Reggio Calabria, tra la paura del contagio e la voglia di divertirsi

La paura di contagio da COVID-19, di quella definibile come “strizza” vera e propria, ha visto un comportamento praticamente esemplare dei cittadini di Reggio Calabria, tanto da essere tra le prime città d’Italia (se non la prima addirittura) a risultare con zero casi infetti. Ma se guardiamo il comportamento di oggi degli stessi cittadini, con qualche fuori-sede in più, allora si capisce bene che “non c’è nenti!”.

C’è totale mancanza di coerenza con quei cittadini esemplari di qualche mese fa; sembrano lontanissimi i tempi di Pietra Kappa e “N’tonella”, di #restiamoacasa e #andràtuttobene e dei flashmob sui balconi. Riflessioni che scaturiscono dagli enormi assembramenti che il Saturday-night reggino ha regalato e regala sul Lungomare Falcomatà. Domanda che sorge spontanea: chi assicura che, specialmente i fuorisede rientrati, non siano asintomatici ed abbiano effettuato regolarmente i 14 giorni di quarantena previsti al loro rientro e si siano sottoposti ai tamponi? All’Aeroporto di Lamezia, nei primi giorni di luglio si sono registrati casi di passeggeri che non sono stati controllati all’atterraggio, nè in termini di certificazioni sanitarie nè in termini di misurazioni della temperatura corporea. A questo aggiungiamo la totale assenza di utilizzo di dispositivi di protezione e totale assenza di distanziamento sociale.

Ma chi dice queste cose rappresenta un perfetto invito per gli haters che sui social-networks non sanno fare altro che criticare, parlare male, le buche, la spazzatura (candidatevi a Sindaco e siamo certi risolverete tutto…) e allora c’è da parlare contro questi “sceriffi” e da indignarsi dai festeggiamenti della promozione della Reggina in B (condivido in tutto e per tutto il servizio delle Iene). Ma indignatevi pure, la sostanza non cambia: siamo un popolo che solo davanti alla grande paura, solo davanti alla “strizza”, solo col mitra puntato addosso sa rigare dritto e sa rispettare le regole. Gente furba quella reggina, giovani furbi quelli che nella c.d. Via Marina Bassa hanno creato assembramenti spaventosi.

Ci sta passeggiare, ci sta uscire, i locali DEVONO lavorare e guai non fosse così, ma ci sono da rispettare delle regole chiare per tutti. E quindi va bene la musica, va bene il chiosco, ma non va bene servire le bevande al chiosco stesso così da costringere i già “geniali” autori della movida reggina a fare la fila attaccati l’uno all’altro; soluzione più plausibile: servizio solo ai tavoli che a loro volta devono essere messi a distanza sociale. Sembra così complicato? Per “ballare” non lo si può fare davanti al lido, davanti al chiosco, o ai tavoli, ma solo dentro i Lidi che organizzano le serate e per queste deve essere previsto un ingresso a numero chiuso per quante persone può effettivamente contenere la pista da ballo. Che se privi il reggino-medio dei Latino-americani o del party alcolico, l’hai perso per sempre…

E se da una parte in Via Marina Bassa ci sono i muretti, lì non c’è da sostare, sorseggiare il drink (nella migliore delle ipotesi…) e creare assembramenti: la consumazione, ripetiamo, solo al tavolo, per il resto si può solo camminare e passeggiare senza sostare e fare assembramenti, costringendo chi magari passeggia, a dovere fare slalom riducendo spazi vitali e distanze sociali. Divertitevi responsabilmente, e l’invito anche alle istituzioni locali e alle forze dell’ordine di tornare ad effettuare controlli a tappeto e multe salate, solo così il reggino si sa comportare, solo col mitra puntato addosso…

*Lettera firmata

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