Le esperienze della Mediterranea e del consorzio Macramè di Reggio alla prima conferenza nazionale sui Beni confiscati

La necessità di compiere un’analisi scrupolosa sui beni confiscati e sulla loro riutilizzabilità per agevolare il processo di nuova fruizione. Prevenzione e supporto di enti locali, associazioni e cooperative relativamente alla gestione di beni gravati da abusivismi o vincoli. Progettazione concertata con il Terzo settore, necessaria per assicurare l’impiego dei fondi per l’effettivo riutilizzo sociale.

C’è poi anche il tema del mantenimento di esperienza avviate e che però necessitano di supporto per proseguire il percorso sui territori. E ancora la definizione del ruolo della Regione nel processo di riuso sociale. La necessità di porre un accento sul Terzo Settore che assolve al delicato compito di declinare la restituzione del maltolto in giustizia sociale.

5mila beni confiscati in Calabria

Restano questi i nodi, e non sono gli unici, da sciogliere in tema di gestione di beni illecitamente accumulati, e pertanto sottratti alla criminalità organizzata. La loro trasformazione in segni di effettiva vittoria dello Stato sul malaffare, dunque la restituzione alla collettività, deve equivalere a generare benessere. Ciò scongiurerebbe tanto l’inutilizzazione quanto la giacenza in stato di abbandono e incuria.

Restano i nodi ma si registra anche qualche passo in avanti in termini di approccio al tema generale. Il riutilizzo sociale è finalmente la chiave per programmare politiche adeguate e riscattare i territori. Traspaiono la consapevolezza e la determinazione circa la necessità di dover fare sistema per imprimere una svolta decisiva. Specie in Calabria, terza regione dopo la Campania e Sicilia, sono oltre 5mila i beni confiscati, di cui oltre 3mila destinati.

La prima conferenza nazionale a Catanzaro

È quanto emerso in occasione della prima conferenza nazionale su Beni confiscati da problema a opportunità. L’assise ha avuto luogo stamane proprio in Calabria, nella sala Verde della Cittadella, sede della Regione a Catanzaro. Un appuntamento che segue di dieci giorni l’approvazione in giunta regionale (con delibera di giunta numero 682) della Strategia regionale per la valorizzazione dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione.

La conferenza odierna si inserisce sulla scia dell’apposito protocollo sottoscritto lo scorso febbraio alla presenza del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. A firmarlo il presidente della Regione Roberto Occhiuto e il direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Bruno Corda, presente anche all’incontro odierno.

L’iniziativa è stata promossa dalla Regione Calabria, da Avviso Pubblico e Forum per la Sicurezza Urbana (Fisu). I temi principali tracciati dall’assessore delegato alla valorizzazione dei beni confiscati, Filippo Pietropaolo, e dalla sottosegretaria al ministero dell’Interno con medesima delega, Wanda Ferro.

Pare questo il momento in cui la Calabria si pone (finalmente) come una regione lanciata anche nel panorama nazionale nel dare un impulso nuovo e forte alla valorizzazione dei beni confiscati.

Il primato di Reggio

Il comune e la provincia in cui insistono il maggior numero di beni confiscati in Calabria è Reggio con 800 beni, di cui 524 destinati. La città calabrese è anche la seconda a livello nazionale dopo Palermo e prima di Napoli. Presente all’incontro, a poche settimane dal suo insediamento, la prefetta di Reggio Calabria, Clara Vaccaro.

Di Reggio sono state, appunto, le esperienze calabresi portare all’attenzione dell’uditorio. Illustrate le finalità del laboratorio Landscape in progress del dipartimento d’Arte dell’Università Mediterranea e l’attività del consorzio Macramè. Esso riunisce trenta organizzazioni del terzo settore, tra cooperative sociali, associazioni e fondazioni, dislocate nell’intera regione Calabria e impegnate nella promozione umana, nell’assistenza e nell’inserimento sociale e lavorativo di persone fragili e svantaggiate.

Landscape in progress

«Nel segno della terza missione dell’Università, il nostro contributo al territorio dal 2015 consiste anche nell’analisi dei beni confiscati. Un segno del brutto e dell’illecito può e deve essere trasformato in un segno del bello e del giusto. La nostra ottica coniuga etica ed estetica.

Così anche beni, seppure abusivi ma senza vincoli, dopo indagini di staticità strutturale, possono conoscere un destino diverso dalla demolizione ed essere fruiti in chiave rigenerativa del territorio». Così Ottavio Amaro, docente di Progettazione architettonica presso il dipartimento dipartimento dArTe dell’università Mediterranea di Reggio Calabria.

