mercoledì,Maggio 8 2024

A Reggio la protesta a oltranza del ristoratore arrampicatosi sulla gru di fronte al CeDir: «Sono stato assolto, voglio indietro i miei beni» – FOTO e VIDEO

L’uomo, assolto dall’accusa di associazione di stampo mafioso, rivendica la restituzione di tutti i suoi beni, ad oggi confiscati in modo definitivo. Denuncia, altresì, la grave situazione di indigenza nella quale vive

A Reggio la protesta a oltranza del ristoratore arrampicatosi sulla gru di fronte al CeDir: «Sono stato assolto, voglio indietro i miei beni» – FOTO e VIDEO

Si è arrampicato sulla gru del cantiere del palazzo di Giustizia, di fronte al Cedir che ospita gli uffici della Procura di Reggio Calabria, all’alba di stamattina e non intende scendere. Ha lasciato la sommità che aveva raggiunto e dove era rimasto per oltre tre ore, ma non interromperà la sua protesta che, annuncia, «sarà a oltranza». Chiede giustizia come scritto sul cartello che ha fissato sulla gru e dove si legge: «Giustizia giusta la cerco la voglio. Quando l’ingiustizia diventa legge ribellarsi è un dovere al diritto».

Ad intraprendere la protesta è il ristoratore Francesco Gregorio Quattrone, conosciuto come Ioli, originario del quartiere collinare di Gallina a Reggio Calabria. L’uomo assolto dall’accusa di associazione di stampo mafioso, rivendica la restituzione di tutti i suoi beni, ad oggi confiscati in modo definitivo. Egli denuncia, altresì, la grave situazione di indigenza nella quale vive. In una stanza senza luce e acqua calda e con una pensione per malattia di poco più di 300 euro al mese.

A lanciare l’allarme stamattina, gli uomini dell’Esercito che sorvegliano l’area. Sul posto la Polizia e i vigili e fuoco attenti a mantenere le condizioni di sicurezza.

Le ragioni della protesta

«Mi chiamo Quattrone Francesco Gregorio, Ioli in dialetto, imprenditore nel campo ristorativo e alberghiero. Accusato di associazione mafiosa, dalla quale sono stato poi assolto, anche i miei beni sono stati sottoposti a misura di prevenzione. Prima sequestrati e poi confiscati definitivamente. Mi hanno lasciato con 372 euro al mese in tasca, dicendomi: «Da adesso deve vivere con questi soldi».

La mia vicenda giudiziaria inizia nel 2010, quando, vengo arrestato e dopo 15 giorni sono stato rilasciato perché non c’erano i gravi indizi. L’accusa è rimasta però pendente. Nel 2020 vengo assolto dall’accusa di associazione mafiosa perché il fatto non sussiste. Intanto nel frattempo si prendono e distruggono tutto, terreni, albergo, pizzeria, ristorante, conto corrente, e poi mi sballottano tra Catanzaro e Reggio per tre anni. Nel 2015 in Cassazione la confisca era diventata definitiva. I beni passano allo Stato con tutte le conseguenze nefaste del caso.

Dopo, però, io vengo assolto. Va bene avete sbagliato fino adesso, adesso che sono stato assolti restituitemi i beni. Se io non sono un mafioso perché non me li restituite?».

La mancata restituzione dei beni nonostante l’assoluzione

«Ho fatto tante manifestazioni e proteste qua a Reggio, a Roma e a Catanzaro. Alla fine mi ritrovo qui perché ora dicono che le agende, sopravvissute a un grave incendio nel quale credevo che fossero andate perdute e che solo tempo dopo ho ritrovato, con gli appuntamenti di ricevimenti e feste che ho ospitato nel mio ristorante, lavorando 24 ore al giorno con mia moglie, i miei figli e i miei generi, non dimostrano niente. Dicono, nonostante una perizia dell’inchiostro abbia dimostrato il contrario, avrei potuto scrivere in qualunque momento.

Migliaia di matrimoni, migliaia di comunioni registrate con importi pagati non sono sufficienti e dimostrare come io abbia lecitamente accumulato quanto possedevo. Non vengono considerati validi e utili per mettere in discussione la misura per la quale nel 2017 avevo chiesto la revocazione. Io sono qua non per parlare con le Istituzioni, perché le istituzioni in Italia sono comandate, l’ha detto anche Gratteri. Lui non è arrivato oltre un certo punto, figurarsi dove posso arrivare io se su questa torre. Ci sono le istituzioni serie e oneste ma non sono intervenute.

Non mi muovo da questa torre, venga qui la stampa per divulgare questa ingiustizia. Adesso abito da solo, mia moglie mi ha lasciato, Vivo in una stanza senza luce, un bagno senza acqua calda. Prendo 324 euro al mese di pensione di malattia e vado a vendere fiori di zucca, qualche litro di olio, qualche pezzo di pane, quello che trovo, ma in modo onesto».

Le dichiarazioni del legale

Il quadro giuridico è stato confermato dal legale del signor Quattrone, l’avvocato siciliano Baldassarre Lauria, anche presidente dell’Osservatorio nazionale Misure di Prevenzione. Co difensore del signor Quattrone unitamente all’avvocata calabrese, Maria domenica Vazzana.

«Nessuna condanna penale grava sul signor Quattrone che, seppure in disaccordo, dal punto di vista umano ha la mia stima e il mio rispetto. Assoluzione con formula piena, mentre il procedimento relativo ai beni, seguendo un binario autonomo, come previsto nel nostro ordinamento, si è concluso con la confisca di tutti i suoi beni. Si tratta del caso di confisca senza condanna che è un unicum in tutta Europa.

Adesso la confisca è diventata definitiva. Respinta due settimane fa anche l’istanza di revocazione della misura, rimedio straordinario sul quale si è pronunciata negativamente la corte di Appello di Catanzaro che non ha ritenuto le agende ritrovate elementi di prova nuovi sufficienti. Presenteremo nei prossimi giorni un’istanza al tribunale di Reggio Calabria. Essa sarà propedeutica a un’azione di responsabilità nei confronti dello Stato italiano, dinnanzi la Corte di Giustizia Europea, per l’illegittimità della confisca.

Intanto proseguiamo anche nella nostra battaglia per correggere la stortura esistente nel nostro ordinamento che non è in linea con la convenzione Europea dei diritti dell’Uomo. La contraddizione che ci impegniamo a mettere in evidenza attiene ad un soggetto le cui frequentazioni non hanno portato all’accertamento di una vera e propria appartenenza e dunque a una condanna per mafia e che tuttavia subisce la sottrazione dei beni. Una sottrazione confermata nonostante dalla frequentazione non sia stato tratto alcun beneficio economico», ha concluso il legale.

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