, aveva appena iniziato a concretizzare i progetti di una vita. Lei che, con la determinazione di chi ha versato ogni lacrima possibile, ricorda tutte le volte in cui si immaginava avanti negli anni, ma sempre con la medesima mano da stringere e lo stesso sguardo in cui perdersi.
Il 5 novembre, nella nottata silenziosa di una cascina all’apparenza immobile, la deflagrazione ha spazzato via tutto in pochissimi istanti. Vita, sogni, progetti e speranze.
Il ricordo un mese dopo
Ad un mese esatto dalla tragedia di Alessandria, l’intera famiglia di Nino si è ritrovata nella parrocchia di Condera, lì dove svolge la sua missione di parroco don Paolo Ielo. È lui il sacerdote che fu anche professore di Nino. Lui ad aver scritto di getto un messaggio commovente per ricordare il suo ex allievo. Ed è da lì, da quelle parole intrise di dolore che don Paolo è ripartito per ricordare Nino. «Dio è padre, è buono e perdona», ha ricordato durante la sua omelia. «Mamma Mariastella – ci ha spiegato il sacerdote – mi ha detto che se il figlio avesse perso la vita per salvarne un’altra, se ne sarebbe anche fatta una ragione. Ma Nino è morto perché qualcuno ha giocato sporco». Cosa dire in queste circostanze? «Ho invocato il perdono. Nino è morto ingiustamente, perché un uomo non si è fermato davanti a nulla. Voleva raggiungere il suo scopo e non si è posto il problema che qualcuno avrebbe potuto anche rimetterci la vita. Non ci si ferma davanti a nulla, oggi, davanti alla bramosia di avere ricchezza». Ed allora la domanda è consequenziale: «Come si può perdonare davanti a tutto questo? La risposta sta nel fatto che, proprio questa riconciliazione è il regalo più bello che si possa fare a Nino». Don Paolo promette che la sua comunità continuerà a ricordare regolarmente Nino Candido: «Ogni mese la comunità pregherà per lui, per la sua famiglia, affinché possa avere la forza di rialzarsi, sollevarsi da terra e guardare all’aurora di un giorno nuovo con gli occhi di Nino che – rimarca il sacerdote – non è un eroe, ma un giovane che ha amato la vita fino in fondo».
Il sogno di diventare papà
Poi il ricordo di quell’ultimo desiderio che Nino aveva consegnato a don Paolo nel loro colloquio: «Mi disse che sarebbe voluto diventare papà. Ecco, io oggi sono certo che Nino è papà di tanti angeli che, in cielo, guardano insieme a lui la vita, quella che il Signore, in maniera prematura, ha chiamato a sé, realizzando quel dono che è stata la vita stessa».