MITI E MISTERI METROPOLITANI| S. Elia e la lotta col diavolo

«Quando dalle coste di Palmi si vede tramontare il sole nel mare di Sicilia si può essere certi dell’esistenza di Dio» scriveva il viaggiatore Astolphe de Custine riferendosi al monte Sant’Elia. In quel punto, dalla cui cima si «gode uno dei panorami più affascinanti del mondo», aggiungeva Leonida Repaci, in cui cielo, terra e mare diventano una cosa sola non poteva non nascere la leggenda. E non una leggenda qualsiasi ma quella riferita alla lotta tra un santo, Elia, appunto, e il diavolo che, avendo la peggio, finì scaraventato dal precipizio.

Le tre tentazioni del diavolo

Narrano le leggende che tanto tempo fa nel promontorio che sovrasta la cittadina di Palmi giunse dalla Sicilia, Elia l’eremita, il santo che avrebbe dato il suo nome al luogo. Rapito dalla bellezza incomparabile del paesaggio, egli decise di stabilirvisi scegliendo una grotta in cima al monte, per vivere in penitenza e solitudine cibandosi solamente di erbe selvatiche.

Un giorno, mentre era in meditazione, gli si presentò un uomo dall’aspetto tetro che portava un grande sacco sulle spalle. L’uomo spiegò ad Elia che aveva trovato un’ingente fortuna e voleva spartirla con lui, quindi aprì il sacco e gli mostrò che era pieno di un’immensa quantità di monete. Elia capì che quell’uomo era in realtà il diavolo venuto per tentarlo. Perciò prese il sacco e lo svuotò giù per la china del monte, mentre le monete, rotolando, si tramutavano in sassi neri come il carbone.


Non contento l’essere diabolico si presentò nuovamente al santo, facendo apparire una tavola colma di pietanze prelibate. Eppure egli, nonostante la fame e la tentazione, lo scacciò per l’ennesima volta.
Per la terza volta Satana si presentò ad Elia, stavolta tramutato in una bellissima fanciulla. Ma quando Elia guardò negli occhi della giovane e vi vide brillare un bagliore maligno, capì che si trattava del maligno e lo respinse verso il precipizio, con tale violenza che, nel cadere, Satana urtò contro un
masso lasciandovi impresse le impronte delle sue gigantesche unghie
.

La nascita dello Stromboli

Quando il corpo del diavolo cadde fragorosamente in mare, subito apparve una grande lingua di fuoco accompagnata da densi fumi e terribili boati. Appena la nube si dileguò, si vide che dall’acqua era affiorata un’isola scura, che eruttava dardi infuocati e cupi rimbombi.
Era lo Stromboli che strepitava ininterrottamente agitato dallo spirito infernale ivi imprigionato.

La pietra del diavolo


Ancora oggi sul monte S. Elia è visibile un grande macigno con impresse le impronte del diavolo e una targa sulla roccia «simboleggia l’eterna lotta tra il bene e il male» raccontando la leggenda popolare del diavolo che tentò invano di distogliere il santo dalla sua missione spirituale e della sua sconfitta che lo
costrinse a rifugiarsi nel vulcano.
Il pendio del monte, invece, è cosparso di ciottoli neri che somigliano ad antiche monete carbonizzate.
E di fronte al mare, lo Stromboli continua sibillinamente a fumare, scuotendo ogni tanto la terra quando il suo diabolico ospite cerca di liberarsi
.

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