Mentire per coprire il boss Labate. Lo ha fatto una bambina di appena dieci anni su indicazione dei genitori. Al centro, un’agenda in cui vi erano tutti i segreti finanziari della cosca Labate. Una sorta di “bibbia” del crimine all’interno della quale vi erano nomi e cifre degli imprenditori taglieggiati. Un elenco lungo, corposo ma che doveva rimanere sconosciuto soprattutto alla Squadra mobile di Reggio Calabria. Ed è per questo che il clan egemone a Gebbione non ha esitato a coinvolgere la bambina costretta, con l’assurda complicità dei genitori, a mentire agli investigatori dicendo che quelle cifre le aveva scritte lei per gioco.
È una storia che merita di essere raccontata quella che emerge dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere dell’inchiesta che ha colpito la cosca Labate.
Siamo nel 2013 e Antonino Labate è preoccupato per l’attività dei poliziotti che hanno eseguito delle perquisizioni in casa del suo più fidato collaboratore. Gli investigatori si recano in casa e, con la scusa di ricercare armi e droga, controllano all’interno dei documenti presenti e dei libri. Il motivo è presto detto: dopo l’arresto del boss Pietro Labate, erano state rinvenute agende contabili molto interessanti. Intercettando le persone coinvolte, i poliziotti sanno che anche in quell’abitazione c’è qualcosa che può fare al caso loro.
Il boss allora suggerisce dove poter nascondere l’agenda: fra i libri dei figli della coppia. Ma non può bastare. Perché Labate sa bene che gli investigatori chiederanno conto anche alla bambina di quella scrittura contabile che non è propriamente di un ragazzino. Ed è qui che, con la complicità dei genitori emerge come anche alla ragazzina sia chiesto di mentire alla polizia.
Labate: Una cosa e un’altra… ti chiamano… il fatto dei numeri… gli dici…
Genitore: La figliola
Labate: la figliola scrive sempre numeri.. hai capito? Scrive… io scrivo… mi diverto… numeri
Il gip: «Un contesto desolante»
Il boss ammonisce i presenti: bisogna prendere le cose sul serio perché il rischio, per i sodali della cosca, è molto elevato. Ed un eventuale ulteriore sequestro avrebbe potuto creare una debacle finanziaria. «Una bambina di appena dieci anni – scrive il gip – veniva sollecitata dai genitori e dal boss del quartiere a fornire informazioni mendaci per coprire gli interessi economici di una cosca di ‘ndrangheta. Il tutto in un contesto di desolante deriva culturale e familiare, che ben fa comprendere il perché sia così arduo debellare il tarlo mafioso quando le nuove generazioni sono costrette a respirare, sin dall’età scolare, un’aria a tal punto intorbidita dal germe dell’illegalità.
Labate: allora, si vede che più tardi tornano
Genitore: (bisbiglia)
Labate: La figliosa? Sì Io li ho scritti, gli devi dire, scrivo sempre io
Genitore: Ma… lei l’ha scritto
Labate: Non la possono manco interrogare
Genitore: Ma lei l’ha scritto
Labate: mh?
Genitore: lei li ha scritti
Labate: Quanti anni hai?
Bambina: Undici
Genitori: Dieci!
Labate: Dieci!? Giochiamo con la… gli dici… giochiamo con una mia amica… compagna … che viene qua a fare i compiti perché a scuola insegnano sempre … gli devi dire i numeri.. inc… a scuola
E non serve aggiungere molto per comprendere quanto grave possa essere per una bambina dover mentire per proteggere un riconosciuto boss di ‘ndrangheta.