Torture e violenza in carcere a Reggio, così le telecamere hanno filmato il pestaggio

«In definitiva, il Peluso rimane senza abiti dalle 16.40 alle 19:22 per circa 2 ore e 40 minuti». Il tutto, come riportato nelle carte, è avvenuto dopo il pestaggio da parte degli agenti della polizia penitenziaria, documentato dalle immagini delle telecamere acquisite dalla Procura.

L’indagine

Stiamo parlando del pestaggio che ha portato a una ordinanza di applicazione di misure cautelari, disposta dal Gip del Tribunale reggino, a carico di 8 appartenenti alla Polizia penitenziaria in servizio alla Casa circondariale “G. Panzera” di Reggio Calabria. 

In particolare, per sei di essi è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari, mentre per gli altri due la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio.

Agli indagati, allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, sono contestati i reati di tortura e lesioni personali aggravate ai danni di un detenuto dell’istituto penitenziario ove prestano servizio.

Le registrazioni

È il 22 gennaio 2022 e siamo nei corridoi del carcere San Pietro di Reggio Calabria e dalle 13 alle 21, ore e ore di registrazione, dettagliatamente analizzate dalla Squadra Mobile, raccontano di come un detenuto sia stato sottoposto a violenze da parte di diversi agenti della polizia penitenziaria, sotto gli occhi di altri detenuti.

La visione delle immagini mostra i momenti principali dell’aggressione subita da Alessio Peluso e per il Gip «non pare necessiti di commenti ulteriori, attesa la nitidezza e l’eloquenza dei filmati.

In primo luogo si vede la protesta del Peluso, che parla in maniera tranquilla con gli agenti della Penitenziaria e con gli altri detenuti, prima di prendere una televisione, senza porre in essere alcuna condotta aggressiva, e dirigersi verso l’area passeggio ed il campo sportivo.

L’organizzazione

Successivamente è possibile verificare sia la fase organizzativa da parte degli agenti della Penitenziaria. Gli uomini prima del raduno, dietro ordine del Comandante, si attrezzano con sfollagente, scudi e caschi, sia la fase esecutiva del pestaggio del detenuto che inerme e indifeso, viene trasportato dal campo sportivo verso il reparto di isolamento.

Aggredito lungo il percorso da un numero cospicuo di agenti, armati di sfollagente, malmenato e trascinato con forza verso la cella, mentre lo stesso tenta di ripararsi dai colpi con le braccia. Il Peluso viene, quindi, fatto entrare nella cella, accompagnato da un elevato numero di agenti».

Le telecamere

Le immagini evidenziano come alcuni elementi come «il numero dì persone radunate (17 persone), molte delle quali non erano in servizio ed erano tornate, chiamate appositamente. Ancora la predisposizione preventiva della camera di pernottamento di isolamento.

L’organizzazione preventiva a qualsivoglia mediazione o, anche solo, contatto con il detenuto, con predisposizione ex ante di mezzi di coercizioni (scudo, sfollagente, caschi e guanti)» sarebbero «incompatibili con un semplice spostamento coattivo del detenuto, mediante contatto fisico come in una ordinaria traduzione attuata peraltro da 17 persone».

Le violenze sul detenuto

Sono attimi. Secondi di violenza raccontati dalle immagini delle telecamere, che vedono il detenuto camminare nel corridoio «in testa al “gruppo”, spinto e colpito, mezzo sfollagente, da alcuni Operatori della Polizia Penitenziaria.

I colpi sono ripetuti e continui sino alla fine del corridoio. Mirano a colpire la parta alta del detenuto, ossia la nuca, le spalle e la schiena, braccia e mani del detenuto sollevate e attorniate alla nuca per evitare colpì diretti alla testa, nonché gli arti inferiori nella parte alta».

La condotta del detenuto

Ma quello che gli inquirenti portano in evidenza è «la condotta del detenuto in tali frangenti è eloquente. Egli è attorniato da una miriade di agenti che lo colpiscono mentre lo stesso tenta di ripararsi dai colpi, proseguendo a camminare in modo non lineare in ragione della forza di gruppo e sospinto dalle manganellate.

Si tratta di un accompagnamento coattivo cui si è aggiunta una violenza di gruppo gratuita e del tutto sproporzionata sia in rapporto alle dimensioni numeriche che in riferimento alle modalità ed ai mezzi di aggressione.

Peluso è stato attinto con sfollagente sull’intero corpo. Dalla nuca, agli arti superiori e inferiori ed alla schiena. Contestualmente riceveva colpi da tutte le direzioni. Le manganellate vengono sferrate lungo l’intero percorso.

Tutto questo su un detenuto che non ha alcuna condotta di resistenza e che si limita a proteggersi con le braccia volto e testa per evitare di essere colpito in quel punto specifico». (Segue)

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