Reggio, Arcigay e Agedo: «Con la benedizione della Chiesa, tante coppie omosessuali si sentiranno meno escluse»

«È una posizione che detta una nuova linea. È anche una risposta concreta alle tante persone che per molti anni si sono sentite escluse proprio nel percorso di fede e di credo che avrebbe dovuto sostenerle. Un percorso di fede che arriva a rappresentare un’autentica speranza di vita. Noi che mettiamo al centro del nostro agire quotidiano, non possiamo non riconoscere quello di papa Francesco come un atto rivoluzionario, un gesto di elevata importanza».

Così Michela Calabrò, presidente ArciGay I due mari di Reggio Calabria, ha commentato la recente dichiarazione“Fiducia supplicans” del Dicastero per la Dottrina della Fede. Approvata da Papa Francesco, con essa la Chiesa introduce la benedizione delle coppie omosessuali. Un’apertura condizionata perchè tale benedizione, anche se tale, non deve in alcun modo essere assimilabile, nella forma della ritualità e nella sostanza dell’indissolubilità, al vincolo sacramentale del matrimonio. La dottrina sul matrimonio non cambia, la benedizione non equivale all’approvazione dell’unione.

Un segnale importante

«Certamente sappiamo che non si tratta di una equiparazione al matrimonio, tuttavia la benedizione di coppie formate da persone dello stesso sesso, in passato ritenute da scomunicare, dedite a uno stile di vita peccaminoso e deviate, è oggi davvero un segnale dirompente. Un primo passo fondamentale di un cammino ancora lungo, ma che finalmente inizia. In tante occasione già papa Francesco aveva manifestato aperture. Nei mesi scorsi anche l’ammissione di trans e gay al sacramento del battesimo e alla possibilità di essere padrini, madrine e testimoni di nozze.

C’è oggi, dunque, più apertura da parte della Chiesa verso la comunità Lgbt – apertura che fortunatamente alcuni sacerdoti illuminati avevano anticipato almeno nell’ascolto e nell’accoglienza – che dalla politica di destra che ci governa». Commenta così Mirella Giuffrè, presidente dell’Agedo, associazione genitori, parenti e amici di persone omosessuali, di Reggio Calabria.

Un primo passo rivoluzionario e altri percorsi necessari

«Noi che siamo in ascolto della comunità Lgbt e che quotidianamente ci rendiamo conto di quanto ci sia bisogno di un conforto che, per chi crede, solo la Chiesa può dare, siamo certi che questo atto segni un prima e un dopo. Uno spartiacque che apre una strada. Dunque un passo che non definire rivoluzionario equivarrebbe a privarlo dell’importanza che certamente assume.

Questa apertura costituisce indubbiamente una porta aperta per tante persone della comunità Lgbt che finalmente si sentiranno maggiormente accolte nel loro percorso di vita e di fede. Ci saranno poi anche tanti altri percorsi che la Chiesa deve affrontare, come per esempio quello di adottare una chiara linea contro chi pratica le cure di conversione», ha sottolineato ancora Michela Calabrò, presidente Arcigay.

Le associazioni attive da tempo a Reggio e in Calabria rappresentano un osservatorio sulle difficoltà, sui disagi, sui malesseri che la comunità Lgbt quotidianamente vive quando si trova ad essere esclusa e discriminata. Certamente genera dolore intimo e profondo la fede in un credo religioso che colpevolizza e isola, invece di accogliere. Tutto ciò in ragione di una condizione naturale e della propria identità.

Genera sofferenza il credo che riduce la persona ad un atto sessuale, invece di vederla nella interezza e integrità; che riduce lo stesso orientamento sessuale al solo atto sessuale, invece di estenderlo a tutta la sfera relazionale e emotiva che lo compone. I cambiamenti dai quali la Chiesa si sta lentamente lasciando attraversare sono il segno di una consapevolezza che finalmente avanza: la comunità Lgbt non è un compartimento stagno della società ma è essa stessa società, siamo noi tutte e tutti, nel rispetto che  meritiamo e che dobbiamo impegnarci per assicurare a tutte le persone, senza discriminazione alcuna.

La doppia discriminazione

«È assolutamente ovvio che nelle famiglie cattoliche, anche in quelle particolarmente osservanti, vi siano persone omosessuali. Sarebbe assurdo ritenere che così non sia. Ci sono e fanno ancora più fatica a manifestarsi per ciò che sono e che sentono, sono costrette o si costringono al silenzio. Abbiamo ascoltato storie di genitori catechisti allontanati dalla parrocchia dopo il coming out del figlio.

Figlie e figlie che certamente avrebbero avuto meno avuto paura di affrontare il coming out in una famiglia non praticante. Un coming out che dunque è ancora più traumatico. La Fede così pratica un’ulteriore esclusione. Si tratta di una questione molto sentita all’interno dell’associazione. Molti genitori aderiscono al progetto di volontariato culturale Gionata volto a sensibilizzare sul tema della Fede e dei cristiani Lgbt.

La Fede, al pari dell’orientamento sessuale, troppo spesso costituisce un ulteriore ostacolo alla libertà di essere e di espressione, discrimina doppiamente le persone omosessuali. Questa apertura costituisce invece una speranza capace di lenire profonde sofferenze.  Il passo di un nuovo percorso atteso da tempo e che è davvero il momento di compiere per poi proseguire», conclude Mirella Giuffrè, presidente Agedo Reggio Calabria.

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