Villa San Giovanni, tradizioni e innovazione: la filanda Cogliandro pronta a rinascere

Villa San Giovanni e Cannitello erano terre di filande, conosciute per le pregiate cure del baco da seta. Strutture che caratterizzavano un tempo vita, economia ed armonia del territorio. Dopo decenni di silenzio e di abbandono delle strutture tornano a far parlare di sé.

A Cannitello, la filanda Cogliandro, di Antonino e Domenico, cerca una nuova vita grazie al lavoro dell’omonima associazione, presieduta da Benedetta Genovese che ci racconta idee e progetti.

A fare da guardiano all’interno del cortile in cui si trova la struttura è un giovane gelso, albero fondamentale per la vita del baco da seta. L’idea è quella di ripartire dalla filanda e riportarla a nuova vita, con nuovi obiettivi, coniugando la sua storica imponenza e la collocazione, con moderne finalità culturali e aggregative.

La tradizione delle filande a Cannitello

«Siamo in una filanda del 1896, una di quelle più grandi che producevano seta all’interno del distretto industriale di Villa San Giovanni – chiarisce Genovese – dove, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo, si poteva trovare un numero importantissimo di filande, di piccole, medie e grandi . Adesso ci troviamo all’interno di una delle filande dal ciclo produttivo più ampio.

Partiamo dalla bozzoliera, ed avevamo il ciclo della tessitura, della filatura, poi c’erano anche uffici e depositi, in un momento storico in cui, l’espansione della produzione serica era significativa per tutto il territorio, anche reggino, dell’intera provincia».

Si pensi che le esportazioni avvenivano in tutta Europa ma che tutto il mondo da Londra e Lione, fino a Sidney.

L’esperimento del baco da seta

Qualche settimana fa, è stato fatto un esperimento che, spiega Genovese «Ci ha consentito di ottenere due dati importanti: abbiamo riportato il baco da seta a Villa San Giovanni che mancava da oltre settant’anni. Il fatto importante è che il baco da seta è cresciuto, ha realizzato il bozzolo, con un risultato promettente per la prossima stagione. Altro dato significativo è che l’esperimento è stato fatto in un periodo che non è il massimo per la produzione, che normalmente è in primavera, un momento in cui il baco da seta avrebbe dovuto avere difficoltà a crescere, ed invece è andata bene e per noi è stata un’esperienza molto bella e positiva».

Senza contare che il baco da seta è un indicatore di inquinamento, nonostante la cittadina di fronte allo Stretto vanti un triste primato per l’inquinamento dovuto agli scarichi di camion e auto di passaggio, evidentemente la situazione, i bachi lo dimostrano, non è poi così drammatica, visto che hanno trovato vita e sono riusciti a svilupparsi.

Il futuro della filanda Cogliandro

«Il nostro progetto è di realizzare degli spazi per la cultura che dovrebbero essere anche un sistema di recupero anche delle conoscenze sul territorio, non solo per quanto riguarda la tradizione ma anche per l’innovazione. Il baco da seta, la seta, il bozzolo ma anche il gelso, hanno delle caratteristiche sia dal punto di vista ambientale che nutriceutico, farmacologico molto interessanti. Probabilmente non riusciremo a recuperare la tessitura e la filatura, tutto quello era la tradizione ma potrebbe essere interessante mantenerne la memoria per pensare ad un uso alternativo, immaginandolo in futuro una delle prestazioni anche diverse».

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