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Minori e giustizia, a Reggio il numero più alto di percorsi di messa alla prova in Calabria

Sono 122, a fronte dei 117 nel distretto di Catanzaro, coloro che, sul territorio metropolitano, dopo la sospensione del processo penale, sono coinvolti in un progetto rieducativo con i servizi sociali

Minori e giustizia, a Reggio il numero più alto di percorsi di messa alla prova in Calabria

Dei 315 minori che al primo trimestre 2022 risultano in carico dall’Ufficio Servizio Sociale per minorenni (Ussm) di Reggio Calabria, 122 si trovano attualmente in messa alla prova.

Hanno, cioè, ammesso la loro responsabilità rispetto ai fatti contestati e acconsentito a seguire un percorso rieducativo affiancati dai servizi sociali; un percorso volto alla valutazione del loro comportamento e della loro personalità.

Il processo penale è, dunque, sospeso ed è in corso l’esecuzione del provvedimento di carattere penale in area esterna, dunque fuori dal carcere. Al termine del percorso la pena potrà essere estinta, in caso di esito auspicato, oppure il processo verrà ripreso dal punto in cui è stato interrotto. Il ricorso all’istituto alternativo alla pena di messa alla prova resta in crescita a Reggio Calabria.

La competenza territoriale e i dati

La competenza territoriale dell’Ussm di Reggio Calabria coincide con quella del Tribunale per i Minorenni e del distretto giudiziario di Corte d’appello, e si estende al territorio metropolitano. Ciò significa che i 122 minori sono solo reggini.

I minori in messa alla prova in carico all’Ussm di Catanzaro sono invece 117, su un totale di 638 risultanti in carico al primo trimestre 2022. Un dato solo in apparenza leggermente inferiore. Il distretto giudiziario di Catanzaro, in cui opera il sopra citato Ussm, copre infatti i territori di quattro province. Unitamente a quello di Catanzaro, anche Cosenza, Crone e Vibo Valentia. Quindi 117 minori ma in una dimensione territoriale molto più ampia.

Questo il quadro secondo i dati del ministero di Giustizia.

La convenzione sui Diritti dell’Infanzia

L’istituto della messa alla prova (Dpr 448/1988) è una misura pienamente coerente con il principio sancito dall’articolo 40 della convenzione internazionale dei Diritti dell’Infanzia, di cui oggi ricorre il trentatreesimo anniversario della sua adozione a New York il 20 novembre 1989.

Esso prevede che «Gli Stati parti riconoscono ad ogni fanciullo sospettato accusato o riconosciuto colpevole di reato penale di diritto a un trattamento tale da favorire il suo senso della dignità e del valore personale, che rafforzi il suo rispetto per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali e che tenga conto della sua età nonché della necessità di facilitare il suo reinserimento nella società e di fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest’ultima».

Un istituto previsto dall’ordinamento giuridico italiano dal 1988, che dunque ha preceduto la Convenzione, e che riconosce al minore, persona in formazione, la possibilità di riparare al suo errore con un percorso fuori dal carcere.

La misura alternativa incarna la volontà del legislatore di tutelare e rieducare il minore in luoghi diversi da quelli propriamente detentivi e investendo su un percorso di consapevolezza da praticare affiancato dai servizi sociali.

Priva di capacità di agire da un punto di vista giuridico, la persona minore di 18 anni è però titolare di un interesse ritenuto supremo. Ciò in ragione della sua specifica esigenza di tutela rafforzata.

Adesso la messa alla prova sta registrando un’apertura anche con riferimento agli adulti che abbiano commesso reati di minore allarme sociale. Ciò ne sottolinea la valenza rieducativa.

Le comunità di accoglienza e i minori

Ma torniamo ai minori. La messa alla prova può intrecciarsi con l’altra misura a tutela del minore, ossia il collocamento comunità. Il tutto concorre a rendere, nel nostro sistema di giustizia minorile, la pena detentiva residuale e applicata solo come estrema ratio, da scontare in uno dei 17 istituti penali per minorenni. In Calabria, esso ha sede a Catanzaro.

Dal punto di vista delle comunità di accoglienza per minori, tre delle oltre 630 comunità residenziali presenti in Italia. Insistenti a Bologna, Catanzaro e Reggio Calabria, sono gestite direttamente dal dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità del ministero della Giustizia. Le altre, invece, sono gestite da strutture private accreditate dal Ministero.

La loro dislocazione però non è omogenea rispetto ai dati.

In Calabria, ad esempio, con oltre 250 minori (132 in carico all’Ussm di Reggio Calabria e 127 a quello di Catanzaro) inseriti nel circuito penale esterno, le comunità private risultano 11, mentre in Lombardia, dove i minori sono poco più di 900 le comunità private sono 118, oltre dieci volte di più. Anche nella vicina Sicilia, a fronte di 800 minori inseriti nel circuito penale esterno, le comunità sono 74. I dati sono dell’osservatorio sugli Istituti Penali per Minorenni dell’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale Antigone.

C’è dunque in Calabria, e nel reggino, una carenza da colmare alla quale risponde la recente e apposita legge regionale (13/2022) adottata lo scorso maggio.

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