Atlante di Giano

«In collaborazione con il consorziò Macramè abbiamo sviluppato il progetto denominato Atlante di Giano. In esso abbiamo raccolto tutti i dati – tecnici, di analisi dei bisogni e progettuali – di 33 beni confiscati in Calabria e dei rispettivi assegnatari. Li abbiamo analizzati in chiave prospettica, indicando una visione di come quei beni potessero essere parte del tessuto sociale del territorio.

Cinque sono gli asset sui quali abbiamo ragionato in chiave di riutilizzazione: Comunità educanti, Ambiente, Agricoltura e turismo, Diritti e uguaglianza e Sfida culturale». Così Marina Tornatora, professoressa associata di Progettazione architettonica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria.

«Ritengo sia giusto invitare a volgere lo sguardo anche a chi già valorizza e gestisce beni confiscati e che non è certamente ricco di natura. Ci sono esperienze radicate che meritano di essere sostenute e che potrebbero rischiare di disperdersi senza le dovute attenzioni e il giusto sostegno.

La nostra esperienza si articola su tutto il territorio regionale. Il coinvolgimento dei cooperative e associazioni che già agiscono nei territori, riutilizzando beni confiscati, deve essere una delle direttrici essenziali attraverso la quale coprogettare il futuro». Così Giuseppe Carrozza, responsabile dell’area dei Servizi del consorzio Macramè di Reggio Calabria.

Risorse, criticità e prospettive

«Abbiamo fortemente voluto questo momento di approfondimento. La Calabria è impegnata su questo fronte con una dotazione finanziaria di 32 milioni di euro del Piano Regionale e di 13 milioni del Fondo di Sviluppo e Coesione, per un totale di 45 milioni di euro. Nella nostra regione sono oltre 5mila i beni confiscati», ha ricordato l’assessore alla valorizzazione dei beni confiscati, Filippo Pietropaolo

«Ritengo la sfida della valorizzazione dei beni confiscati particolarità stimolante. È un impegno per la legalità che ha risvolti significativi in termini di rigenerazione del territorio. La sfida è nazionale. Il potenziamento dello scambio dei dati sta facendo registrare l’aumento di oltre il 140% di beni assegnati tra quelli in gestione. Un trend di ripresa molto incoraggiante di un processo nel quale crediamo molto». È quanto ha sottolineato la sottosegretaria al ministero dell’Interno con la delega ai Beni Confiscati, la calabrese Wanda Ferro.

Immobili terreni e aziende, questo il patrimonio da valorizzare. Un processo tutt’altro che semplice.

«L’approccio al tema non può non tenere conto della complessità della questione dei beni confiscati. Il tema degli immobili richiede la necessità che gli enti locali sappiano in quali condizioni si trovano i beni che prendono in gestione. Il tema delle aziende richiede poi una valutazione imprescindibile. Delle 3mila aziende, oggi in gestione all’Agenzia dobbiamo individuare con chiarezza quali prima stessero sul mercato solo in forza dell’illegalità.


Fondamentali per le aziende più sane, l’incentivazione delle cooperative dei lavoratori e l’accesso al credito dopo il sequestro o la confisca». È quanto ha sottolineato il direttore dell’agenzia dei Beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata, Bruno Corda.

«Il Terzo Settore ha un ruolo certamente delicato. Il nostro compito è anche quello di fare testimonianza di un impegno di affermazione e tutela dei valori di giustizia sociale. Credo sia necessario, a livello di metodo, uscire dalle logiche dei bandi per ragionare su un altro modello sempre ad evidenza pubblica». Cosi il reggino Luciano Pensabene, portavoce Terzo Settore Calabria.

Gli interventi e i contributi

Hanno contribuito alla discussione il prefetto di Catanzaro, Enrico Ricci, l’assessore alla Legalità e alla Sicurezza della Regione Campania e primo direttore dell’agenzia nazionale quando la sua istituzione ebbe luogo con sede principale a Reggio Calabria nel 2010, Mario Morcone.

Poi ancora il coordinatore nazionale di Avviso pubblico, Pierpaolo Romani, e il presidente della commissione consiliare contro la ‘Ndrangheta della Regione Calabria, Pietro Molinaro.

Un’analisi e una riflessione poi approfondita dal dirigente generale del dipartimento Transizione digitale, Tommaso Calabrò, dalla referente regionale per la valorizzazione dei beni confiscati, Antonella Sette.

Prima del tavolo di confronto con Terzo Settore che ha concluso la giornata di lavori, proposte anche le esperienze della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Poi un focus su due esperienze calabresi, entrambe di Reggio. Il consorzio Macramè, che ha sede presso un bene confiscato, e l’università Mediterranea di Reggio Calabria, con cui la Regione collabora per un’analisi de beni confiscati. Presenti alcuni sindaci calabresi.

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