sabato,Maggio 18 2024

Nuova legge sui tabulati telefonici, Musolino: «Non tutela la privacy e rallenta inchieste e processi»

Per il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria il decreto legge «non è altro che burocrazia pura, utile solo a ingolfare le cancellerie»

Nuova legge sui tabulati telefonici, Musolino: «Non tutela la privacy e rallenta inchieste e processi»

Stefano Musolino, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e segretario di Magistratura democratica, punta il dito contro la nuova legge sui tabulati telefonici. Secondo quanto riportato da Il fatto quotidiano, il procuratore ha definito tale legge come «garantismo barocco, di facciata, che non tutela i diritti ma rallenta ancora di più il procedimento, zavorrandolo di nuove carte inutili». Quello a cui si riferisce il pm è il decreto legge appena varato dal Consiglio dei ministri, che restringe l’utilizzo nelle indagini dei tabulati telefonici.

Finora il pm poteva, attraverso un decreto, richiedere alle compagnie telefoniche, in perfetta autonomia, i dati generici rispetto ad un’utenza. Ossia con che numeri l’indagato aveva scambiato chiamate o messaggi, per quanto tempo e da quale cella telefonica, dal momento che quando c’è una qualsiasi notizia di reato, la prima cosa che fanno gli investigatori è estrarre il tabulato telefonico delle persone presenti, sospettate di averlo compiuto. Ma da oggi questo non è più possibile. Il decreto legge approvato dal Governo infatti, dice che «i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice», che valuta la rilevanza della richiesta dell’accusa (o di un’altra parte in causa) «ai fini della prosecuzione delle indagini». Pertanto adesso, prima di richiedere i tabulati, non solo servirà il permesso del giudice, ma per alcuni reati – quelli puniti con meno di 3 anni di carcere – chiedere i tabulati telefonici degli indagati sarà vietato.

Musolino ha spiegato che ciò comporterà «indagini e procedimenti più lenti, mentre alcuni reati saranno molto più difficili da accertare. Senza considerare che il provvedimento è assolutamente sproporzionato rispetto all’obiettivo che si vorrebbe perseguire, cioè una maggiore tutela della privacy. I tabulati – ha raccontato il pm al Fatto quotidiano – sono uno strumento molto poco invasivo, ma utile a orientare le indagini nelle prime fasi. Non dicono nulla sul contenuto delle telefonate o dei messaggi, eppure con le nuove regole vengono quasi parificati alle intercettazioni. Il fatto di dover passare dal gip, non è altro che burocrazia pura, utile solo a ingolfare le cancellerie».

Non solo il nuovo decreto legge rallenterà le indagini, ma addirittura rischia di bloccarle sul nascere, dal momento che il limite dei 3 anni, lascia fuori un buon numero di reati come le lesioni colpose e alcune fattispecie di furto. «La sostituzione di persona – ha spiegato Musolino – è un reato sempre più diffuso, per il quale chiediamo subito i tabulati informatici, in modo da individuare chi si è collegato a quel dato account e in che momento. D’ora in poi non potremo più farlo, a meno di non iscrivere il fascicolo ipotizzando da subito il reato di truffa, commettendo una forzatura. E non è l’unico aspetto irrazionale del decreto. All’articolo 2 infatti, si prevede che in tutti i procedimenti già in corso, in cui i tabulati sono già stati chiesti, il giudice debba intervenire ex post, alla prima udienza disponibile, a “sanare” la situazione dichiarandone la rilevanza ai fini dell’utilizzabilità».

Il decreto legge è il frutto di un emendamento del deputato di Azione Enrico Costa, che ha fatto inserire nella legge di delegazione europea per il 2021, un ordine del giorno che impegna il governo a recepire il principio dettato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Lo scorso 2 marzo infatti, una sentenza dell’organo di Lussemburgo aveva stabilito – in relazione a un caso proveniente dall’Estonia – che ad acquisire i tabulati non può essere direttamente il pubblico ministero (in quanto parte in causa) ma solo un giudice terzo.

Finora la Cassazione aveva negato che il principio si potesse applicare anche in Italia, ma ci ha pensato il Governo a trasformarlo in legge. «Quella decisione però – ha spiegato il sostituto procuratore – considera un sistema molto diverso dal nostro, in cui i procuratori dipendono dal ministero della Giustizia. In Italia il pm è un’autorità giudiziaria a tutti gli effetti, che ha l’obbligo di svolgere indagini anche a favore dell’imputato e di controllare l’operato della polizia giudiziaria».

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