Scavi Piazza De Nava, il Comitato civico vede una casa colonica tra le prime scoperte

«Cos’è affiorato con lo sventramento del Corso Garibaldi davanti al Museo Archeologico, voluto dalla Soprintendenza come intervento collaterale alla “demolizione” (termine usato dai progettisti) di piazza De Nava?»

Se lo chiede la Fondazione Mediterranea e il Comitato civico che continuano a fare ostruzionismo rispetto al progetto di riqualificazione di Piazza De Nava offrendo una propria analisi di ciò che è affiorato a pochi giorni dall’avvio del contestato cantiere.

Alla Fondazione e al Comitato, però, non va giù quanto riportato su queste colonne, e cioè che trattasi di condotte idriche, «probabilmente – si aggiunge in una nota – risalenti agli anni Settanta del Novecento, coeve, quindi, alle cabine del Lido Comunale poste in tutela dalla Soprintendenza come bene culturale, qualifica non assegnata a piazza De Nava che di anni di anzianità ne ha più di cento».

«Sarà pur vero – ammettono – ma non si parla dell’altro ritrovamento, ben visibile, e probabilmente più importante, quantomeno come testimonianza di tecniche edilizie rurali in epoca antecedente al terremoto del 1908. Per non parlare del ritrovamento di un vecchio/antico lastricato in pietra posizionato sul lato sud dello sventramento lato piazza De Nava».

Ma in cosa consistono queste vestigia di una vecchia/antica costruzione, provano a spiegarlo la Fondazione e il Comitato .

«Queste vestigia sono rappresentate dalla base di due muri e da una porzione di pavimento. I muri sono edificati con una tecnica che, usando termini di ingegneristica romana, è come se fossero a metà strada tra un opus mixtum e un opus incertum: edilizia povera, quindi, fatta anche con materiali di risulta (pietre, pezzi di mattoni, tegole rotte, ecc) assemblati a secco o più probabilmente tenuti insieme da un legante (malta, cemento, altro?)».

L’analisi del collante, assicurano, potrebbe fornire delle indicazioni più o meno precise sul periodo di costruzione, a partire dal pavimento che è costituito – si legge nella nota – da mattonelle in terracotta delle dimensioni di 20 cm x 20 cm di colore giallo chiaro tranne un paio rossicce. Anche questo è indice della povertà della costruzione e dei suoi abitanti.

«A nostro avviso si tratta dei resti di una casa colonica venuta giù col terremoto del 1908. La sua età la dovranno stabilire i tecnici. Ma quali tecnici? Gli stessi che hanno interesse a continuare nello sventramento del Corso e nella demolizione della piazza? C’è un poderoso conflitto di interessi. Come risolvere la questione? Se i resti sono antichi, la loro distruzione porterebbe dritti dritti all’applicazione dell’articolo 518 duodecies del codice penale. Ma, se fossero semplicemente vecchi, non si potrebbero egualmente tutelare come espressione di quella cultura contadina che in rada dei Giunchi si esprimeva anche col le prime coltivazioni del Bergamotto reggino?»

Ad avviso del Comitato civico la problematica dovrebbe essere affrontata con spirito scientifico senza settarismi o pregiudizi. «Ma chi lo dovrebbe fare? E arriviamo al solito problema del conflitto di interessi. Sarà difficile risolverlo senza una democratica condivisione delle scelte».

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